Economia

Concordato preventivo, la scommessa di Leo: per quest’anno c’è lo sconto ma le richieste del fisco ai probabili evasori saranno pesanti

Il concordato preventivo biennale parte con lo sconto, nel difficile tentativo di rendere la proposta del fisco appetibile per le partite Iva potenzialmente coinvolte. A regime, infatti, le maggiori tasse da pagare per firmare l’accordo con le Entrate si preannunciano impegnative per gli autonomi che al momento, stando alle “pagelle” di fedeltà fiscale (gli indici Isa), sono probabili evasori. Che sono la maggioranza. Per vedere i primi numeri c’è da attendere ancora qualche giorno: il tempo necessario alle software house per integrare il programma ad hoc, messo a disposizione da Sogei sabato, con quelli in uso negli studi dei commercialisti. Ma il decreto del ministero dell’Economia sulla metodologia di calcolo del reddito che verrà proposto dall’amministrazione finanziaria ai 2,7 milioni di partite Iva soggette agli Isa conferma l’obiettivo ambizioso – preannunciato dal viceministro Maurizio Leo – di portare chi aderisce alla piena affidabilità. Vale a dire che al 31 dicembre 2025, termine del biennio oggetto del concordato, dovrà arrivare a un punteggio Isa pari a 10, per quanto parzialmente “corretto”.

La missione è sfidante, notano gli addetti ai lavori. Per capirlo basta qualche dato: al momento solo il 44% di quegli autonomi raggiunge l’8, ovvero la sufficienza. E la distanza tra chi è sopra l’8 e gli insufficienti è abissale, con i primi che dichiarano redditi medi pari a 78.142 euro e i secondi poco sopra i 22mila, il 71% in meno. Per farli arrivare a 10 sarà necessario insomma che accettino di dichiarare decine di migliaia di euro di maggior reddito ai fini Irpef e Irap, in cambio dell’esclusione dagli accertamenti basati su presunzioni semplici (accessi e verifiche restano possibili) e degli altri benefici già riconosciuti ai contribuenti Isa virtuosi. Chi risponde “no, grazie” sarà inserito in liste selettive di contribuenti da sottoporre a controlli. Minaccia che però potrebbe essere percepita come poco credibile considerato che al momento le verifiche colpiscono una percentuale infinitesimale di partite Iva: tutto dipenderà da quanti aderiranno e quanto ampia sarà quindi la platea residua su cui l’amministrazione finanziaria potrà concentrarsi. Sta qui la scommessa del governo, che dalla misura voluta da Leo conta di ricavare risorse con cui proseguire sulla strada della riduzione delle aliquote Irpef offrendo qualche risparmio anche a chi guadagna oltre 50mila euro.

Per rendere meno traumatico il salto – e cercare di evitare il flop del concordato berlusconiano di vent’anni fa – il decreto pubblicato sabato in Gazzetta ufficiale prevede dunque che per il primo anno di applicazione si tenga conto solo per il 50% del maggiore reddito individuato in base ai criteri descritti nella nota tecnica del provvedimento. Il primo acconto, stando alle bozze del decreto correttivo atteso in cdm il 20 giugno, sarà poi reso un po’ più appetibile attraverso l’applicazione di una flat tax sul differenziale tra cifra proposta per aderire al concordato e reddito dichiarato l’anno prima. Due vantaggi temporanei a cui sembra essere interamente rimesso il successo dell’operazione, al netto di possibili revisioni in corso d’opera che li estendano anche al secondo anno.

Tornando alla metodologia di calcolo, per definire la proposta l’amministrazione finanziaria è previsto che si tenga conto del reddito dichiarato nel 2023 e dei risultati economici dell’ultimo triennio, della distanza dei singoli indicatori elementari di affidabilità (dal numero di addetti alle spese sostenute per l’attività caratteristica) da quelli necessari per raggiungere il punteggio più alto, del livello di redditività minimo del settore. Se il reddito che ne risulta è inferiore alla spesa minima stimata per il lavoro dipendente impiegato, la proposta viene ritoccata al rialzo fino a quel livello, per evitare la proverbiale stortura del datore di lavoro che dichiara e paga meno dei suoi dipendenti. Lo step finale è una rivalutazione sulla base sulle ultime proiezioni macroeconomiche di Bankitalia, meno ottimistiche rispetto a quelle del governo e dell’Istat: la stima del pil prevede una crescita di 0,6% quest’anno e 1% nel 2025. Il contribuente potrà poi chiedere uno sconto su redditi e valore della produzione in caso di “eventi straordinari” che nel corso del 2024 comportino una sospensione dell’attività per oltre 30 giorni.

Dal concordato si uscirà come è noto solo perché scoperti a nascondere redditi per un importo superiore al 30% di quelli dichiarati o nel caso in cui gli affari tracollino e i guadagni calino di oltre il 50% rispetto a quelli oggetto dell’accordo a causa di circostanze eccezionali. Il decreto ministeriale le circoscrive a eventi calamitosi, danni ai locali che li rendano inagibili, danni rilevanti alle scorte di magazzino, impossibilità di accedere ai locali di esercizio, sospensione dell’attività causa stop del principale cliente, liquidazione, sospensione dell’attività o dell’esercizio della professione.

Il tutto vale solo per i contribuenti Isa: il decreto correttivo che sarà varato in settimana ufficializzerà il rinvio a metà luglio del software cucito su misura per gli 1,7 milioni di forfettari – le partita Iva che hanno la flat tax al 15% – che potranno aderire al concordato solo per un anno. Per tutti il termine ultimo per l’adesione sarà rinviato al 31 ottobre, che diventerà la data ultima anche per la trasmissione telematica dei modelli Redditi e Irap.