Dopo i continui depistaggi e l’ostruzionismo portato avanti dal regime egiziano di Al Sisi, fin dai primi tentativi di accertare la verità sul sequestro, le torture e l’omicidio di Giulio Regeni, ora dal Cairo si registra un nuovo tentativo di frenare e stoppare il processo in corso in Italia. Imputati sono i quattro 007 egiziani: Usham Helmi, il generale Sabir Tariq e i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati del reato di sequestro di persona pluriaggravato (mentre al solo Sharif sono contestati anche i reati di concorso in lesioni personali aggravate e di concorso in omicidio aggravato, ndr).

Nei giorni scorsi, come ha raccontato il pm Sergio Colaiocco nel corso dell’udienza prevista nell’Aula bunker di Rebibbia, è emerso come la Farnesina abbia trasmesso ai pm di Roma una nota della Procura Generale del Cairo in cui si afferma che è “impossibile eseguire le richieste di assistenza giudiziaria” per fare ascoltare quattro testimoni egiziani nel processo. Per l’udienza di oggi era stato infatti lo stesso procuratore aggiunto, Sergio Colaiocco, a citare in particolare il sindacalista Said Abdallah, la coordinatrice del Centro per i diritti economici e sociali, Hoda Kamel Hussein, e Rabab Ai-Mahdi, la tutor di Regeni al Cairo, oltre a un teste ‘zeta’ (nome secretato, per ragioni di sicurezza, ndr). Invano, di fronte al nuovo rifiuto del Cairo. La Procura capitolina ha così chiesto alla Corte d’Assise di potere acquisire le testimonianze dei testi “assenti” raccolte nel corso delle indagini.

“Siamo in presenza di persone che non hanno scelto liberamente di non essere qui. Le abbiamo tentate tutte per portare i testimoni. Alcuni hanno riferito di essere stati minacciati e di temere per la propria vita e dei propri familiari”, ha spiegato davanti alla Corte d’Assise Colaiocco. Parlando di un altro ‘fine’, di carattere ‘strumentale’ portato avanti dal Cairo. Ovvero, quello di “bloccare il processo, tentare di impedire che si possano acquisire tutti gli elementi raccolti per pervenire a un esame il più possibile completo della responsabilità dei quattro imputati”.

Nei fatti, un nuovo schiaffo anche a chi, governi italiani compresi, nel corso degli anni fino a oggi ha continuato a parlare di ‘collaborazione’ da parte del Cairo, normalizzando in maniera sempre più evidente i rapporti commerciali, economici e di collaborazione con il regime di Al Sisi. Secondo la legale dei genitori di Giulio Regeni, Alessandra Ballerini, “nonostante tutto l’impegno profuso dalla procura e nonostante le richieste formali che sono state poste in essere dalla Farnesina, è innegabile l’ostruzionismo egiziano che pare a questo punto insormontabile”. E ancora: “Un ostruzionismo che anche per le argomentazioni che abbiamo sentito dal pubblico ministero, è del tutto illegittimo. Quindi il problema è l’ostruzionismo egiziano”. Certo, ha aggiunto, rispetto a chi ha rivendicato negli anni una presunta cooperazione con le autorità del Cairo, “è chiaro che non c’è collaborazione. Chi parla di collaborazione mente“. Parole, quelle su una presunta cooperazione in realtà sempre smentita dai fatti, più volte evocate anche dal governo Meloni, Farnesina compresa.

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