Il caso ha voluto che il rapporto annuale dello Svimez uscisse proprio nel giorno in cui l’autonomia differenziata cara alla Lega diventa legge. E che dentro ci sia scritto che lo scorso anno il pil del Sud è cresciuto più della media italiana, +1,3% contro +0,9%, grazie all’aumento degli investimenti pubblici legati al Pnrr. A Giorgia Meloni, Roberto Calderoli e altri esponenti di maggioranza non è parso vero: se l’economia galoppa – è la loro equazione – significa che la scelta di mettere fine alle “politiche meramente assistenziali” del passato e assicurare “più autonomia e sussidiarietà” è corretta. Nessuno pare aver notato due particolari non secondari: i dati diffusi dall’associazione che promuove lo studio delle condizioni economiche del Mezzogiorno riguardano lo scorso anno e nulla dicono su cosa succederà in seguito al varo della riforma. E in mattinata il direttore generale della Svimez, Luca Bianchi, ha ribadito che il giudizio sul ddl è una completa bocciatura.

Per il ministro degli Affari regionali il fatto che “in questo giorno storico ci siano dati positivi soprattutto per il Sud” è un “segnale positivo e incoraggiante” del fatto che “essere consapevoli delle proprie potenzialità e saperle esprimere al meglio può essere vincente per ogni regione d’Italia, e vale per tutti”. Quindi? “L’Autonomia è un’opportunità che va proprio in questa direzione, una sfida da cogliere che può valorizzare le differenti eccellenze dei territori”, il ragionamento dell’esponente del Carroccio. Identico a quello della premier e del sottosegretario di Stato al Mit, Tullio Ferrante, secondo cui “i dati diffusi dallo Svimez rappresentano la cartina di tornasole delle politiche di sviluppo che il centrodestra al Governo sta mettendo in campo”.

Peccato che poco prima Bianchi avesse avvertito che “con l’autonomia differenziata probabilmente non avremmo avuto una crescita così sostenuta”. E definito il ddl “un rischio enorme, una prospettiva che non solo è pessima per il Sud ma indebolirà la capacità competitiva del Paese”. Per l’economista il Sud “ha bisogno di investimenti e di una politica coordinata a livello nazionale, se non addirittura a livello europeo come per il Pnrr. L’autonomia è un modello opposto di frantumazione di politiche” e “porterà un progressivo disinvestimento nelle regioni del Mezzogiorno, deprivando dal potenziale di crescita il Sud e aumentando la dipendenza dell’economia del Nord dalla Germania”. Si tratta “di un modello contrapposto a quello di coordinamento”, un modello di “frammentazione”. Lo scorso aprile, in audizione, il presidente Svimez Adriano Giannola ha fatto presente che realizzare l’autonomia differenziata è impossibile senza le risorse per ridurre i divari, a partire dai livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e dalla perequazione infrastrutturale. L’accelerazione impressa dal governo, ha aggiunto, “pare interferire con queste basilari questioni, pregiudicando le finalità di equità e solidarietà nazionale del federalismo”.

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