Meno violenza e più corruzione per fare affari. E quando non basta la corruzione, si ricorre alle minacce per gli amministratori locali. In questo modo le mafie puntano ad accaparrarsi i fondi del Pnrr. È questo l’allarme lanciato nella Relazione semestrale della Direzione investigativa Antimafia relativa all’attività svolta nei primi sei mesi del 2023. “Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) rappresenta un importante pacchetto di investimenti e riforme attualmente in corso di implementazione. A causa dell’alto valore complessivo dei finanziamenti coinvolti, sussiste il rischio che le organizzazioni mafiose possano manifestare interesse per tali fondi, aumentando il fenomeno di infiltrazione nell’economia legale”, si legge nel report. “Per contrastare efficacemente questi tentativi, il Ministero dell’Interno ha adottato una strategia preventiva focalizzata sulla documentazione antimafia, con particolare attenzione alle informazioni fornite dalle Prefetture”, si specifica, sottolieando che nel primo semestre del 2023 “le richieste di avvio istruttoria antimafia Pnrr sono state 11.890 a livello nazionale e 8 si sono concluse con esito positivo, ovverosia con l’adozione di provvedimenti interdittivi antimafia”.
“La silenziosa infiltrazione” – Il rapporto restituisce una fotografia sulle strategie delle principali organizzazioni criminali, impegnate ad adattarsi ai cambiamenti socio-economici e ad infiltrarsi nell’economia legale. I clan, spiegano gli analisti della Dia, hanno “implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale ma mai ripudiato, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive. Oggi le mafie preferiscono rivolgere le proprie attenzioni ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando degli ingenti capitali accumulati con le attività illecite”. Per fare affari è ormai noto come sia più proficuo mettere da parte i metodi estorsivi. “La corruzione costituisce lo strumento privilegiato per trasformare i potenziali nemici in alleati preziosi, con l’ulteriore vantaggio di essere silenziosa”, ha spiegato il direttore della Dia Michele Carbone, presentando la relazione. “Ci sono episodi di collusione negli apparati poltico-amministivi come dimostra la lunga serie di consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose. Dove i tanti pubblici amministrazioni si oppongono a queste infiltrazioni sono oggetto di danni e minacce affinché si pieghino a queste organizzazioni”, ha aggiunto Carbone. Dove non arriva la corruzione, dunque, la mafia torna ai metodi antichi. “Aumentano i casi di intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, sia consiglieri comunali sia sindaci, questo soprattutto dove non arriva la corruzione – ha spiegato il direttore della Dia- Le intimidazioni sono risultate essere anche funzionali talvolta al condizionamento dell’operato dei pubblici amministratori, in special modo nell’affidamento di appalti di imprese vicine ai clan. Inquietanti sotto questo profilo sono stati i non pochi episodi minatori ai danni di consiglieri comunali e sindaci, in particolare nei comuni calabresi”. Carbone ha poi sottolineato che “dal 1991 al 2023 sono stati sciolti 379 consigli comunali per infiltrazioni mafiose, di cui 25 annullati a seguito di ricorso. A questi si aggiungono 7 aziende ospedaliere ( 5 in Calabria e 2 in Campania). La regione con maggior numero di consigli comunali sciolti per infiltrazione mafiosa è la Calabria con 130 Comuni”.
I boss e la tecnologia – La mafia moderna non cambia solo le proprie strategie, ma anche gli strumenti utilizzati. “Con il liberarsi dal modello di una mafia di vecchia generazione, aderendo piuttosto alla nuova ed accattivante immagine imprenditoriale, l’uso della tecnologia assume un ruolo determinante per l’attività illecita delle organizzazioni criminali che, con sempre maggiore frequenza, utilizzano i sistemi di comunicazione crittografata, le molteplici applicazioni di messaggistica istantanea e i social”, spiegano sempre gli analisti dell’Antimafia. “Dagli esiti delle indagini concluse nel semestre, emerge come la principale fonte di redditività dei cartelli criminali, a livello transnazionale, continui ad essere il traffico di sostanze stupefacenti a volte gestito – viene sottolineato – mediante nuovi modelli organizzativi capaci di sfruttare il web, soprattutto nella fase dello smercio”.
“Focus su mafie e Pnrr in Antimafia” – L’allarme della Dia sui fondi del Pnrr sollecita il commento di Chiara Colosimo, presidente della commissione Antimafia. “Condivido l’allarme della Dia. E’ un allarme che ho sempre dato e tutto quello che sappiamo in questo periodo è proprio questo: tutti i reati finanziari sono sempre più reati spia della criminalità organizzata”, dice la numero uno di Palazzo San Macuto. “La commissione parlamentare Antimafia ha un focus soltanto sul Pnrr perchè ha insediato un comitato che si occupa di questo”.
“Legami tra clan albanesi e Casamonica” – Tra le mafie in ascesa, gli analisti dell’Antimafia segnalaziono i clan dell’Albania. “Le organizzazioni criminali albanesi manifestano un’alta pericolosità e una forte incidenza nelle attività illegali, con particolare riferimento al traffico di droga. Si tratta di sodalizi ben strutturati e sorretti da una forte componente solidale poiché rafforzate al loro interno da legami parentali. Le organizzazioni albanesi si sono rivelate particolarmente adatte anche a livello internazionale, oltre che capaci di interloquire direttamente con i cartelli sudamericani per l’importazione, dai Paesi tradizionalmente produttori, di ingenti quantità di cocaina. A tal proposito, molte attività antidroga condotte in diverse regioni italiane hanno accertato sinergie operative della criminalità organizzata albanese con la criminalità autoctona”, si legge nel rapporto. Che documenta anche i legami tra gli albanesi e i clan autoctoni. “Su Roma la criminalità mafiosa albanese ha stretto rapporti con la malavita organizzata romana, in primis i Casamonica, non solo per il traffico di droga ma anche per le attività di riciclaggio”.Per Mario Conio, capo del centro operativo di Roma della Dia “gli albanesi, da un punto di vista di impatto criminale, sono gli eredi dei Casamonica. Hanno lo stesso imprinting, in cui la violenza è il modo in cui si esprimono sul territorio”. Sulle mafie italiane, invece, è la ‘Ndrangheta che resta “riferimento tra le mafie tradizionali. Bisogna considerare che storicamente Roma è anche legata alla camorra dove il ruolo di Senese nel tempo è stato centrale nelle dinamiche criminali”.