L’udienza alla Corte costituzionale è fissata per mercoledì 19 giugno alle ore 9.30. Un appuntamento importante a distanza da quel 25 settembre 2019 quando, con una sentenza storica, la Consulta decise che non era punibile chi aiuta a morire un malato. Perché si dovrà ancora discutere di suicidio assistito e di libertà dei malati di scegliere se interrompere una vita di sofferenze. I giudici sono stati chiamati in causa dal giudice per le indagini preliminari di Firenze che il 22 gennaio scorso ha sollevato il conflitto nell’ambito del procedimento che vede indagati Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli: nel 2022 aiutarono Massimiliano (a destra nella foto, ndr), malato di sclerosi multipla, ad andare in Svizzera dove morì. I tre si autodenunciarono il 9 dicembre del 2022. Per la prima volta davanti ai carabinieri si presentarono in tre. Le due donne, una giornalista e un’attivista, avevano accompagnato l’uomo in una clinica in Svizzera. Massimiliano aveva lasciato un video messaggio. Cappato, Lalli e Maltese rischiano una condanna fino a 12 anni proprio in base all’articolo 580 di una legge del 1930 sull’istigazione o aiuto al suicidio.
L’uomo, 44 anni, di San Vincenzo (Livorno), morì l’8 dicembre 2022 in una clinica vicino a Zurigo, tre giorni dopo aver diffuso l’appello, tramite l’associazione Coscioni, in cui spiegava di soffrire da 6 anni “di una sclerosi multipla che mi ha già paralizzato” e di voler “essere aiutato a morire senza soffrire in Italia, ma non posso, perché non dipendo da trattamenti vitali”, una delle quattro condizioni fissate nella sentenza della Consulta sul caso di dj Fabo: per la Corte Costituzionale il suicidio assistito è legale quando la persona malata ha una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.
Come già avvenuto in passato il governo si è costituito di fronte alla Corte Costituzionale nel procedimento relativo al dubbio di legittimità costituzionale sul trattamento di sostegno vitale in riferimento all’aiuto fornito “a Massimiliano, toscano 44enne affetto da sclerosi multipla, accompagnato in Svizzera con una disobbedienza civile, di Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese, autodenunciati al loro ritorno in Italia ai Carabinieri di Firenze”.
“Dall’esito – sottolineano dall’Associazione Coscioni – dipende l’eventuale condanna di 7 disobbedienti civili in 6 processi”. La Consulta dovrà quindi esprimersi nuovamente sul tema di “suicidio medicalmente assistito” dopo il caso di Dj Fabo quando stabilì che, per poter accedere legalmente all’aiuto medico alla morte volontaria, la persona deve essere capace di prendere decisioni libere e consapevoli, essere affetta da patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili ed essere dipendente da trattamenti di sostegno vitale. Nel caso specifico, precisano dall’Associazione Coscioni, “Massimiliano non era dipendente da un trattamento di sostegno vitale inteso in senso restrittivo (come per esempio la ventilazione meccanica), nonostante fosse totalmente dipendente dall’assistenza di terze persone per sopravvivere e per questo avrebbe potuto incontrare ostacoli nell’accedere all’aiuto medico alla morte volontaria in Italia”.
Proprio l’interpretazione più ampia delle indicazioni della Consulta hanno spinto dunque il governo a costituirsi per dichiarare la questione di legittimità inammissibile o, in subordine, infondata perché l’accoglimento comporterebbe uno stravolgimento, da parte della stessa Corte costituzionale, della sentenza n. 242 del 2019 “in senso irragionevolmente ed ingiustificatamente ampliativo” sostituendosi al Parlamento. Se fosse confermata dalla Consulta una interpretazione restrittiva il procedimento proseguirà con tutti i rischi del caso.