Il ministro degli Esteri Antonio Tajani lo ha detto chiaramente: “All’Italia spetta una vicepresidenza di Commissione e un commissario di serie A“. I presupposti, sulla carta, ci sono tutti: l’Italia è un Paese fondatore, uno di quelli più popolosi e che, di conseguenza, esprime ben 76 seggi in Parlamento. E molti di essi sono marcati Fratelli d’Italia, visto l’ottimo risultato ottenuto alle ultime elezioni. Nonostante Giorgia Meloni si trovi in una posizione favorevole in Europa, quasi necessaria alla maggioranza per ottenere un sostegno più solido alla conferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione, il principale problema della presidente del Consiglio è che di nomi adatti a ricoprire cariche di peso in Europa ne ha ben pochi.

La carta Belloni
Il nome sulla bocca di tutti in queste settimane è quello della direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) e diplomatica di carriera, Elisabetta Belloni. Non una nomina politica, quindi, a testimonianza del fatto che nella classe dirigente di Fratelli d’Italia è difficile individuare nomi adatti a ricoprire incarichi di così alto livello internazionale. Se confermata la struttura dell’ultima commissione von der Leyen, infatti, sotto la presidente sono previsti sette commissari che sono anche vicepresidenti, di cui tre esecutivi, in una struttura piramidale che dà a questi la supervisione sui commissari semplici. Per ricoprire un ruolo del genere è necessario anche presentare candidati di un certo spessore. Belloni, se si guarda il curriculum vitae, lo è in ambito diplomatico, anche se soprattutto in patria: capo dell’Unità di Crisi del Ministero degli Affari Esteri dal 2004 al 2008, segretario generale della Farnesina dal 2016 al 2021 e adesso, dal maggio 2021, a capo del Dis. Tutti incarichi che, tra l’altro, ha ottenuto sotto i governi Berlusconi, Gentiloni e Draghi, senza mai quindi un legame ufficiale con FdI.

La sua storia professionale, lontana dalla politica, limiterebbe il suo profilo ai pochi incarichi all’interno della Commissione che prevedono attività diplomatica a livello internazionale. Il problema è che, se confermati i nomi sui quali si sta discutendo in queste ore tra i 27 Stati membri, lo slot di Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Ue andrebbe all’estone Kaja Kallas. Le altre posizioni in linea con l’esperienza di Belloni sarebbero quelle di commissario per la Gestione delle crisi, quello al Vicinato e allargamento o ai Partenariati internazionali. Tutti incarichi, però, tutt’altro che “di serie A”. Una poltrona di peso e in linea con il ruolo dell’Italia in Europa è quello di commissario agli Affari Interni che si occupa anche del dossier immigrazione. Una partita che sarebbe però rischiosa per FdI: mettersi a capo in Ue di uno dei punti principali del suo programma di governo e non riuscire, magari, a ottenere risultati visibili si rivelerebbe un’arma pericolosissima in termini di consensi.

I ‘vecchi’ che tornano
Se invece la scelta di FdI dovesse ricadere su figure di maggiore esperienza, anche governativa, tra i tecnici di area si trovano nomi come quello di Giulio Terzi, ex ministro degli Esteri del governo Monti, che però ha un profilo simile a quello di Belloni, essendo un ambasciatore, e quindi con gli stessi problemi di collocamento all’interno della futura Commissione. Un altro papabile in ambito economico potrebbe essere, invece, Giulio Tremonti, ex vicepresidente del Consiglio e tre volte ministro dell’Economia sempre con Silvio Berlusconi presidente del Consiglio. Oggi Tremonti siede alla camera con Fratelli d’Italia, dove presiede anche la Commissione Affari esteri e Comunitari. Un profilo, il suo, con competenze in campo economico ma con anche un lungo trascorso politico e di relazioni comunitarie. Un nome che sarebbe adatto alla carica di commissario per gli Affari Economici se non fosse per il fatto che quella poltrona l’Italia la occupa già con Paolo Gentiloni. Un nuovo mandato italiano con un nome diverso sarebbe quantomeno irrituale, ma non da escludere. Anche perché nel ruolo di vicepresidente esecutivo per un’economia al servizio delle persone e commissario per il Commercio è stato riproposto dal suo Paese il lettone Valdis Dombrovskis. Nella struttura attuale, Gentiloni rispondeva proprio al politico del Ppe, una posizione che l’Italia non vorrebbe accettare, e c’è da credere che anche Tremonti vorrebbe maggiore autonomia. Il deputato è stato infatti, insieme all’allora primo ministro del Lussemburgo Jean-Claude Juncker, uno dei principali sostenitori della creazione di eurobond, poi nati solo molti anni dopo per finanziare i fondi del Next Generation Eu. Adesso di debito europeo si è tornati a parlare per finanziare lo sviluppo della Difesa e il suo nome, quindi, non sarebbe totalmente da escludere.

Più complicato, vista la situazione non certo rosea dei conti italiani, aspirare alla poltrona di Johannes Hahn di commissario al Bilancio, mentre se Thierry Breton decidesse di cambiare aria o venisse proposto dalla Francia in quella che potrebbe diventare la principale novità in Commissione, ossia la delega alla Difesa, un profilo come Tremonti potrebbe essere adatto anche come commissario per il Mercato Interno e i Servizi. Anche se su questo pesano casi come la procedura d’infrazione Ue per l’Italia sulla questione dei balneari.

Attingere dal governo
L’alternativa è quella di attingere dalla formazione di governo. E in questo caso uno dei nomi papabili, magari proprio nel caso della creazione di un commissario alla Difesa, sarebbe quello di Guido Crosetto. Con il tema della ricerca, dello sviluppo e della produzione nel campo della Difesa al centro dei programmi politici della maggioranza, si parlerebbe di una poltrona molto appetibile e che l’attuale ministro, per il ruolo svolto non solo a livello governativo, potrebbe ricoprire. Sempre che l’esecutivo italiano decida di privarsene. Come detto, però, ci sarebbe da superare la concorrenza di Parigi.

Compromesso sul commissario in cambio della presidenza del Parlamento?
L’ultimo scenario, meno probabile perché oggetto di discussione già in queste ore per stabilire le principali cariche europee, è quello che vedrebbe l’Italia rinunciare a un commissario di peso e a una vicepresidenza, accontentandosi di avere un ruolo secondario a Palazzo Berlaymont con la promessa di esprimere nuovamente la figura di presidente del Parlamento quando tra due anni e mezzo scadrà il mandato di Roberta Metsola, destinata a correre per le Politiche nel suo Paese, Malta. A quel punto, Fratelli d’Italia potrebbe puntare alla principale poltrona della Plenaria. Un’indicazione sul possibile nome arriverà solo quando verranno decisi i vicepresidenti tra gli eurodeputati eletti.

Al momento, però, si sta parlando solo di scenari possibili. Le trattative per gli incarichi europei sono entrate nel vivo e, si sa, possono subire stravolgimenti repentini in qualsiasi momento. Starà al governo di Roma cercare di mantenere una posizione di rilevanza rispetto alla futura maggioranza europea. Viceversa, verrebbe facilmente e velocemente escluso dalle posizioni che contano.

Twitter: @GianniRosini

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