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L’Ue al vertice “di pace” dice che la guerra in Ucraina deve continuare. Zelensky: “Qui in Svizzera il primo passo”. L’Arabia: “Per un dialogo credibile serve che Mosca ci sia”

Vertice di pace? Sì, “pace globale, giusta e sostenibile per l’Ucraina“. Una pace “che ripristini la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”. Quindi “il congelamento del conflitto oggi, con le truppe straniere che occupano il territorio ucraino, non è la risposta. Anzi, è una ricetta per future guerre di aggressione“. Tradotto: o Putin lascia tutti i territori occupati oppure la guerra sul fronte orientale dell’Europa deve continuare. E’ la linea che ha portato la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, candidata a succedere a se stessa, al vertice chiamato da tutti “per la pace” organizzato a Lucerna, in Svizzera. Se non viene riaffermato il principio di una pace che ripristini l’integrità dell’Ucraina, sottolinea la capa dell’esecutivo comunitario, la “posta in gioco” sono “l’inviolabilità di tutti i confini” e “la sovranità di tutte le nazioni“. L’Italia, dice il ministro degli Esteri Antonio Tajani, è della partita: “Caro Zelensky – dice durante la plenaria -, puoi contare sull’Italia, stiamo approvando anche un nuovo pacchetto di aiuti militari, perché senza la difesa non esiste nemmeno la ricostruzione dell’Ucraina”.

Di “pace giusta” parla nel resort Bürgenstock il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ma almeno lui ammette che è solo “il primo passo” e che non è lecito aspettarsi di più. Ci sono delegazioni di 101 Paesi ma non quelle di Mosca non ci sono e nemmeno le rappresentanze dei Paesi che non sono allineati sulla direttrice Usa-Ue: la Cina, l’India, il Brasile, la Turchia e c’è chi ci aggiunge perfino l’Ungheria, il cui presidente Viktor Orbàn è amico dichiarato di Vladimir Putin. Per tutti loro il messaggio è diverso dall’organizzazione di una conferenza senza uno dei contendenti, anzi per giunta “aggressore”: “Kiev e Mosca dovrebbero trovarsi a metà strada”, come scandiscono da Pechino.

Il G7 ha appena riconfermato il sostegno e anzi il rilancio degli aiuti militari a Kiev. E per l’asse Usa-Nato il mantra è che Putin non ha alcun interesse sincero a fare la pace. “Meglio chiamarla resa” sintetizza la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris. Concetto ribadito quasi in copia da cartacarbone anche dai leader conservatori europei – intesi anche in senso esteso, fino all’altra costa della Manica -: Rishi Sunak, premier inglese, sottolinea che il presidente russo “non ha interesse in una pace autentica: ha lanciato una campagna diplomatica contro questo summit ordinando a Paesi di starne lontano”. “Recentemente – continua – il rappresentante della Russia all’Onu ha affermato che l’unico tema per un meeting internazionale sull’Ucraina sarà la resa incondizionata di Kiev. Questo non accadrà mai, perché l’aggressione non può prevalere e non prevarrà”. Quanto alle parole di ieri di Putin – che ha “offerto” un cessate il fuoco in cambio di 4 grandi regioni dell’Ucraina -, la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni parla di “una mossa più propagandistica che reale”. E soprattutto, sottolinea, poco efficace.

Dall’altra parte l’Ucraina si dice “pronta a presentare un piano di pace alla Russia” dopo questo vertice di Lucerna, ma senza scendere a compromessi su indipendenza, sovranità, integrità. “Putin ha preso le vite di migliaia di nostri cittadini perché vuole conquistare un Paese vicino – dice Zelensky rivolgendosi alla plenaria del summit – L’Ucraina ha il diritto alla pace come ognuno di voi. Dobbiamo fermare questa guerra. I Paesi che non sono presenti oggi possono prendere parte alla prossima fase. Non c’è la Russia qui oggi perché se fosse interessata alla pace non ci sarebbe stata la guerra. Putin dovrebbe passare dal linguaggio degli ultimatum a quello della maggioranza mondiale, che vuole una pace giusta”. Toni, quelli di Zelensky,che si sono fatti molto più diplomatici nelle ultime settimane. “Diamo una chance alla diplomazia” dice. L’obiettivo è integrare la formula di pace ucraina – che debuttò al G20 di Bali, quando Russia e Cina andarono sotto al parlamentino del mondo, dovendo ingoiare un comunicato congiunto in cui si chiedeva la fine della guerra – con altri spunti. “Stiamo valutando la possibilità – aggiungono i collaboratori del presidente ucraino -, una volta che si arriverà ad un piano congiunto, di presentarlo ai rappresentanti della Russia e pensiamo che questo possa accadere al secondo vertice per la pace“. E prima o poi Mosca dovrà essere coinvolta. “Non vogliamo comunicare nessun messaggio, vogliamo riunirci la prossima volta per un evento più sostanziale e costruttivo”, promette il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov. “Non saremo in grado oggi di decretare la pace per l’ucraina – auspica Viola Amherd, presidente della Confederazione Svizzera – ma speriamo di dare inizio al processo. Come comunità internazionale possiamo preparare il terreno per i negoziati fra le due parti in guerra”. Anche Zelensky azzarda: “Putin dovrebbe passare dal linguaggio degli ultimatum a quello della maggioranza mondiale, che vuole una pace giusta”.

D’altra parte a Lucerna non è un coro a una sola voce. C’è anche chi prova a incrinare il blocco di certezze dell’asse euroamericano. L’Arabia Saudita, per esempio, è presente e attraverso la voce del ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan Al Saud garantisce che Riad continuerà a sostenere gli sforzi per facilitare il dialogo: “E’ essenziale sottolineare – aggiunge – che ogni processo credibile richiederà la partecipazione della Russia. Noi speriamo che i risultati di questo summit riflettano questi obiettivi”. Il presidente del Kenya William Ruto va anche più nel merito: “Il summit di oggi è un passo nella giusta direzione, finalmente parliamo di pace e non di guerra. Il conflitto in Ucraina è devastante, così come nel Medio Oriente, nel Sahel, in Sudan e nel Corno d’Africa. L’aggressione della Russia in Ucraina è illegale ma anche l’appropriazione unilaterale degli asset sovrani russi“. Proprio l’Arabia potrebbe ospitare il prossimo summit di pace, in subordine al sì del Cremlino che però dovrebbe accettare i principi fondamentali della Carta dell’Onu – compresa l’integrità territoriale. Tutto “è ancora in alto mare”, fa sapere all’agenzia Ansa un alto funzionario europeo a conoscenza del dossier. Dare la parola al resto del mondo, come voleva il capo di Stato ucraino, può avere effetti inaspettati, se non indesiderati. Le delegazioni sono al lavoro per arrivare ad un comunicato congiunto. Non ci sono scontri plateali, ma non è scontato che tutti firmino.