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Sicilia, Forza Italia primo partito ma è l’ora dei resa dei conti: e Schifani pensa al rimpasto

Forza Italia in Sicilia rischia la guerra interna. All’indomani delle elezioni tra gli azzurri siciliani si sta giocando un vero e proprio braccio di ferro tra due diversi schieramenti del partito. Succede lì dove Forza Italia ottiene il suo migliore risultato, con il record di 23,6 per cento dei voti – ovvero più del doppio dei voti ottenuti su scala nazionale – risultando il primo partito nell’isola. Il governatore forzista Renato Schifani ora si prepara per un rimpasto di giunta, forte di un risultato che “rafforza il mio governo”, ha detto a conteggi chiusi.

Un esito elettorale che però infiamma anche lo scontro interno. A contendersi lo scettro dei numeri ci sono da un lato Edy Tamajo, il palermitano che ha ottenuto più di 120 mila preferenze, e dall’altro Marco Falcone, il catanese che invece ne ha incassate poco più di 100 mila. Entrambi sono assessori regionali e adesso hanno anche conquistato uno scranno a Bruxelles. E dietro di loro si posizionano i due schieramenti impegnati in questi giorni in una vera e propria faida interna: una carrellata di ex democristiani quasi tutti cresciuti sotto l’ala di Calogero Mannino. Il jackpot azzurro nell’isola, infatti, è stato possibile anche grazie all’impegno di ex big come Totò Cuffaro, Raffaele Lombardo, Totò Cardinale ma pure Saverio Romano, impegnati tutti alle Europee con un netto sbilanciamento a favore del palermitano.

Il più votato tra i siciliani è, infatti, Tamajo, vicino al governatore Schifani ma non solo: approdato in Fi, solo nel 2022, il ras del consenso palermitano viene da un percorso politico fatto al fianco di Totò Cardinale: l’ex democristiano approdato tra le file del Pd che ha poi abbandonato nel 2019, quando già da anni aveva fondato Sicilia Futura, partito nel quale militava Tamajo fino al 2019. In quell’anno, infatti è passato tra le braccia di Matteo Renzi in Italia Viva, prima di cambiare nuovamente partito, approdando in Forza Italia.

Ed è proprio questo uno degli argomenti utilizzati dallo schieramento azzurro opposto: “Siamo noi i veri forzisti, dall’altro lato ci sono almeno altri tre partiti”, indica uno tra i vicini a Falcone, in rigoroso anonimato. Ma quali sono gli “altri tre partiti”? Nonostante il veto di Caterina Chinnici alla presenza di Cuffaro in Forza Italia per le Europee, alla fine Totò Vasa Vasa – dopo una serie di altri rifiuti – è riuscito ad inserirsi appoggiando Noi Moderati, il partito di Maurizio Lupi e del siciliano Saverio Romano, che correva in tandem con Forza Italia. Tra le fila azzurre, quindi, c’erano anche la Dc di Cuffaro, Noi Moderati e Sicilia Futura di Cardinale, che non a caso in questi giorni ha rilasciato interviste ai giornali locali, rinvigorito dal risultato del suo delfino Tamajo. Cresciuto con Mannino, così come anche Cuffaro e Raffaele Lombardo (che invece in queste elezioni ha sostenuto la sua ex assessora Caterina Chinnici), Cardinale popola l’ala Schifani.

Dall’altro lato, sfilano al fianco di Falcone, Raffaele Lombardo, i deputati nazionali Giorgio Mulè e Tommaso Calderone, assieme all’ex console azzurro di Berlusconi, Gianfranco Miccichè. In gioco ci sono le nuove deleghe in vista del rimpasto, al centro delle quali c’è, ovviamente, la sanità, sempre la più ambita in Sicilia. E di certo, ad attendere il rimpasto ci sono i due ex governatori della Sicilia, Lombardo e Cuffaro, entrambi impegnati in questa campagna uno per Chinnici e l’altro per Tamajo. Ma per le nuove deleghe molto probabilmente Schifani aspetterà la pronuncia del Riesame – prevista per fine mese – al quale ha fatto appello Luca Sammartino (vicepresidente dimissionario, leghista ma molto vicino a Schifani) dopo la sospensione dai pubblici uffici per l’inchiesta che lo vede indagato di corruzione aggravata.

Ma molto più del rimpasto gli appetiti delle due ale forziste mirano alla segreteria regionale – al momento il coordinatore è Marcello Caruso, vicinissimo al governatore – con lo sguardo rivolto alle prossime regionali. La vera posta in gioco è infatti la prossima presidenza della regione, alla quale puntano sia Tamajo che Falcone. E se da Palermo vogliono passare all’incasso, visto il record di 121 mila voti, da Catania non arretrano, rivendicando un risultato di 100 mila contando sulle sole forze di Fi, senza aiuti esterni di Cuffaro e Cardinale.

Una battaglia di numeri, se non fosse che Tamajo ha in mano la carta dello scranno europeo. Di certo c’è, infatti, che l’ala falconiana, direttamente collegata al coordinatore nazionale, Antonio Tajani, spera che Tamajo rinunci a Bruxelles, così da fare spazio all’eurodeputata uscente, Chinnici. E non a caso il ras palermitano prende tempo, alzando la posta in gioco. Bruxelles o Palermo? L’attendismo di Tamajo, forte dell’appoggio del presidente siciliano, costringe al momento Tajani in un angolo, forzato a scegliere tra le due opzioni: sebbene Cardinale dica con chiarezza, parlando coi giornali, che la candidatura di Tamajo non è nata per portarlo in Belgio. Il messaggio sembra dunque inequivocabile, l’ala Schifani mira alla guida di Fi. Un partito che, se avesse la meglio questa fazione, sarebbe praticamente l’ex Dc? “Non sono neanche per le operazioni nostalgia”, dice Cardinale parlando con Repubblica. Forse no, questa faida forzista, però, che tra Catania e Palermo vede nell’agone anche Cuffaro, Lombardo e Cardinale ha tutta l’aria perlomeno del dejà vu.