Sembrava tutto fatto, una faccenda da chiudere il prima possibile, magari entro il 18 luglio a Strasburgo col voto di fiducia dell’Eurocamera. A puntare alla riconferma di von der Leyen alla presidenza della Commissione, dalle informazioni trapelate nei giorni scorsi da Bruxelles, era soprattutto il Ppe. Ed è invece proprio dal Partito Popolare che arriva la prima crepa sulle fondamenta dell’accordo con Socialisti e liberali di Renew Europe. E a dare inizio alla contesa è il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Mentre tutti i leader si litigavano Giorgia Meloni, sempre più determinante per stabilire che orientamento avrà la prossima maggioranza Ue, l’ex presidente del Parlamento europeo interviene e gela gli osservatori con una frenata secca sui candidati socialista e liberale alle cariche più importanti dell’Ue. Sull’ex premier portoghese, Antonio Costa, il fondatore di Forza Italia ha detto che “ci sono delle perplessità” da parte del Ppe “perché qualcuno teme che non sia abbastanza fermo sulla questione Ucraina“. Sulla premier estone Kaja Kallas che dovrebbe invece sostituire Josep Borrell come Alto rappresentante della Politica Estera, lei sì sostenitrice della linea dura contro Putin, invece, rimane più sfumato, facendo comunque capire che non si tratta di un nome che piace particolarmente alla famiglia popolare: “È importante che l’Alto rappresentante tenga conto dei problemi della frontiera orientale” dell’Ue, ma anche di quanto accade “in Medio Oriente e nel sud dell’Europa“. Poi avanza richieste per l’Italia: “Le spetta una vicepresidenza e un commissario di serie A”.

Poco prima della riunione dei leader, da quanto si apprende, si è tenuto un incontro tra delegazioni dei tre principali partiti, Ppe, Socialisti e Liberali, che dovrebbero andare a formare la maggioranza. La discussione si è concentrata soprattutto sulla nomina del presidente del Consiglio Ue. Non ci sarebbe stato un veto su Costa, bensì la richiesta da parte dei Popolari di ottenere quel ruolo a metà mandato, dato che Roberta Metsola lascerà la guida dell’Eurocamera per iniziare la sua campagna elettorale per le Politiche a Malta. Costa avrebbe quindi un consenso consolidato, ma a patto che faccia solo metà mandato alla guida dei 27 leader Ue per poi lasciare spazio a un Popolare. Resta il dubbio su chi sostituirà Metsola alla guida del Parlamento Ue: tornerà una quota socialista, con il Pd che potrebbe di nuovo esprimere la presidenza della Plenaria, o si premierà un eventuale sostegno dei Conservatori alla maggioranza?

Virata a destra di Tajani?
Il leader forzista si prende il rischio di diventare l’innesco che porterà alla bocciatura dell’accordo di massima che sembrava ormai vicino e che avrebbe mantenuto Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Nei giorni scorsi anche lui si è tenuto in linea col partito che, seppur con una maggioranza tutt’altro che netta, ha rinominato la politica tedesca Spitzenkandidatin del Ppe. Ma è noto che sia lui sia il presidente dei Popolari, Manfred Weber, avevano altre mire. Non una nuova ‘maggioranza Ursula‘, come invece suggerirebbero i numeri usciti dalle elezioni, ma uno spostamento a destra.

Sono proprio i numeri, però, il problema di una strategia del genere. Se la ‘maggioranza Ursula’ si privasse dei 136 seggi dei Socialisti, dovrebbe rimpiazzarli con i 76 dei Conservatori, gli 8 della Lega, i 10 di Viktor Orban, ma anche i 30 del Rassemblement National di Marine Le Pen. Questi, aggiunti ai 190 dei Popolari e agli 80 dei liberali di Renew, andrebbero a formare un gruppo in Parlamento di 394 seggi sui 361 necessari. Una maggioranza solida? Tutt’altro. I 33 seggi di scarto, meno di quelli della ‘maggioranza Ursula’, tenendo conto delle diverse sensibilità dei partiti nazionali anche all’interno degli stessi gruppi rischierebbero di creare un’impasse sia sulle nomine che sulle riforme. Anche perché, in una situazione del genere, sarebbe difficile trovare un appoggio esterno alla maggioranza per far passare i vari dossier impantanati in Plenaria.

Inoltre, all’interno di questa maggioranza dovrebbero essere risolte delle incompatibilità che, almeno al momento, non sembrano avere una soluzione. Il nome più pesante è certamente quello di Marine Le Pen: in un’alleanza così larga, i Popolari dovrebbero chiedere agli eurodeputati di Renaissance di Emmanuel Macron di votare con gli acerrimi nemici di estrema destra, proprio ora che RN ha iniziato la sua scalata al potere in Francia, senza dimenticare che il veto al partito della figlia d’arte francese è arrivato, tra gli altri, proprio da Tajani e Weber, gli esponenti più conservatori del Ppe. A questo si aggiunge il fatto che anche al premier polacco Donald Tusk (Ppe) dovrebbe essere chiesto di votare insieme ai rivali del Pis, dopo che dall’ultimo voto europeo è emerso che i due partiti sono a soli 3 punti percentuali di distanza nei consensi nazionali.

