Mondo

Francia, nessun argine delle imprese contro Le Pen come sperato da Macron. La comunità degli affari ammicca timidamente dell’estrema destra

Nella normalizzazione dell’estrema destra francese c’è un fattore cruciale e, forse, determinante per i risultati elettorali. È il modo in cui si sta orientando e posizionando la comunità imprenditoriale e finanziaria del paese che contro il Rassemblement national non sta certamente alzando le barricate. Anzi, gli ammiccamenti con la forza di Marine Le Pen e Jordan Bardella si moltiplicano. Il partito di estrema destra è visto da tanti come un male minore rispetto alla nuova sinistra. C’è una convinzione, piuttosto diffusa, di potere più facilmente orientare a proprio favore le politiche di un governo di destra mentre le politiche annunciate dalla sinistra sono percepite come una minaccia più difficile da contrastare. Storia insegna che, quasi sempre, quando la sinistra fa paura, il mondo imprenditoriale non si fa molti scrupoli ad appoggiare anche le destre più estreme.

Eppure nella sua scommessa elettorale Emmanuel Macron ha fatto delle puntate importanti su una mobilitazione a suo favore del mondo degli affari. Il suo ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, non si stanca di lanciare allarmi sui guai che deriverebbero dalla vittoria elettorale dei concorrenti. Si prospetterebbero, avvisa Le Maire, le possibilità di un collasso economico e di un’uscita della Francia fuori dall’euro. Le Maire ha fatto appello agli imprenditori affinché prendessero una posizione chiara. Tuttavia la risposta è stata timida, al di sotto delle speranze del ministro. La Confindustria francese (Medef) si è inizialmente limitata a ricordare i benefici della riforma Macron (più flessibilità nel lavoro e meno tasse alle imprese) e a ribadire il vantaggio di essere parte dell’Ue. Una posizione un po’ più decisa è emersa solo mercoledì quando in un’intervista a Le Figaro, il presidente degli industriali, Patrick Martin, ha detto che le proposte economiche del Rassemblement National (Rn) e del Nouveau Front Populaire sono “pericolose per l’economia”. “Se questi programmi dovessero concretizzarsi nel 2024 o dopo, avverte, causerebbero aumenti delle tasse, la fuga degli investitori stranieri, nonché massicci fallimenti aziendali”.

I dubbi degli imprenditori sono tanti. Un’affermazione dell’estrema destra significherebbe meno immigrati da impiegare? Si chiedono, ad esempio, le industrie edili. Con Bardella premier la fiducia dei mercati quanto ne risentirebbe? Il settore turistico è preoccupato dalle proteste che potrebbero disseminarsi nel paese dopo un’affermazione dell’estrema destra, proprio nei cruciali mesi estivi. L’industria delle rinnovabili è in ansia per la promessa di Marine Le Pen di una moratoria sull’energia verde. In attesa di capire come girerà il vento e con quale forza soffierà, molti molti investimenti sono congelati. “Per la prima volta ho visto la paura negli occhi dei grandi industriali”, dice al quotidiano economico Lec Echos un consulente d’impresa.

Intanto, uno degli uomini d’affari più importanti ed in vista di Francia, il finanziere Vincent Bolloré, capo di Vivendi (che in Italia possiede il 23,7% di Telecom e il 23,8% di Mediaset) da tempo tesse la tela dell’ alleanza tra National Rally di Bardella e i più moderati Repubblicani di Éric Ciotti. Il leader dei Repubblicani è stato sfiduciato dal suo partito proprio sull’ipotesi di una piena alleanza con l’estrema destra ma le due forze hanno comunque concordato diverse intese territoriali.

Il quotidiano inglese Financial Times riferisce di come si stiano intensificando i contatti dei vertici delle principali aziende francesi con il partito di Marine Le Pen. Quattro alti dirigenti e banchieri hanno detto di essere più preoccupati dal programma economico della sinistra che da quello della destra estrema. Le proposte dei primi vengono percepite come radicalmente anti capitaliste, più difficili da contrastare e/o annacquare. Il Nuovo Fronte popolare parla di rimandare al 2023 il ritorno del deficit sotto al 3%, di 106 miliardi di nuove spese, l’abrogazione della riforma Macron per alzare l’età della pensione, blocco dei prezzi dei beni di prima necessità e riduzione della flessibilità nel mercato del lavoro.

Incontri a porte chiuse tra Bardella e i capi di grandi imprese quotate si susseguono. Jean-Philippe Tanguy, un deputato del Rassemblement national che si occupa delle politiche economiche, ha affermato di aver ricevuto chiamate da lobbisti, investitori e aziende desiderosi di comprendere meglio i piani del partito e di quindi aver fornito rassicurazioni sull’attenzione alla sostenibilità per le finanze pubbliche nell’attuazione di promesse elettorali su pensioni, disoccupazione e riduzione dell’Iva. Un altro manager ha affermato che, per le imprese, scegliere tra queste destra e sinistra è un po’ come optare “per la peste o per il colera”.

Altri sono meno pessimisti. Così come successo in Italia, l’appartenenza all’euro e la quasi impossibilità di uscirne, faranno sì che chiunque venga eletto si troverà costretto a sottostare ai vincoli imposti dale regole di bilancio e dai mercati. Tutte le promesse elettorale più ardite e impattanti sui conti pubblici dovranno essere sensibilmente ridimensionate. È quel vincolo esterno che in Italia ben conosciamo, sintetizzato con efficacia da un’espressione usata da Mario Draghi nel 2013 secondo cui, piaccia o meno, i paesi euro viaggiano ormai con una sorta di “pilota automatico” che nessuno ha il coraggio e/o la forza di disinnescare. Avvertimenti da parte dei mercati ne sono già arrivati. Lo spread francese è sui valori più alti di sempre per effetto di un’impennata dei rendimenti dei titoli di Stato di Parigi. Tutto già visto, qui da noi.