Politica

Con l’inchiesta di Fanpage i nodi vengono al pettine: perciò rifiutai la Commissione Colosimo

Mercoledì pomeriggio il Partito Democratico alla Camera userà il question time per interrogare il ministro Piantedosi sulla vicenda della Gioventù Nazionale balzata al disonore delle cronache grazie al prezioso lavoro di Fanpage ed io spero che finalmente tutti i nodi vengano al pettine, compreso quello della On. Chiara Colosimo, attualmente presidente della Commissione parlamentare Antimafia.

L’interrogazione parlamentare firmata dalla stessa Elly Schlein chiederà al ministro Piantedosi di intervenire per impedire ogni forma di propaganda legata al fascismo (oltre che di verificare se all’interno della giovanile operino volontari del Servizio Civile nazionale finanziato dallo Stato), con riferimento alle molteplici, spudorate, inquietanti manifestazioni di fede fascista documentate da Fanpage.

Tra queste mi ha colpito particolarmente quella dedicata alle “bravate” dei nar, il gruppo terroristico con all’attivo decine di omicidi e la strage di Bologna. Ad evocare questi criminali neo fascisti che tanto hanno avuto a che fare con la più recente ignobile storia eversiva italiana, avviluppata a trame politico-mafiose non ancora del tutto chiarite, è un’altra stella nascente nel cosmo meloniano, un’altra giovane e ardimentosa donna, Flaminia Pace che quando si rivolge ai “suoi” al riparo dalla pubblica opinione, dice di voler votare tre volte Duce alle elezioni europee (ma verosimilmente avrà poi votato più pragmaticamente “Giorgia”!), insulta i “negri” ed autorizza i militanti di Gioventù Nazionale a scrivere “Boia chi molla” per coprire scritte anti fasciste.

Insomma, a guardare l’inchiesta di Fanpage, si ha l’impressione che il “pantheon” della Gioventù nazionale proprio non si limiti alle vecchie glorie del ventennio, meritevoli di busti e pellegrinaggi, ma abbracci i protagonisti più recenti di quel movimento mai sepolto che vede nel 1945 soltanto una accidentale sconfitta sul piano militare e che mai ha sopportato (e sopporta!) la democrazia pluralista e parlamentare consegnataci dalla Costituzione repubblicana ed anti fascista del 1948.

In questo quadro desolante ed inquietante forse potrà essere meglio apprezzata anche la fotografia che ritrae l’attuale presidente della Commissione Antimafia Colosimo, abbracciata a Luigi Ciavardini, che della tragica avventura dei nar è stato un artefice.

La fotografia, scovata da Report oltre un anno fa, precipitò come un ciclone sul percorso trionfale della Colosimo, meloniana di ferro, quando era ormai ad un passo dallo scranno più alto di Palazzo San Macuto. Allora soltanto un gruppo di intransigenti familiari di vittime del terrorismo e della mafia si prese la briga di pubblicare un appello rivolto ai vertici della maggioranza per scongiurare il pericolo che a presiedere l’antimafia andasse una persona con quelle manifeste simpatie. La Colosimo abbozzò, parlando di attività istituzionali nelle carceri, la maggioranza tirò dritto e il danno fu fatto.

Oggi quella fotografia appare come la tessera di un mosaico ritrovato e calza perfettamente. Niente di casuale, semplicemente l’epifania di quel pantheon.

Allora, il 26 maggio del 2023, nell’anniversario della strage di Via dei Georgofili, pure io presi carta e penna per scrivere, riservatamente, ai vertici del Partito Democratico: condividendo senz’altro l’appello dei famigliari delle vittime, ritiravo la mia disponibilità ad essere nuovamente proposto come consulente della Commissione Antimafia (ruolo che avevo ricoperto per tutta le XVIII Legislatura). I Consulenti sono approvati e nominati dal Presidente della Commissione ed hanno con questi un rapporto di leale collaborazione istituzionale: non poteva più fare per me.

Oggi rivendico pubblicamente quella scelta perché ritengo che la resistenza democratica giustamente da più parti invocata dato che il Parlamento discute di premierato, di autonomia differenziata, di separazione delle carriere in magistratura, di cancellazione di reati spia come l’abuso d’ufficio, per tacere dei continui attacchi alla libertà di stampa, richieda anche atti di concreta obiezione di coscienza. Quella obiezione di coscienza che tale è perché ha dei prezzi da pagare, non ultimo quello della solitudine.

Sono passati tredici mesi dalla pubblicazione di quella fotografia, tredici mesi nei quali la Presidente dell’Antimafia è stata “normalizzata” un po’ da tutti, in nome della continuità istituzionale. Tredici mesi nei quali ha potuto così dare un grande contributo alla narrazione illusoriamente rassicurante di questa destra in rosa pastello di eredi-al-quadrato (del Duce e di Berlusconi). Può bastare? La difesa della Costituzione credo passi anche da qui.