“Ero innamorata, lui no. Per me esisteva solo lui. Ero piccola”. A parlare a Repubblica è l’atleta dei tuffi, ex azzurra, che ha denunciato il suo ex fidanzato, Andreas Sargent Larsen, di 25 anni, campione europeo nella stessa disciplina sportiva e in procinto di andare alle prossime Olimpiadi di Parigi. Il tuffatore italo-danese è a processo (che inizierà la prossima settimana) dopo il rinvio a giudizio che il tribunale ha deciso a marzo: dovrà rispondere di atti persecutori, il reato del codice penale che punisce lo stalking. Sulla vicenda la Procura della Federnuoto ha aperto un’inchiesta e ha chiesto gli atti alla procura di Roma. Valeria, nome di fantasia che il quotidiano romano dà alla giovane, racconta del suo “rapporto ossessivo e violento” con Larsen fatto di controlli pressanti, mani sul collo, gesti aggressivi e parole offensive.

“Lo conosco dal 2018, avevo 13 anni – racconta la ragazza -. La mia allenatrice lo aveva portato a Roma dalla Danimarca. Ci preparavamo insieme ed è nata un’amicizia, che, piano piano, è diventata un rapporto più personale“. Ma, una volta che si sono messi insieme, nel 2019, sono iniziati i primi problemi. “Poteva sembrare fossimo una coppia felice, lui era gentile con i miei genitori, ma non era così – continua Valeria -. A mia madre tante cose non le ho mai raccontate. Ero piccola e ho accettato situazioni che avrei dovuto liquidare subito. Gli chiedevo scusa per ogni cosa, mi faceva sempre sentire in colpa“.

Una situazione che la ragazza, all’epoca 15enne (ora di anni ne ha 19) non riesce più a sopportare tanto da lasciare lo sport club dove si allenava: il Circolo Canottieri Aniene, squadra di vertice del nuoto nazionale di cui è presidente Giovanni Malagò, che guida anche il Coni. “Non potevo più restare, avevo perso la fiducia nella mia allenatrice. Mi ha lasciata indifesa, ha sempre tutelato il suo pupillo. Quando sono andata da lei, devastata e spaventata per quello che stava accadendo, mi ha zittita: “Per me Andreas è un bravo ragazzo”. O ancora: “Ti stai facendo troppi problemi, non me ne parlare più”. Alla madre, racconta ancora l’atleta, l’allenatrice avrebbe detto che la violenza “dagli atteggiamenti” della ragazza. Quali atteggiamenti?, chiede il giornale. “Forse Molaioli pretendeva che una ragazzina non parlasse con nessuno in piscina e camminasse con lo sguardo basso per evitare la gelosia del tuffatore che proteggeva. Non ho mai capito davvero: che avrei dovuto fare, escludermi?”.

La giovane ribadisce che “nessuno ha mai preso le mie difese, si sono schierati tutti con chi mi ha fatto del male”. E Larsen, in procinto di andare a Parigi per le prossime gare olimpiche, “continua ad allenarsi all’Aniene”. Ma sul finale di questa vicenda, Valeria non perde le speranze: “Spero di avere un minimo di giustizia e di andare avanti – conclude -. Nel mio futuro ci saranno i tuffi. Potranno provare a bloccarmi, ma ci proverò fino all’ultimo“.

Sul caso, e sul silenzio di federazione e comitato olimpico, il leader di Europa Verde Angelo Bonelli ha annunciato un’interrogazione. “L’ambiente sportivo, la Federazione nuoto in particolare, non possono essere indifferenti a fatti di questo genere – aggiunge Cecilia D’Elia, del Pd – e dovrebbero adoperarsi per tutelare le atlete che denunciano episodi di violenza”.

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