Gli addetti ai lavori in questi giorni stanno facendo un vero e proprio "grand tour" delle periferie milanesi, tra edifici abbandonati e luoghi ormai in disuso scelti dai creativi per cercare un senso lì dove ancora ci sono tracce di "vita vera"
C’è la voglia di tornare con i piedi per terra. Di recuperare il contatto con la gente “normale” per cercare un briciolo di quel senso di umanità che in questi tempi difficili si è perso. C’è voglia di concretezza, di realtà, non di voli pindarici. Tutto questo traspare dalle collezioni, dalle parole dei designer che stanno sfilando in passerella nel lungo weekend milanese della Moda Uomo, ma anche dalla scelta delle location. Gli addetti ai lavori in questi giorni stanno facendo un vero e proprio “grand tour” delle periferie milanesi, tra edifici abbandonati e luoghi ormai in disuso scelti dai creativi in fuga dalle location asettiche e dai palazzi patinati del centro per cercare un senso lì dove ancora ci sono tracce di “vita vera”. Il risultato sono abiti molto personali, desiderabili, concreti e portabilissimi, con tocchi di colore che risaltano nel grigiore di quest’insolito giugno milanese.
Ecco allora che il nuovo direttore creativo di Moschino, Adrian Appiolaza, ha scelto per il suo secondo, straordinario, defilè dei vecchi capannoni in via Ventura; Zegna porta la sua passerella nel nuovo edificio produttivo di via Rubattino, in zona Lambrate, Fendi va in Barona nello spazio di via Moncucco, mentre John Richmond gli spazi abbandonati del vecchio sottopassaggio della fermata De Angelis della linea 1 della metropolitana. Basta scendere una rampa di scale in un angolo di piazza De Angelis per trovarsi in un’altra dimensione, in un’altra epoca: “Non volevo una passerella immacolata, piuttosto un ambiente ‘vivo’ in cui semplicemente entrare e portare la mia moda“, ci spiega il designer nel backstage prima dello show. E così ecco un lungo tunnel illuminato da una fioca luce blu, tappezzato di poster e locandine di concerti iconici del passato, tra saracinesche abbassate da tempo e graffiti, ricreando quell’atmosfera underground della Londra degli anni ’70-80. Negli angoli, sotto i vecchi cartelli con le indicazioni dei treni, ecco che dei musicisti suonano la chitarra o il violoncello quasi fossero artisti di strada capitati lì per caso.
Richmond riporta in vita il vero spirito punk, quell’attitudine ribelle così attuale in questo momento storico, tra l’ascesa delle destre e le censure: “Abbiamo bisogno di realtà, di vita autentica, di recuperare quella spontaneità di fare le cose. E per me sfilare qui, mentre accanto passano le persone di ogni origine e cultura che prendono la metro, fa sembrare che sia tutto reale, che ci siano emozioni e sentimenti. Questo posto mi ha ricordato subito lo storico mercato underground di Manchester dove sono nate le subculture“, ci racconta ancora John Richmond, codino biondo e chiodo di pelle. La nuova collezione estiva uomo e donna insieme del brand controllato dal gruppo Arav è un omaggio proprio alle subculture e alla libertà di espressione, recupera i codici identitari del suo passato e fa rivivere l’atteggiamento punk che, chiosa Richmond, “non è solo creste, borchie e spille da balia. Si può essere punk anche vestendosi normalmente“. Così ecco jeans a vita alta dalla gamba ultra larga abbinati a camicie in seta bianca con le maniche stampate ad effetto tatuaggio, minigonne da ballerina, giacche con le spalle grandi o con lo strascico che lasciano spazio al movimento e all’espressione di sé. La vera chicca sono però i chiodi di pelle, pezzi unici vintage che lo stilista ha trovato nei mercatini e propone ora come parte integrante dei look in passerella.
E anche Msgm ha scelto di festeggiare i suoi primi 15 anni nell’ex deposito Dhl di via Fantoli, nell’area dell’ortomercato del quartiere Mecenate. Qui il suo fondatore e direttore creativo Massimo Giorgetti ha fatto sfilare una collezione fresca e leggera dal sapore marinaro che contrastava nettamente con l’atmosfera della location. Proprio come la sua casa al mare, un vecchio edificio-vedetta del tempo di guerra in cemento armato posto su uno scoglio tra la vegetazione lussureggiante del golfo del Tigullio in Liguria: “È diventata per me il simbolo del momento che stiamo vedendo“, ci spiega Giorgetti nel backstage della sfilata. “Da lì io guardo il mare, guardo l’orizzonte e penso al futuro. È un luogo personale a cui sono molto legato, ma ho deciso di ergerlo a simbolo per chiedere a tutti di riflettere sull’adesso, su questo periodo difficile e complicato che stiamo vivendo, guardando l’orizzonte da quell’avamposto che la guerra l’ha vista davvero, sperando che domani sia meglio dell’oggi“. Ed ecco allora che mentre i suoi modelli sfilano, degli artisti nascosti dietro grandi teche lanciano secchiate di colore come metafora della voglia di positività e spensieratezza, la stessa che emanano i capi delle collezioni uomo e resort donna presentati. Righe, onde, soli, sdraio, borsette in macramé a forma di conchiglia, barchette di origami, granchi e stampe on l’immagine della sua casa. Delfini, granchi e sirene sono giochi sulla sabbia, stencil o spensierate pitture nei caldi pomeriggi estivi della nostra infanzia, che appaiono e scompaiono sulle trame. Il tutto declinato nei colori della sabbia e dell’orizzonte, con tocchi di blu, turchese, giallo, rosso, nero, panna, corallo e navy, ma anche vibrazioni di tonalità acide. E poi i marinaretti disegnati da Luke Edward Hall che diventano motivo ricorrente, stampati sulle tote da spiaggia e sulle camicie. “C’è tanto di me in questa sfilata“, confida Giorgetti.