La mossa in extremis
Qual è, allora, la strategia che ha portato il leader di Forza Italia a creare incertezza sui colloqui a pochi minuti dall’inizio del vertice? Una spiegazione potrebbe essere quella di uno spostamento degli equilibri all’interno dello stesso Ppe che, per pura coincidenza, aumenterebbe la rilevanza anche del governo italiano in Ue. Se fosse questa la strategia di Tajani, dietro le quinte potrebbero esserci sia la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che il presidente del Ppe, Manfred Weber, anche lui come il ministro italiano esponente dell’ala più conservatrice del partito. Quello nella mente dei due esponenti popolari potrebbe essere proprio un piano di ‘vendetta‘ del bavarese nei confronti della compagna di partito che nel 2019, spinta dall’endorsement di Angela Merkel ed Emmanuel Macron, bruciò lo Spitzenkadidat Weber nella corsa a Palazzo Berlaymont. Oggi, l’esponente della Csu cerca la sua rivincita proprio con gli stessi metodi della presidente uscente, questa volta sponsorizzato dall’ala a destra dei Popolari.

Sia Tajani che Weber hanno sempre rimarcato che l’alleanza naturale in Europa fosse coi Conservatori e che von der Leyen era sì la candidata di punta del partito, ma che in sede di trattative tutto può cambiare. E se una vera maggioranza a destra è impedita dai numeri, uno spostamento a destra del baricentro è invece possibile: von der Leyen è una candidata che ha rapporti con Socialisti e liberali, considerata esponente dell’ala sinistra della Cdu, mentre la nomina di Weber, anche se sempre all’interno di un’alleanza con S&D e Renew, rappresenterebbe un deciso spostamento a destra e un’apertura maggiore nei confronti di partiti come Fratelli d’Italia, Lega, il Pis polacco. E per il Ppe tutto ciò è possibile proprio grazie al risultato delle elezioni: con Socialisti e liberali in flessione, i Popolari possono far valere la loro crescita fino ai 190 seggi che assicurano loro circa la metà di quelli che comporrebbero la maggioranza. Il massimo che Tajani, Weber e Meloni possono chiedere per realizzare gradualmente il loro piano: spostare l’Unione europea a destra.

Se così fosse, si tratterebbe però di una mossa rischiosa: far saltare l’intesa e, forse, pure le candidature di socialisti e liberali, rischia di scatenare una guerra a colpi di vendette, tradimenti, franchi tiratori e ripicche che trascinerebbe le trattative in un vicolo cieco, rischiando di far saltare anche il progetto di una maggioranza di centro con una guida conservatrice.

Le richieste italiane
Tajani si è fatto portavoce anche del governo di Roma e ha reso pubbliche le richieste dell’Italia a von der Leyen per garantire il suo appoggio. “Quello che conta è avere un vicepresidente e un commissario di serie A. L’Italia non può non avere una vicepresidenza, va chiesta e l’Italia ha diritto ad averla, è stato un errore non chiederla” nella scorsa legislatura. A quale poltrona aspiri il governo, però, non lo dice. Verrebbe naturale pensare a quella per le Migrazioni, ma Tajani dice: “Non si è mai parlato di questo. Se ne parlerà dopo che sarà stata scelta e votata la presidente della Commissione, poi si faranno le trattative tra i capi di Stato e ognuno chiederà”.

La posizione di socialisti e liberali
Chi in tutto questo ricopre il ruolo di osservatore interessato delle diatribe altrui sono Renew e i Socialisti, arrivati a Bruxelles convinti che la questione da sciogliere sulle nomine fosse solo il grado di coinvolgimento delle destre nel sostegno ai candidati. E invece, adesso, si ritrovano di fronte a una possibile guerra tra bande interna all’Ue. Tanto che il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha voluto subito mettere in chiaro che la ‘maggioranza Ursula’ rimane la via da perseguire in tempi rapidi: le elezioni europee “hanno portato una maggioranza stabile” delle stesse parti politiche “che finora hanno lavorato a stretto contatto in Parlamento. È la base per sostenere la presidenza della Commissione e sono abbastanza sicuro che potremo raggiungere un’intesa tra famiglie politiche e tra Paesi europei nel più breve tempo possibile e avremo proposte su chi sarà il prossimo presidente della Commissione”. E ha poi ribadito la posizione del suo partito: “In Parlamento non deve esserci alcun sostegno per il presidente della Commissione che si basi su partiti di destra e populisti di destra”.

Anche il premier olandese, Mark Rutte (Renew), ha detto: “Se guardo ai nomi”, il “consenso che sta emergendo” tra i leader Ue sul “pacchetto” sul tavolo per le cariche apicali Ue “è finora positivo”, quindi “spero” che la cena “sarà breve”, anche perché il “presidente francese deve essere alle 21 alla partita” degli Europei. Tusk, invece, vuol tranquillizzare Renew sul fatto che all’interno del Ppe il nome di Kaja Kallas conserva un alto consenso: “Kaja Kallas è un’ottima candidata, conosce bene i problemi della nostra regione, comprende le realtà dell’Ucraina e della Russia”. Analoga la posizione del primo ministro finlandese, Petteri Orpo (Ppe), che ha sottolineato come la visione della politica estera di Kallas corrisponda a quella di Helsinki. La speranza della maggior parte dei leader è che il vertice informale si chiuda velocemente con un accordo sulle quattro cariche apicali. Più passa il tempo e più il rischio di una fumata nera aumenta.

X: @GianniRosini

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