Non sarà un nuovo 2019“, si sono affrettati a dire i leader all’uscita dall’ultima cena informale dei capi di Stato e di governo Ue. Quello che sembrava un accordo già fatto sulle nomine europee si è arenato nella notte di lunedì. Solo dei piccoli particolari, assicurano però i presenti al summit, l’Ue è convinta di puntare su un bis di Ursula von der Leyen alla Presidenza della Commissione, con il portoghese Antonio Costa alla guida del Consiglio Ue, Roberta Metsola confermata a capo del Parlamento e la estone Kaja Kallas che diventerebbe Alto rappresentante per la Politica Estera.

La fumata nera aveva minato le certezze della vigilia, ma nella giornata di martedì i leader europei hanno tenuto a sottolineare che non c’è alcuna rottura. Anzi, l’intesa sarebbe in dirittura d’arrivo: “Vorrei assicurarvi che siamo molto vicini a raggiungere un accordo – ha dichiarato il primo ministro polacco e uno dei due capo-negoziatori del Ppe, Donald Tusk – È molto probabile che Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Kaja Kallas assumano posizioni di vertice”. Anche Manfred Weber, presidente del Partito Popolare Europeo, e il premier croato Andrej Plenkovic confermano che nessuna opposizione è emersa sul nome di von der Leyen. Il tedesco ha anche chiarito che nemmeno il presidente francese, Emmanuel Macron, ha avuto niente da obiettare: “Su quello che pensa Emmanuel Macron, bisogna chiederlo a lui, posso solo valutare che durante la riunione del Consiglio di ieri c’è stato un ampio e schiacciante sostegno per von der Leyen e questo sta creando molta stabilità. Il Ppe ha vinto le elezioni e il nostro candidato principale diventerà presidente della Commissione”, ha detto.

Poi ha voluto lanciare un segnale di fermezza proprio ai liberali di Renew, spingendo così verso un’alleanza che sia più spostata a destra, come negli auspici suoi e del suo collega di partito, Antonio Tajani: “Abbiamo anche già trovato un’intesa comune su ulteriori nomi – aggiunge – I Socialisti stanno proponendo Costa e i liberali propongono Kallas, il che è già un passo importante perché ora abbiamo chiarezza da questi due partiti. Questa è una buona base per ulteriori negoziati al tavolo e ciò accadrà nei prossimi giorni. Il punto di partenza del Consiglio è prima di tutto la stabilità, il che significa che vogliamo trovare un’intesa comune e che ci occuperemo degli interessi dei cittadini. Voglio assicurarmi e chiarire che tutti gli accordi sulle personalità devono essere basati sulla programmazione. Le persone vogliono vedere un cambiamento. La gente vuole vedere un altro volto dell’Europa. È un’Europa di centrodestra quella per cui ha votato la gente. I liberali e i Verdi sono i grandi perdenti di queste elezioni. Ecco perché è chiaro che nella direzione politica dei prossimi cinque anni c’è un’Europa di centrodestra e tutte le persone proposte per i top job devono riflettere su questo. La gente ci ha detto cosa dobbiamo fare e tutti devono rispettarlo”.

Anche Tajani lancia le sue frecciate indirizzate in particolare a Francia e Germania che, secondo alcune fonti, avrebbero cercato di isolare Giorgia Meloni durante il vertice di lunedì per impedirle di trovare un’intesa su una maggioranza che guardi ai Conservatori europei e non ai Verdi: “Ieri non ero alla riunione di Bruxelles ma certamente c’è sempre un tentativo di imporre delle scelte da parte di alcune forze che hanno perso le elezioni, di imporre la legge del perdente – ha detto – Non si può cercare di modificare l’esito elettorale e la volontà dei cittadini con operazioni di palazzo. Bisogna tener conto dell’esito elettorale, serve aprire le porte della maggioranza a Ecr, non ai Verdi”.

Nelle trattative potrebbe essere finito anche il sostegno al premier olandese, Mark Rutte, per succedere a ottobre al segretario generale della nato, Jens Stoltenberg. Da quanto appreso da Ilfattoquotidiano.it, insieme alle richieste del Ppe di vedersi riconosciuto il diritto a esprimere il presidente del Consiglio Ue nella seconda metà della legislatura, è stata sollevata anche la questione sulla politica estera: con Kallas e Rutte rispettivamente Lady Pesc e segretario Nato, di fatto la diplomazia del blocco occidentale sarebbe interamente appaltata ai liberali. Scoglio che sembra essere stato superato, date le dichiarazioni del premier ungherese Viktor Orban e del presidente slovacco Peter Pellegrini che fino a oggi avevano mostrato delle resistenze. “Con il segretario generale della Nato abbiamo concordato che nessun membro del personale ungherese prenderà parte alle attività dell’Alleanza in Ucraina – ha annunciato Orban – e nessun fondo ungherese sarà utilizzato per sostenerle. Il nostro prossimo passo questa settimana è stato quello di garantire che questo accordo possa resistere alla prova del tempo. Il premier Mark Rutte ha confermato il suo pieno sostegno a questo accordo e continuerà a farlo. Alla luce di questo impegno, l’Ungheria è pronta a sostenerlo alla guida della Nato”.

X: @GianniRosini

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