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Nomine in Ue, il primo banco di prova per Meloni. Von der Leyen tenta di allargare la “maggioranza Ursula”

È arrivato il giorno del primo grande banco di prova. A Bruxelles è prevista la cena informale dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi chiamati a confrontarsi sul pacchetto nomine. Prima occasione per discutere insieme gli esisti delle elezioni europee: i risultati delle urne fanno resistere la “maggioranza Ursula” in Parlamento, ma l’onda di destra può avere le sue conseguenze. Al centro del tavolo ci sono i cosiddetti “top job, cioè i vertici delle principali istituzioni Ue (i presidenti di Commissione europea, Consiglio europeo, Parlamento europeo ma anche l’Alto rappresentante per gli affari esteri): ma la trattativa potrebbe allargarsi, come prevedibile, gli incarichi più importanti in seno al prossimo esecutivo europeo. E Giorgia Meloni (forte del risultato elettorale) ha assicurato, chiudendo il G7 in Puglia, che intende avanzare richieste per far contare di più l’Italia a Bruxelles.

Ursula von der Leyen è più che mai in pole position per il bis alla guida della Commissione europea, ma nulla può essere dato per scontato. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato di ritenere che una decisione sui posti di vertice di Bruxelles – inclusa la riconferma della presidente della Commissione – arriverà rapidamente: una posizione molto simile a quella espressa dal presidente francese Emmanuel Macron. Anche la rielezione di Roberta Metsola, pure lei popolare, alla presidenza del Parlamento per un altro mandato di due anni e mezzo appare in discesa. Le cose si complicano quando si parla di chi andrà a occupare la poltrona di presidente del Consiglio Europeo, per la quale il nome che si fa con maggiore insistenza è quello dell’ex premier portoghese socialista Antonio Costa. E chi sarà il prossimo Alto rappresentante Ue per la politica estera, un posto che – per rispondere alle richieste dei Paesi dell’Est e dei liberali – potrebbe andare alla premier estone Kaja Kallas. Non è escluso però che qualcuno possa metta loro i bastoni tra le ruote e che l’intesa sulle nomine non riesca a essere conclusa prima del 30 giugno, cioè quando si svolgeranno le elezioni in Francia.

Ma per chiudere il cerchio sul prossimo presidente della Commissione e sulla distribuzione degli incarichi all’interno del nuovo esecutivo europeo, occorrerà chiarire i perimetri della maggioranza al Parlamento europeo. Popolari, Socialisti e Liberali (che compongono l’attuale “maggioranza Urslula”) possono contare su 406 seggi rispetto ai 361 del minimo necessario: un margine però risicato che non garantisce la tenuta dal rischio dei franchi tiratori. Per ottenere un margine di sicurezza è pertanto necessario ampliare l’alleanza. Ma con chi? Il gruppo dei Verdi (che conta 52 europarlamentari) ha espresso la sua disponibilità. Ma l’attenzione sembra essere rivolta alla delegazione di Fratelli d’Italia: gli eurodeputati del partito di Giorgia Meloni sono 24 e potrebbero essere molto utili.

Come rivelato da Politico.eu, quattro funzionari hanno confermato che Ursula von der Leyen ha cercato di rallentare un rapporto ufficiale dell’Ue che critica il giro di vite sulla libertà di stampa in Italia da quando Meloni è arrivata a Palazzo Chigi nel 2022. Un ritardo finalizzato proprio a cercare il sostegno della leader di Fratelli d’Italia per il suo bis alla Commissione. A questo però vanno aggiunte le recenti dichiarazioni del cancelliere tedesco che si è detto contrario alle alleanze con i conservatori in Europa, perché non è un segreto” che Giorgia Meloni sia “all’estrema destra dello spettro politico”, ha sottolineato Olaf Scholz.

“L’Europa deve capire il messaggio degli elettori“, aveva detto Giorgia Meloni nella conferenza stampa di chiusura del G7 a Borgo Egnazia. Sui vertici europei “farò le mie valutazioni come governo italiano e con gli alleati” ha aggiunto la presidente del Consiglio lanciando un avvertimento a Usrula von der Leyen: “All’Italia deve essere riconosciuto il ruolo che le spetta in termini di competenze dei commissari“, ha tagliato corto Meloni.

A chiedere portafogli di peso non sarà comunque solo l’Italia. Già si sa che la Francia punta a un incarico importante sul fronte dell’economia o della politica industriale. La Spagna vuole piazzare l’attuale vicepremier Teresa Ribera al clima o alla transizione energetica. La Lettonia ha deciso di confermare Valdis Dombrovskis, attualmente vicepresidente della Commissione a cui fanno capo gli affari economici e il commercio, che difficilmente potrà avere un portafoglio meno importante. E via così anche per altri. Prima della cena è comunque previsto il pre-vertice del Ppe a cui dovrebbero partecipare i 13 leader popolari attualmente al governo in altrettanti Paesi. Una riunione da cui potrebbero scaturire prime importanti indicazioni sulle prospettive delle trattative sulle nomine condotte dal premier polacco Donald Tusk (già presidente del Consiglio Europeo) e dal collega greco Kyriakos Mitsotakis.