In principio era la connettività. Poi è arrivata – troppo in anticipo – la suggestione guida autonoma, prima dell’ondata inarrestabile dell’elettrico ancora in via di sviluppo e di risoluzione dei suoi annosi problemi. E il cerchio ora si chiude tornando al punto di partenza. alla connettività, appunto. Padre e madre di tutta l’IA, l’Intelligenza Artificiale sta sconvolgendo il mondo fuori dalle quattro ruote, con chatGPT. E di fatto sta tentando di replicare l’impresa anche all’interno dell’industria automobilistica.
Lo dicono i numeri emersi dall’analisi dell’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School, con la direzione scientifica dei prof. Fabio Orecchini e Luca Pirolo. Numeri che disegnano un quadro molto chiaro. Entro il 2030 il 90% del mercato mondiale dell’auto sarà costituito da veicoli dotati di intelligenza artificiale, nelle sue varie forme e considerando che nel 2021 si era fermi al 3,4% si intuisce la portata del fenomeno. Sempre entro quella data gli investimenti delle Case auto nell’IA arriveranno a oltre 70 miliardi di dollari, per una crescita del 20-30% e di 10 miliardi di dollari l’anno, mentre entro la fine del prossimo anno il valore generabile dall’auto grazie all’IA supererà i 200 miliardi.
E non finisce qui: a oggi l’IA già presente e utilizzata sulle autovetture è appena al 20-30%, con la previsione, sempre al 2030, di raggiungere il 100%, grazie alla nuova generazione di veicoli, come si dice in gergo, definiti da software. Il che, trasformato in numeri, significherà raggiungere il 15-20% del valore generato da tutto il settore. Parliamo di 650 miliardi di dollari di fatturato attesi. Con i firnitori che passeranno da 236 a 411 miliardi, mentre le case andranno da 87 a 248 miliari tripicando il valore attuale.
Gli investimenti digitali nell’automotive sotto forma di Intelligenza Artificale, insomma, stanno producendo un impatto impressionante, sotto tutti i punti di vista. Perché, oltre i numeri, bisogna intendersi su cosa significhi davvero Intelligenza Artificiale a bordo di un’auto. L’Osservatorio della Luiss ha definito l’auto con IA Automobile Sapiens: una sorta di primo uomo – pardon auto – primitiva, un veicolo in grado di interagire con chi lo guida e il contesto che lo circonda, elaborando informazioni, apprendendo e agendo autonomamente secondo modi e criteri simili a quelli dell’essere umano. Il tutto grazie a software e unità di calcolo sempre più potenti, sia quelle a bordo, che quelle raggiungibili con una connettività che ne dilata enormemente la capacità decisionale, offrendo possibilità di personalizzazione inedite e presto anche portabili su diversi veicoli e in vari ambiti di esperienza. Insomma, l’Automobile Sapiens rappresenta un formidabile terminale di raccolta dei dati, in grado di potenziare anche altri sistemi di Intelligenza Artificiale.
E qui si rischia di entrare nel tunnel del paradosso, certificato, per quanto intelligente. In fondo, nemmeno troppo artificiale. Anzi piuttosto concreto. Perché l’impatto dell’IA genera implicazioni di varia natura che fin quando rimangono nell’orbita tecnologica, legislativa, economica e sociale è gestibile in maniera abbordabile. Ma quando entra nei meandri dell’etica e della sostenibilità, si fa un po’ più complessa. Un conto infatti è parlare, gestire dispositivi wireless e sistemi drive by-wire, i sistemi di riconoscimento facciale degli occupanti, comandi gestuali attivabili con movimenti del corpo, assistenti vocali e interattivi, climatizzazione biometrica e gli stessi sistemi di elaborazione delle informazioni attivo ed interattivo rispetto a tutte le infrastrutture di riferimento. Un altro quando si entra nel campo dei dati sensibili. Quando cioè l’IA dimostra di saper creare un rapporto emozionale con l’utilizzatore, leggendo addirittura lo stato d’animo di chi guida e dei vari passeggeri. Semplicemente perché qui entriamo nel campo della libertà personale. Chi ha detto che tutti vogliano farsi leggere quello che hanno in testa?
Ma ancora meno convincente è l’aspetto che riguarda la sostenibilità, visto l’altro impatto dell’IA a bordo dei veicoli: quello sui consumi energetici. I server necessari all’IA concuma all’anno infatti qualcosa come 29,3 TWh, pari a quello di un paese come l’Irlanda. E si prevede di arrivare già nel 2027 tra gli 85 e i 134 TWh, pari cioè a quasi il 50% del fabbisogno elettrico italiano attuale.
Dati questi che da una parte preoccupano e dall’altra fanno sorridere. L’incremento della richiesta di energia per alimentare questa fame di IA è infatti in palese contrasto – di fatto rischia di annullarli – con gli sforzi che l’industria auto sta facendo con l’elettrificazione della mobilità. Il cloud, i supercomputer di bordo sempre più grandi e potenti, a oggi rappresentano l’1-1,3% del consumo mondiale di elettricità (cioè l’1% della CO2). Numero destinato a triplicarsi entro il 2030 grazie alla rivoluzione appena descritta. Sicuri che sia questo il modo di lasciare un mondo sostenibile ai nostri figli?