La conferenza di Svizzera per la pace in Ucraina “è stata una cosa utile, certo aveva il limite che è stato rilevato da molti degli oratori di non avere la presenza della Russia. La pace si fa sempre insieme”. Così il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, a margine dell’evento ‘Colloqui per la pace’ a Palazzo Madama. “Ho sentito, e questo mi è piaciuto, da parte di molti: ‘noi non siamo in guerra con la Russia, ma siamo qui per cercare una via di pace tra Russia e Ucraina’. È una pace, soprattutto, come ho ricordato, con questo aggettivo ‘giusta’ che si fonda sui principi del diritto internazionale e alla stretta adesione alla Carta dell’Onu”. Sugli appelli inascoltati del Papa per fermare lo stop della proliferazione delle armi “ci sono grandi interessi economici in gioco. Quando sono quelli i criteri che guidano anche le persone e che guidano i gruppi e i governi, è logico che il Papa può giustamente invocare uno stop alla proliferazione delle armi ma certamente questo appello non sarà ascoltato. Comunque – spiega Parolin – il Papa è coraggioso perché continua ad insistere, questo è un tema su cui batte e ribatte e speriamo che un po’ alla volta riesca a fare breccia. Poi c’è il discorso che ci si arma perché non c’è fiducia nel vicino”. Poi Parolin, in merito alle forze politiche che si interrogano se debbano continuare a mandare armi in Ucraina e se questo rallenti o no il processo di pace, ha detto: “Dico che l’unica maniera per risolvere questo problema è mettersi insieme e cominciare a parlarsi senza condizioni. Allora in quel momento si potrà fermare anche l’invio delle armi. Secondo me c’è un passo precedente che è proprio quello di riuscire ad avviare negoziati tra le due parti anche magari in forma discreta e riservata. Ma che le due parti comincino a parlarsi”. Quindi anche Putin è invitato al tavolo? “Certamente. La pace si fa tra loro due, altrimenti se non c’è uno dei due non c’è la pace”.
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