“L’educazione alimentare deve entrare a far parte dell’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado in maniera obbligatoria”. A lanciare questo appello al governo è Carlin Petrini, il gastronomo e fondatore dell’associazione Slow Food. La petizione gira da qualche settimana ma domenica, il 75enne ideatore di “Terra Madre” ha scelto di proporre con forza la sua richiesta accanto a un sostenitore che come lui da anni parla dell’importanza del cibo: Enzo Bianchi, il monaco fondatore della comunità di Bose.

Nell’ex fienile della fraternità di “Casa della madia” a pochi chilometri da Ivrea, i due piemontesi presentano il progetto ad un pubblico di laici e cattolici. “Le scelte alimentari che compiamo più volte al giorno – spiega Petrini nell’appello realizzato da “Slow Food”, dall’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo ma promosso anche dal Politecnico e dall’Università degli studi di Torino e da quella del Piemonte orientale – possono diventare un’importante leva di cambiamento. Affinché ciò avvenga, urge un importante investimento in educazione alimentare, che fornisca ai giovani gli strumenti per diventare protagonisti del proprio futuro. L’educazione alimentare permette di riscoprire il piacere del cibo, di comprenderne il valore, di conoscere il modo in cui viene prodotto, trasformato e distribuito, di capirne le dinamiche sociali, culturali, economiche e ambientali. Attraverso l’educazione alimentare e i comportamenti alimentari virtuosi di tutti noi, la tavola può diventare un luogo di consapevolezza e piacere, e l’ambito in cui la conversione ecologica prende corpo in maniera più rapida, efficace, concreta e quotidiana”.

Petrini punta a coinvolgere molte altre persone e realtà, perché è convinto che solo con l’unione si può davvero fare la differenza. Il gastronomo e il monaco sono persuasi che non basti l’ora di educazione civica: “Oggi si cerca – spiega Petrini a ilfattoquotidiano.it – di mettere tutto nel contenitore dell’educazione alla cittadinanza ma non è così. Non lo è per l’educazione sessuale, ad esempio ma nemmeno per quella alimentare. Abbiamo una generazione che è cresciuta senza più avere quello che un tempo si trasmetteva da madre in figlio. Dobbiamo ripartire dalle fondamenta in un momento in cui queste tematiche sono all’ordine del giorno”.

Parole condivise da Bianchi che a ilfattoquotidiano.it aggiunge: “Le nuove generazioni, a differenza delle vecchie, sono sensibili a questo tema. Bisogna riportarli a dei percorsi in cui vi è la conoscenza del rapporto che ci può essere tra noi, la natura e il cibo che mangiamo. A questo si aggiunge il problema della provenienza, della qualità, di cosa significhi il lavoro di chi lo produce. È una materia che non può stare in educazione civica. Fa parte di quella che io chiamo educazione al rapporto con l’alterità”.

Petrini non si arroga il diritto di avere la bacchetta magica ma qualche proposta ce l’ha per dare avvio a questo processo: “Magari potremmo formare al tema dell’educazione alimentare quei quarantamila docenti che rischieranno di trovarsi senza lavoro a causa del calo demografico oppure legare la scuola al territorio, metterla in dialogo con i contadini, costruire una conoscenza diretta. La salute umana è collegata alla salute del pianeta”.

I due guardano anche al tema del consumo di alcol: “Ai miei tempi la bevuta era l’eccezione di una serata oggi sta diventando quotidiana”, dice Petrini. E il monaco aggiunge: “Lo spritz è un rito, non c’è più il senso di cosa sia il vino. È questione di portare nella scuola una sensibilità che la famiglia spesso non ha più. Abbiamo già perso troppo tempo”.

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