Uno dei primi atti della nuova campagna elettorale di Jordan Bardella, il delfino di Marine Le Pen e pupillo dell’estrema destra che sogna di prendere tutto in Francia? Un video di due minuti e trenta rivolto alle donne. Un video per giurare e spergiurare davanti ad elettori e, soprattutto, elettrici che se sarà primo ministro garantirà “i diritti delle donne e delle ragazze” del Paese. “L’uguaglianza tra donne e uomini, la libertà di vestirsi come si vuole, il diritto fondamentale di controllare il proprio corpo: questi sono principi non negoziabili in Francia”. Parola di Bardella, seduto alla scrivania del suo ufficio con alle spalle la bandiera nazionale e un quadro con la scritta “Liberté, Égalité, Fraternité”. Una mossa fatta per dimostrare che, in quanto a normalizzazione, fanno sul serio. Tanto da arrivare a parlare di quello che è uno dei cavalli di battaglia di tutte le destre estreme: l’aborto. “Nessuna donna dovrebbe temere che un giorno uno dei suoi diritti sia rimesso in causa”, ha detto guardando fisso in telecamera. “Per questo Marine Le Pen ha sostenuto l’inserimento dell’interruzione volontaria di gravidanza nella Costituzione” francese. Tutto vero. Ma manca un pezzo della storia, perché il partito sul tema, proprio al momento del voto in Aula, si è spaccato (furono 45 a favore, 14 astenuti e 12 contrari). E quando c’è da parlare dell’argomento, specie fuori dai dibattiti nazionali, il RN non esita a schierarsi con chi quel diritto lo vuole limitare se non sopprimere. Ma la campagna elettorale porta anche a questo tentativo di metamorfosi finale.

Se Bardella ora si gioca la carta del campione dei diritti delle donne, è perché a dirglielo sono i sondaggi e, ancora di più, i risultati nelle urne. Come hanno dimostrato le analisi dell’elettorato alle scorse Europee di Ipsos infatti, il partito di Le Pen “ha fatto un balzo di dieci punti in quello femminile (20% dei voti nel 2019, 30% oggi), confermando la fine del divario di genere specifico dell’estrema destra”. E confermando che è a quella parte che devono guardare per crescere ancora. Peccato però, che il salto questa volta sia molto grande. Non a caso, già domenica prossima, saranno proprio le donne a riempire le piazze contro l’estrema destra: 135 associazioni femministe hanno convocato manifestazioni in tutta la Francia al grido di #AlerteFeministe (ovvero “allerta femminista“). “Di fronte al pericolo imminente che il potenziale arrivo dell’estrema destra al potere rappresenta per i diritti delle donne e di tutte le minoranze”, si legge nella convocazione, “nonché per la democrazia e tutte le libertà fondamentali, chiamiamo a manifestare e radunarsi per lanciare un allarme viola collettivo che mettà in guardia dai pericoli”. A firmare l’appello le principali realtà che si battono per la tutela dei diritti delle donne: il Collectif national pour le droit des femmes, la Fédération nationale des CIDFF, Fédération Nationale Solidarité Femmes, Fondation des Femmes, NousToutes, Planning Familial; le ong Avaaz, Oxfam, France Terre d’Asile; i sindacati CGT, CFDT.

“Bardella mente”, è la protesta di associazioni e attiviste. Poco prima del voto europeo, su Libération è apparso il commento editoriale del collitivo “Grève féministe” (sciopero femminista), dove venivano messi in fila tutti gli atti contro le donne portati avanti al Parlamento europeo dal Rassemblement National. “Il 26 novembre 2020 e di nuovo nel novembre 2021, gli eurodeputati RN si sono opposti a una risoluzione che condannava la Polonia per il suo divieto quasi totale di aborto. L’11 aprile di quest’anno si sono astenuti sull’introduzione del diritto all’aborto nella Carta europea dei diritti fondamentali“, si leggeva. Ma non solo: “Nel maggio 2023, il RN si è astenuto sulla direttiva europea sulla trasparenza e la parità di retribuzione tra uomini e donne per un lavoro uguale o di pari valore”. E lo stesso Rassemblement National che ora rivendica la vicinanza ai diritti delle donne, è lo stesso che nel 2023 si è astenuto sulla ratifica da parte del Parlamento europeo della Convenzione di Istanbul sulla “prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”. Gli esempi sono tanti e giocano a sfavore della strategia di Bardella. E soprattutto, se gli elettori hanno la memoria corta, le nuove generazioni amano ripetere sui social che “internet non dimentica”. Così, negli ultimi giorni, stanno ritornando fuori tanti degli attacchi alle donne fatti proprio da esponenti del Rassemblement National. Il primo e uno dei più famosi è quello di Jocelyn Dessigny, deputato RN, che a settembre scorso, davanti all’Assemblea nazionale, disse: “Partiamo dal principio che una madre casalinga sta forse meglio a casa ad occuparsi dei figli“.

Il giovane leader del partito di Marine Le Pen decide di fare la capriola finale per presentarsi come il più “istituzionale” possibile e non a caso lo fa sui diritti delle donne. Quindi, nel suo lungo video, rivendica un altro atto fortemente voluto da Emmanuel Macron e sostenuto all’unanimità dall’Assemblea nazionale (RN compreso): “Abbiamo lottato per una migliore assistenza alle donne affette da endometriosi“, ha detto. E poi “per il ripristino del credito fiscale dimezzato per le vedove. E per un aumento del numero di posti di accoglienza d’emergenza per le donne vittime di violenza”. Nella sua presentazione riverniciata di un intero partito, mette insieme atti della maggioranza a cui semplicemente il RN ha deciso di dare il proprio sostegno e, soprattutto, si tradisce alla fine. Parlando di violenza contro le donne, invece di concentrarsi sui rischi che si corrono tra le mura domestiche (dove si consumano la stragrande maggioranza delle aggressioni), chiude parlando di migranti e di sicurezza nelle strade. “Riprenderemo il controllo della nostra politica migratoria espellendo i criminali e i delinquenti stranieri”, ha chiuso. “Nessuna donna deve aver paura di uscire di casa di giorno e di notte”. Nessuna parola sulle violenze commesse da padri, mariti, figli, compagni. Su questo il Rassemblement National, accusato dalle opposizioni di interessarsi ai diritti delle donne solo per “stigmatizzare gli stranieri”, non è cambiato.

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