Non solo i ritardi sul report che denuncia il peggioramento della libertà di stampa in Italia. Già a inizio giugno la commissione Ue guidata da Ursula Von Der Leyen aveva cercato di nascondere le critiche dei suoi stessi membri al governo Meloni. A rivelarlo è Politico, il quotidiano che ha pubblicato lo scoop a firma di Clothilde Goujard sul rapporto fatto uscire dall’agenda. Il precedente risale al 4 giugno e nel mirino erano finite le dichiarazioni di Věra Jourová, la principale funzionaria Ue per lo stato di diritto: durante un briefing con la stampa, la politica ceca nonché vice di Von Der Leyen aveva infatti affermato di seguire da vicino “le tendenze negative” sulla libertà dei media “in Italia e in Slovacchia”. L’affermazione non era piaciuta però a Von Der Leyen, tanto che, Politico ha dichiarato di essere stato contattato dal portavoce della Commissione europea Christian Wigand per disinnescare le dichiarazioni: “L’interpretazione delle parole in questo articolo va troppo oltre”, chiesero di mettere per iscritto. “Non si tratta di individuare alcun Paese. Monitoriamo la situazione in Italia come facciamo in tutti gli Stati membri dell’Ue nel contesto della relazione annuale sullo Stato di diritto. È a questo che si riferiva Jourová”.
Il precedente, avvenuto proprio alla vigilia delle elezioni Ue, conferma le pressioni dentro e fuori la commissione per evitare di strappare con la presidente del Consiglio italiana prima del voto per il secondo mandato di Von Der Leyen. A esprimere grande preoccupazione per le manovre politiche, è il consorzio Media Freedom Rapid Response che, a metà maggio scorso, è venuto proprio in Italia per lanciare l’allerta sullo stato della libertà d’informazione nel Paese. “Noi siamo prudenti rispetto a quello che ha scritto Politico perché se fosse vero sarebbe gravissimo”, ha dichiarato a ilfattoquotidiano.it Renate Schroeder, direttrice della European Federation of Journalists. “Noi chiediamo che il report sullo stato di diritto venga pubblicato, questa è la cosa più importante”. E ancora: “Non si contratta con i diritti fondamentali sanciti dal trattato Ue. Il Parlamento europeo ha fallito completamente con Orban. E ora insieme a Von Der Leyen non dovrebbero commettere lo stesso errore con Meloni o altri”. Quindi ha chiuso: “Siamo molto preoccupati per questo momento storico e chiediamo che Von Der Leyen rimanga coerente con i valori dell’Ue. Perché la libertà di stampa è uno dei pilastri”. European Federation of Journalist ha ribadito che “seguirà da vicino gli sviluppi dell’Italia”, nonché “il giro di vite sulla libertà dei media”, “lo sciopero dei giornalisti Rai” e “le crescenti segnalazioni di giornalisti presi di mira”: “Questo deve essere trattato con la massima serietà a livello nazionale e dell’Ue“.
Anche l’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, parte del consorzio per il monitoraggio della libertà di stampa, si è schierato per chiedere la “pubblicazione in tempo utile del rapporto sulla rule of law che evidenzia l’erosione della libertà dei media in Italia. I potenziali ritardi dovuti a presunte ragioni politiche sono preoccupanti”, hanno scritto su X. “Esortiamo le autorità a riformare la legislazione sulle emittenti pubbliche”, ovvero la Rai, “in linea con l’European Media Freedom Act“, “a rivedere le leggi sulla diffamazione per allinearle agli standard internazionali”, “ad assicurare che qualsiasi offerta di acquisizione di AGI sia sottoposta a una valutazione approfondita e trasparente del pluralismo dei media, dell’indipendenza editoriale e del conflitto di interessi”. Poco prima aveva parlato anche la Federazione Nazionale della stampa in Italia: “Secondo Politico lo stato della libertà di stampa in Italia è diventato oggetto di scambio per il sostegno alla prossima Commissione Ue”, ha scritto su X il presidente Vittorio Di Trapani. “Mi auguro che arrivi una smentita urgente e credibile. E che tutto il nuovo Europarlamento vigili su questo rischio”.
Già un anno fa, lo stesso rapporto sullo stato di diritto in Italia aveva espresso “preoccupazione sull’indipendenza politica dei media in Italia“ e questo “in assenza di una legge efficace che regoli il conflitto di interessi”: “Nonostante la questione resti centrale nel Paese”, si leggeva nel testo, “i progetti di riforma sono infatti ancora pendenti in Parlamento. E sebbene i principali giornali non siano di proprietà diretta o indiretta di politici o partiti, le linee editoriali riflettono la forte polarizzazione della scena politica. Per questo il focus della Commissione sul pluralismo valuta l’indipendenza politica e l’autonomia editoriale a medio rischio”. Nel frattempo, l’Italia è stata declassata di cinque posizioni nella classifica della libertà di stampa di Reporters sans Frontières e questo, unito alle decine di segnalazioni e allerte arrivate dalle associazioni che monitorano lo stato dei media, non lascia sperare in alcun miglioramento. E ritardarne la pubblicazione per motivi politici non può che aggravare la situazione.