Nelle piazze francesi scende soprattutto il colore rosso. Sabato si sono svolti cortei in varie città del paese, 200 in tutto, a cui hanno preso parte 640mila persone secondo i sindacati organizzatori e 250mila secondo la polizia. Tutti comunque senza incidenti. I cortei, quello parigino partito da République e arrivato a place de la Nation passando dalla Bastiglia, sono stati molto colorati, soprattutto di rosso, con numerose bandiere palestinesi e rappresentanti di partiti, sindacati, associazioni, a due settimane dal voto per il primo turno delle legislative anticipate.

Si è trattato di una primissima prova di mobilitazione per Nuovo Fronte Popolare, sorto per provare ad arginare l’avanzata dell’estrema destra. Tuttavia, già da subito, i problemi non mancano. Gli alleati, ma anche gran parte degli aderenti de La France Insoumise, il partito che a sinistra ha più deputati di tutti e le posizioni più estremiste, contestano le decisioni di Jean-Luc Mélenchon. Vere e proprie “purghe”, è l’accusa, oppositori alla linea del leader che sono stati fatti fuori, “impresentabili” che figurano negli elenchi: da chi è stato ripescato nonostante una condanna per violenze domestiche, come Adrien Quatennens, a chi ha definito Raphael Glucksmann, alleato nel Fronte, “il candidato sionista”. Dopo le contestazioni, Quatennens ha annunciato il ritiro alla candidatura nel Nord. “Fate vincere il Nuovo Fronte Popolare il 30 giugno e il 7 luglio”, ha detto in una conferenza stampa.

Il leader, contestato, ha risposto alle accuse affermando lapidariamente che “non esistono candidature a vita”, ma che “la coerenza politica e la lealtà nel primo gruppo parlamentare della gauche sono anch’esse un’esigenza per governare”. Quanto all’evenienza – da molti alleati paventata – che il candidato al posto di premier sia lui nel caso di vittoria del Fronte, il controverso tribuno della sinistra ha lasciato intendere di non considerarla una sua ambizione: “Per me non è un tema esistenziale, non sto qui per costruirmi una carriera”.

Per tutti c’è però la certezza che la Francia “è in un momento cruciale per la democrazia”, come ha detto la sindacalista Marylise Léon, segretaria della Cfdt. Al corteo parigino, tanti i responsabili della sinistra in prima fila, dall’ecologista Yannick Jadot al socialista Olivier Faure. Ancora di più i manifestanti che li hanno riconosciuti e hanno tentato di avvicinarli al grido “non ci tradite”. Gli echi delle crepe nel Fronte popolare erano arrivati a tutti i manifestanti.

Altro tema che serpeggiava nei cortei, la candidatura a sorpresa dell’ex presidente della repubblica François Hollande per i socialisti, quindi per il Fronte: “Ho preso questa decisione – ha spiegato – perché ho ritenuto grave questa situazione, più grave di quanto non sia mai stata”. Un sondaggio Opininoway vede il Rassemblement National in testa con il 33% delle intenzioni di voto, davanti al Nuovo Fronte popolare (25%) e ai macroniani di Renaissance (20%). Segue la destra dei Républicains, difficile da valutare vista la spaccatura dopo l’accordo del presidente Eric Ciotti con il RN di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Sono 70 le circoscrizioni in cui destra ed estrema destra presenteranno candidati comuni ma è difficile fare proiezioni su cosa accadrà al resto dei candidati Républicains e, soprattutto, al loro elettorato.

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