Via libera alla prima legge europea sul ripristino della natura. L’ok è arrivato finalmente, dopo mesi di stallo, al termine della riunione dei ministri dell’Ambiente dell’Unione Europea. Questo voto – a maggioranza – conferma l’accordo con l’Europarlamento. Il regolamento proposto dal 2022 dalla Commissione europea si propone di ripristinare le aree naturali già degradate ed è un segmento del Green deal, forse perfino l’ultimo atto vista la giravolta che ha fatto la presidente uscente Ursula Von der Leyen negli ultimi mesi e l’avanzata delle destre “ecoscettiche” alle Europee. E infatti alla riunione dei ministri hanno votato contro l’Italia, l’Ungheria, i Paesi Bassi, la Polonia, la Finlandia e la Svezia: nella maggior parte di questi Paesi i conservatori sono in maggioranza. La situazione è tale che l’Austria ha votato a favore nella riunione (con la ministra competente Leonore Gewessler, esponente dei Verdi) e subito dopo il cancelliere Karl Nehammer (del Partito popolare austriaco, dunque nel Ppe) ha detto di avere intenzione di presentare ricorso. Sul punto a Bruxelles si esclude ci possa essere una retromarcia sull’esito della votazione. La ministra Gewessler – chiarisce una fonte Ue all’agenzia Ansa – rappresenta l’Austria e il voto che ha espresso al vertice “è giuridicamente vincolante”. A confermarlo, sempre secondo la stessa fonte, è stato anche il servizio giuridico del Consiglio europeo. Al netto degli equilibri interni all’esecutivo di Vienna, il voto della ministra Gewessler è stato decisivo per il via libera finale. Il governo inizialmente dichiarato l’intenzione di astenersi per poi annunciare ieri il voto a favore. Con il sì di Vienna è stato possibile raggiungere quindi la maggioranza qualificata in seno al Consiglio, che si ottiene quando a votare a favore sono almeno 15 Stati Ue (su 27) che rappresentano almeno il 65% della popolazione.

La proposta di regolamento è uno dei pilastri chiave della strategia dell’Ue per la biodiversità e serve ad allineare l’Unione europea agli impegni internazionali assunti con l’accordo di Kunming-Montreal sulla biodiversità. E’ innovativa perché per la prima volta non disciplina solo la protezione delle aree naturali ma punta a ripristinare quelle già degradate attraverso una tabella di marcia in tre tappe: il 30 per cento di ogni ecosistema dovrà essere oggetto di misure di ripristino entro il 2030, il 60 entro il 2040 e il 90% entro il 2050. I governi dovranno mettere a punto dei piani nazionali di ripristino per riferire periodicamente alla Commissione europea su come intendono raggiungere gli obiettivi.

Nel complesso, le norme impongono agli Stati membri di definire e attuare misure volte a ripristinare almeno il 20 per cento delle zone terrestri e marine dell’Ue entro il 2030. Tra i timori per la sicurezza alimentare dettati dalla guerra in Ucraina e le ripetute proteste degli agricoltori, la proposta è stata per mesi bersaglio politico del centrodestra all’Eurocamera e da vari Stati membri che ne hanno fatto slittare l’adozione. L’accordo finale raggiunto a novembre da Parlamento e Consiglio Ue – confermato dai ministri – prevede di fatto un “freno di emergenza” per andare incontro alle preoccupazioni manifestate sulla sicurezza alimentare, fissando al 2033 la data per la Commissione per rivedere e valutare l’applicazione del regolamento e il suo impatto sui settori agricolo, della pesca e forestale. Inoltre, con un atto di esecuzione, la Commissione Ue ha il potere di sospendere fino a un anno l’attuazione delle norme relative agli ecosistemi agricoli in caso di “gravi conseguenze a livello comunitario per la sicurezza alimentare”. Subito dopo il voto il commissario europeo all’Ambiente, il lituano Virginijus Sinkevičius (anche lui dei Verdi), si è congratulato con i ministri per lo “storico risultato” e per avere avuto il “coraggio di difendere” l’intesa.

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Nella foto in alto | Il commissario europeo Virginijus Sinkevičius e la ministra austriaca Leonore Gewessler

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