“Io sono in Egitto solo per la ricerca, non decido sui soldi“. Queste le parole di Giulio Regeni, pronunciate nel corso di un incontro del 7 gennaio 2016 con il rappresentante del sindacato degli ambulanti del Cairo, Said Abdallah, che con una telecamera nascosta nella camicia aveva ripreso il dialogo con il ricercatore friulano, su richiesta degli 007 del Cairo della National Security, il tutto all’insaputa dello stesso Regeni.
Oggi quel video, integrale, è stato mostrato nell’aula bunker di Rebibbia, nel corso del processo a carico dei quattro 007 egiziani: Usham Helmi, il generale Sabir Tariq e i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati del reato di sequestro di persona pluriaggravato (mentre al solo Sharif sono contestati anche i reati di concorso in lesioni personali aggravate e di concorso in omicidio aggravato, ndr).
Il lungometraggio mostra i contatti frequenti tra lo stesso Abdallah e gli agenti della National Security prima e dopo l’incontro con Regeni. Al centro del dialogo tra il sindacalista e lo studioso dell’università di Cambridge c’è il progetto da 10mila sterline finanziato dalla fondazione britannica Antipode e che era stato individuato da Giulio. “Cosa sarebbe questa proposta?”, interroga Abdallah, spiegando di non capire di cosa si tratti: “L’unica cosa che capisco è che ci sono 10 mila sterline. Bisogna stare attenti per non finire in galera”, spiega. Regeni risponde che i soldi devono essere “investiti in qualche progetto, qualsiasi progetto non governativo, ma affidato ai privati”. “Chiedi i soldi, perché mia figlia è malata, mia moglie deve subire un intervento chirurgico, cancro”, rivendica Abdallah. Ma Regeni è irremovibile e spiega: “Non posso usare questi soldi per situazioni private, sono soldi di un’istituzione britannica. Non sono soldi di Giulio. Non ho nessuna autorità in merito”. E, di fronte alle insistenze dello stesso sindacalista, ripete più volte di non decidere sui soldi e di non avere alcun interesse personale: “Sono in Egitto solo per la ricerca. Anche per la Gran Bretagna l’importante è che sia realizzato il progetto, io personalmente non voglio null’altro”, ripete Regeni.
Dopo l’incontro, nel video Abdallah chiama il colonnello Kamel, uno degli 007 imputati nel processo, chiedendo assistenza su come spegnere la microcamera nascosta, senza rischiare di cancellare tutto. ”Ho parlato con il ragazzo, ho paura che il video potrebbe cancellarsi. Ditemi cosa devo fare. Vengo da voi”. È la prova del ‘tradimento’. “Questo video ci dice tantissime cose: ci dice che Abdallah era un agente provocatore, che ha provato a far cadere Giulio in continui tranelli. Ci dice la purezza di Giulio e anche del suo lato accademico. Ci dice in fondo una assoluta incomunicabilità tra i due, non solo perché parlano due lingue diverse. Abdallah voleva incastrare Giulio e consegnarlo alla National Security“, ha spiegato Alessandra Ballerini, legale della famiglia che, infine, ha voluto ringraziare Pif e Stefano Accorsi che hanno doppiato, con le loro voci, le parole nel video dell’incontro tra Regeni e il sindacalista egiziano che lo attirò in trappola.