Il colosso delle banane Chiquita è stato condannato dalla giuria civile di West Palm Beach a risarcire con 38 milioni di dollari nove famiglie di campesinos colombiani, vittime delle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC), il gruppo paramilitare che tra il 1994 ed il 2006 ha insanguinato il Paese, in particolare la regione bananera di Urabá e del Magdalena. Due territori in cui Chiquita era scesa a patti con le AUC per proteggere le sue infrastrutture dagli attentati della guerriglia.

I documenti contabili segnalano che tra il 1997 ed il 2004 la nota multinazionale americana versò ai paramilitari quasi 1,7 milioni di dollari. Denaro che le AUC hanno impiegato per compiere una mattanza nelle piantagioni di banane dell’Urabá, eliminando tutti i braccianti sospettati di essere collaboratori dei gruppi guerriglieri. “È la prima volta che nella nostra giurisprudenza un giudice riconosce una corporation americana complice di violazioni di diritti umani in un altro Paese”, si legge nel comunicato stampa di Earth Rights International, associazione che ha rappresentato in giudizio i familiari delle vittime.

Una decisione che arriva dopo oltre 17 anni dall’inizio delle indagini sul rapporto tra Chiquita e i gruppi paramilitari in Urabá. La vicenda era diventata di dominio pubblico nel 2007, quando la multinazionale di Cincinnati patteggiò una multa di 25 milioni di dollari con il dipartimento di Stato degli Stati Uniti, confermando di avere finanziato le AUC per quasi sette anni. Essendo stati inseriti nella lista delle organizzazioni terroristiche dall’allora Segretario di Stato Colin Powell, i paramilitari colombiani erano considerati alla stregua dei fondamentalisti di Al Qaeda e la normativa antiterrorismo varata dall’amministrazione Bush proibiva ad aziende americane di finanziare questi gruppi. Per Chiquita, il denaro dato ai paramilitari era “il costo degli affari in Colombia”, come afferma uno dei documenti consegnati dalla compagnia al dipartimento di giustizia americano. Il patteggiamento negli Stati Uniti convinse la Fiscalía colombiana ad aprire un’inchiesta per appurare i rapporti tra la multinazionale della banana ‘dieci e lode’ e le AUC.

In base alla ricostruzione degli investigatori, i rapporti tra Chiquita ed i paramilitari iniziarono ad aprile del 1997. In quei mesi, le AUC dei fratelli Castaño stavano intensificando le proprie azioni nella zona bananera dell’Urabá antioqueño, la regione colombiana a confine con Panama che negli anni Novanta era dominata dalla guerriglia delle Farc e dell’EPL. Dietro l’arrivo dei paramilitari in questo territorio si nascondevano i grandi imprenditori delle banane, stufi di dover versare tangenti milionarie ai gruppi guerriglieri per evitare di essere sequestrati. Tra le imprese obbligate a pagare il pizzo alle Farc vi era anche Banadex, filiale colombiana di Chiquita. Secondo la Fiscalía, sarebbe stato proprio il rappresentante dell’associazione dei bananeros di Urabá, Irving Bernal (che nega), ad aver invitato i responsabili Banadex ad una riunione con Carlos Castaño, leader indiscusso delle AUC. Nella Mansion Montecasino, la villa faraonica del capo dei paramilitari nel quartiere più esclusivo di Medellín, venne stabilito che questa multinazionale della frutta tropicale avrebbe iniziato a finanziare le AUC tre centesimi di dollaro per ogni cassa di banane esportata dalla regione di Urabá. A trattare con Castaño si presentarono il rappresentante legale dell’azienda Charles Keiser e l’avvocato Reinaldo Escobar de la Hoz. Entrambi racconteranno alle autorità colombiane di essere stati vittime di un’estorsione. “Quando ritornammo in macchina, eravamo spaventati. Dal mio punto di vista, la richiesta di Castaño suonava come una minaccia”, affermò de la Hoz nella sua deposizione in Colombia.

Secondo gli investigatori della Fiscalía, l’accordo stretto tra la compagnia e i paramilitari era ‘gana-gana’, cioè favoriva sia i paramilitari che Chiquita. Le piantagioni di questa multinazionale in Urabá iniziarono a essere sorvegliate dagli uomini di Castaño e le AUC si assicuravano finanziamenti annuali dalla compagnia. In gran segreto, i paramilitari avrebbero persino importato 3mila fucili AK47 e 5 milioni di proiettili attraverso il porto di Zungo, l’imbarcadero di proprietà di Chiquita usato per esportare i suoi carichi di banane negli Stati Uniti e in Europa. Una ricostruzione sempre respinta dagli avvocati di Chiquita, i quali sostengono che la compagnia sia la vera parte lesa di questa vicenda.

I documenti interni di questa multinazionale depositati a processo e le confessioni dei paramilitari hanno alimentato i dubbi della Fiscalía attorno a questa versione. Chiquita, infatti, gestiva le tangenti a questi gruppi armati in Urabá come un normale costo per la sicurezza. I pagamenti alle AUC avvenivano attraverso la stipula di contratti con le Convivir, un programma di cooperative di sicurezza privata creato dal governo regionale di Antioquia che venne sin da subito infiltrato dai paramilitari. “Le Convivir eravamo praticamente noi”, mise a verbale Ever Veloza alias HH, uno dei leader delle AUC in Urabá. Queste cooperative servivano ai paramilitari per dare una parvenza di legalità ai finanziamenti dei bananeros e alla stessa Chiquita per giustificare il denaro pagato alle AUC. “Non potevano prelevare cinque o venti milioni di pesos mensili senza una giustificazione perché sono una compagnia con azionisti. Quindi proponemmo noi di usare le Convivir”, aggiunse alle autorità l’ex paramilitare alias Pedro Ponte.

Il primo bonifico di Chiquita alla Convivir Punta de Piedra è datato 23 giugno 1997 e prevedeva un finanziamento di 34 milioni di pesos. Sulla ricevuta del bonifico è presente un appunto scritto a penna forse dallo stesso Keiser: “Non ci sono alternative, ma il prossimo anno dev’essere meno”. I pagamenti sarebbero proseguiti fino al 2004, quando la compagnia decise di cedere le proprie attività in Colombia al gruppo Banacol. Per questi finanziamenti alle AUC, Keiser, de la Hoz e altri dirigenti della defunta filiale colombiana di Chiquita sono attualmente sotto processo a Medellín con l’accusa di ‘concierto agravado para delinquir’, cioè associazione a delinquere. A causa dei numerosi rinvii e delle contestazioni presentate dalle difese degli imputati, l’intero procedimento è a rischio prescrizione se non dovesse arrivare a sentenza prima di settembre del 2025.

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