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Guatemala, le spoglie dello scrittore premio Nobel Miguel Angel Asturias tornano in patria

“Abbiamo preso la decisione di rimpatriare i suoi resti (di Miguel Ángel Asturias) durante il governo di Bernardo Arévalo”. Parole cariche di emozione e di simbolismo, queste pronunciate da Miguel Ángel Asturias Amado, figlio del celebre scrittore guatemalteco, a 50 anni dalla sua morte, avvenuta nel giugno 1974 a Madrid. Un annuncio arrivato in una cerimonia tenutasi domenica 9 giugno nella quale la repubblica del Guatemala rendeva omaggio ad uno dei suoi figli più celebri, l’intellettuale che seppe essere espressione del suo popolo e rappresentare l’aspirazione latinoamericana di libertà e giustizia, secondo le parole di Asturias Amado.

Colui che vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1967, autore di opere di realismo magico considerate chiave nella storia della letteratura latinoamericana come “Il signor presidente”, “Uomini di Mais” e “Leggende del Guatemala”, riposa oggi nel cimitero di Père Lachaise a Parigi, in Francia. Un esilio in vita che è continuato anche nella morte e che ha visto le sue spoglie accolte in un cimitero monumentale nel cuore d’Europa, come ha ricordato nella stessa cerimonia l’attuale presidente del Guatemala, Bernardo Arévalo: “Molto lontano da qui, in un cimitero di Parigi, tra le lapidi di Frédéric Chopin, Jim Morrison e Oscar Wilde, si trova una replica della stele 14 del sito archeologico di Ceibal, lontana dall’originale che si trova sulle rive del fiume Pasión, a sud di Petén: una stele che segna il luogo in cui giace uno dei più grandi figli della storia del Guatemala: Miguel Ángel Asturias”.

Lo scrittore guatemalteco, che fu anche giornalista, poeta e politico, ha legato la sua storia a quella della famiglia Arévalo, giacché durante il governo di Juan José Arévalo (1945-1951), padre dell’attuale presidente, svolse un ruolo diplomatico in vari paesi dell’America Latina e in Europa, con incarichi di rilievo Buenos Aires (1947) e a Parigi (1952).

La decisione di rimpatriare i suoi resti arriva solo oggi perché, come ha ricordato il figlio del grande scrittore, alla sua morte “il Guatemala era sotto una dittatura e non c’erano le condizioni per il ritorno dei suoi resti nel Paese. Inoltre la Spagna stava soffrendo la dittatura franchista e mio padre è sempre stato contro tutte le dittature”. Alla morte di colui che è stato definito dall’attuale presidente come “un artigiano dell’identità guatemalteca” né la Spagna franchista, né un Guatemala insanguinato dalle operazioni degli Usa che avevano organizzato attraverso la Cia il colpo di stato che avrebbe destituito il presidente democraticamente eletto Jacobo Arbenz Guzmán (per difendere gli interessi della Unite Fruit Company) erano spazi propizi per il suo riposo. Posteriormente, ha poi spiegato Asturias Amado, “gli ultimi due governi mi hanno proposto di riportare i suoi resti in Patria, però ho rifiutato categoricamente perché quei governi fanno parte del patto di corruzione statale, con il quale mio padre non avrebbe voluto avere niente a che fare”, alludendo alle presidenze di Jimmy Morales prima e Alejandro Giammattei poi.

La cerimonia ha rappresentato un importante elemento di democrazia e di sentimento di identità nazionale, vedendo la partecipazione non solo dei familiari dello scrittore e delle istituzioni, ma anche dell’altra premio Nobel guatemalteca (Nobel per la Pace nel 1992), ovvero l’indigena maya quiché Rigoberta Menchú Tum.

Arévalo ha annunciato con soddisfazione sulle reti sociali del governo il ritorno a casa di Miguel Ángel Asturias: “abbiamo annunciato il rimpatrio delle sue spoglie nel nostro Paese. Sarà un grande onore per questo Governo ricevere le sue spoglie e permettere che possa finalmente riposare nell’immensa notte, con gli uomini e le donne di mais”.

Il tutto si inserisce in un piano più ampio di commemorazione e ricordo dell’illustre figlio del Guatemala da parte dell’amministrazione Arévalo, che ha dichiarato il 2024 anno di Miguel Ángel Asturias, anno che coincide anche con il 125esimo anniversario della sua nascita. E cinque decenni dopo la sua morte, le parole di Asturias sono ancora vigenti e suonano come un monito e forse come una profezia: “Una semina realizzata per mangiare è il sacro sostentamento dell’uomo che fu creato con il mais. Una seminata realizzata per gli affari rappresenta la fame dell’uomo che fu creato con il mais” (da Uomini di mais, 1949).