È da quando Vladimir Putin ha iniziato a parlare di negoziati ripartendo dalla bozza di Istanbul, a metà maggio, che tra Mosca e Kiev è iniziato un botta e risposta a distanza per dire quali siano le basi minime per far sedere le parti al tavolo. Il capo del Cremlino, il 14 giugno, ha esplicitato le sue condizioni: Kiev deve lasciare le regioni annesse e deve rinunciare alla Nato. Per il fronte occidentale non si tratta di una proposta, ma di una semplice provocazione. E ha continuato a puntare tutto sul summit di pace in Svizzera, al quale però non erano presenti Russia e Cina. Ma dopo i documenti pubblicati dal New York Times nei quali emergono i punti sui quali si è trattato fino alla fine di aprile 2022 e le affermazioni di Putin secondo le quali a far naufragare l’accordo fu la pressione degli alleati occidentali, anche Volodymyr Zelensky ha voluto raccontare la sua verità.

Una verità che è diversa da quella del leader del Cremlino. Il fallimento dei colloqui avviati già poche settimane dopo l’invasione non è frutto, dice, di un boicottaggio da parte del fronte occidentale, ma di un ultimatum lanciato da Putin che, più che un accordo, assomigliava molto a una richiesta di resa. “Gli ultimatum non sono negoziati”, ha dichiarato il presidente ucraino rispondendo a una domanda al termine del summit per la pace di Buergenstock, dopo lo scoop del Nyt.

Nei documenti pubblicati anche Oleksandr Chalyi, membro del gruppo negoziale ucraino, diceva: “Eravamo riusciti a trovare un vero compromesso. Tra la metà e la fine di aprile (2022, ndr), eravamo molto vicini a concludere la guerra con una soluzione pacifica”. Cosa poi abbia fatto saltare tutto (le pressioni occidentali, l’eccidio di Bucha o altro) è difficile stabilirlo. Secondo il presidente, però, il vero motivo è stato il tentativo di Putin di imporre la posizione russa senza ammettere un ulteriore dialogo. Putin, ricorda Zelensky, “è arrivato con i carri armati, ha circondato la nostra capitale” e le truppe russe hanno commesso “atrocità” come quelle di Bucha, scoperte e rivelate al mondo nell’aprile 2022. Gli “ultimatum” che Putin impose allora “non sono molto diversi dalle proposte di due giorni fa. Putin non ha proposte, ha solo ultimatum che gli danno l’opportunità di fare una pausa”. Gli accordi di Minsk “erano una pausa per preparare l’invasione”. Putin ha bisogno di “pause”, anche perché “ha perso il suo esercito bene addestrato” e quindi gli occorre tempo per riorganizzarsi.

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