Ora che le elezioni europee hanno confermato la prevista popolarità della destra, vale la pena capire una volta di più l’aria che tira su uno dei “progetti strategici” dei prossimi anni che riguarda l’Africa.

L’innominato. Cominciamo da qui. Non lo scriverò per esteso perché non voglio stare al gioco del marketing furbetto e astuto che ha trasformato un restyling di accordi esistenti per contrastare i flussi migratori in un “Famoso Piano” presentato in pompa magna il 29 gennaio di quest’anno a 46 paesi del continente africano*. Di questo passo dalla spumeggiante e legittima creatività del team di palazzo Chigi c’è da aspettarsi una prossima “Riforma Garibaldi”, un “Piano Giolitti” e un grande “Progetto Volta”.

Il piano M. per ora prosegue così come è iniziato: proclami altisonanti, iter e contenuti sfuggenti. E per di più, curiosamente – anzi freudianamente – il “famoso piano“ divide l’Africa in quadranti come già fecero gli imperi coloniali per spartirsela durante la Conferenza di Berlino del 1884. Carino no? Ma poi mica tutta l’Africa; solo Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Costa d’Avorio, Etiopia, Kenya, Repubblica democratica del Congo e Mozambico.

Il Famoso Piano è soprattutto per (anzi bisogna sempre dire “con”) questi nove paesi. Ad oggi. Allora prendiamo a caso l’ultimo della lista e vediamo il nuovo roboante “approccio paritario” tra Italia, ovvero i gruppi industriali italiani (che potranno beneficiare in egual maniera di fondi per i propri investimenti) – e il Mozambico. Il Mozambico è un paese dell’Africa meridionale, grande circa tre volte l’Italia, tra i più poveri del mondo (tra gli ultimi dieci, al posto 185) e dipende per il 50% del suo bilancio dagli aiuti internazionali; il 60% della popolazione (quasi 35 milioni di abitanti) vive sotto la soglia della povertà. Il tasso di alfabetizzazione è di poco superiore al 50% della popolazione. Quindi ovvio avere un rapporto “non paternalistico”, “non predatorio” e “paritario”!

Dal 1992 al 2014, l’Italia ha dato 538 milioni di euro al Mozambico, che era il principale beneficiario della cooperazione italiana. Inoltre, l’Italia ha effettuato due cancellazioni del debito nel 1996 (154,3 milioni di euro) e nel 2002 (557,3 milioni di euro). Nel 2022, l’Italia si è confermata uno dei principali investitori europei in Mozambico, con circa 155 milioni di dollari di investimenti diretti. Il Programma Paese Italia-Mozambico 2015-2018 è stato dotato di un portafoglio complessivo di 193,9 milioni di euro (28,9 milioni a dono e 165 milioni a credito d’aiuto).

Oggi il “famoso piano” prevede di dare al Mozambico 60 milioni di euro. Eni è in Mozambico dal 2006, quando ha ottenuto la prima concessione, e nel 2011 ha scoperto un ottimo giacimento di gas offshore che ad oggi è l’unico impianto di estrazione di gas in tutto il Mozambico. Quindi viene naturale, anzi direi immediato ed istintivo, avere un rapporto “non paternalistico”, “non predatorio” e “paritario”. O no?

*La Formula Mattei non aveva niente a che fare con l’immigrazione. Fu un innovativo contratto di equa redistribuzione di competenze e profitti tra paesi produttori e consumatori, ideato dal fondatore dell’Eni per scardinare l’oligopolio anglo-americano sul petrolio, le famigerate Sette Sorelle.

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