Politica

Un solo consigliere della Valsusa (e non proprio contrario all’opera): così il Movimento No Tav esce di scena dalla Regione Piemonte

Il “villaggio di Asterix” non c’è più. Il Movimento No Tav, che per molti anni è riuscito a eleggere dei propri rappresentanti nelle istituzioni locali e nazionali, sembra uscire di scena anche dalla Regione Piemonte. L’unico politico della bassa Valsusa eletto è Paolo Ruzzola di Forza Italia, non proprio contrario all’opera. Le liste civiche a forte connotazione No Tav che un tempo vincevano le elezioni comunali non sfondano più. Il tema sembra non appassionare più le folle.

Sabato pomeriggio, nel piccolo corteo partito da Susa per protestare contro le aziende impegnate nell’opera e contro le infiltrazioni mafiose (rivelate dall’inchiesta Echidna dello scorso aprile), c’erano i volti storici del movimento e ben pochi politici legati alla causa. Uno di questi è Francesca Frediani, per due mandati consigliera regionale, prima con il M5s e poi, dal dicembre 2020, con Unione Popolare. Un cambio motivato dall’atteggiamento del governo Conte, prima alleato con la Lega e poi con il Pd, sulla Torino-Lione. Al termine del corteo, alcuni manifestanti si avvicinano a Frediani: “Allora, com’è andata?”, le chiedono. Alle regionali dell’8 e del 9 giugno si era candidata a capo della lista Piemonte Popolare (composta da Unione Popolare, una parte di Rifondazione comunista e altri) e ha ottenuto l’1,5% circa, sotto la soglia del 3% che avrebbe dato un posto nel consiglio regionale. La maggior parte dei suoi voti arrivano proprio dai comuni dove la causa è più sentita e, guardando le preferenze ai singoli candidati in questi seggi, Frediani è quella che ne ha ottenuto più voti, anche se la maggioranza ha crocettato i simboli dei partiti e, alla fine, le coalizioni più ampie hanno racimolato più suffragi. “Abbiamo pagato il fatto che c’erano almeno tre forze politiche separate a portare avanti le istanze No Tav – spiega –: M5s, Alleanza Verdi-Sinistra, che ha fatto l’exploit, e ci siamo noi”, dice.

Donatella Giunti era un’altra candidata molto vicina ai No Tav. Si è schierata con Avs: “Ho preso 359 voti – afferma –. Queste elezioni per Avs sono andate bene, ha raddoppiato la percentuale e ha portato tre persone in consiglio, ma per il movimento No Tav sono andate male, di rappresentanti diretti non ne ha”. C’è il timore che gli eletti di formazioni politiche contrarie all’opera, ma estranei alla valle, non possano capire abbastanza. “Non c’è nessuno del territorio, ma bisogna vedere se c’è qualcuno che porterà avanti un’attività di ispezione, controllo e sopralluogo”, spiega Frediani.

Alla manifestazione di sabato mancavano anche i sindaci con la fascia tricolore. C’è però un’ex sindaca, Loredana Bellone, per anni alla guida del Comune di San Didero, dove c’è uno dei cantieri più importanti della Torino-Lione: “Ho fatto la vicesindaca, ho fatto la sindaca, la consigliera di maggioranza e ora sarò consigliera di minoranza”, dichiara. Nella sfida contro il vicesindaco Alberto Lorusso, Bellone ha perso. Lei rappresenta l’ala più intransigente e combattiva (“nel rispetto della legge”, precisa) degli amministratori locali: “Non ho mai nascosto la mia contrarietà. Molte persone pensano che ormai l’opera verrà realizzata e non c’è più l’impegno di prima”, spiega. Così nei Comuni si sono affermate le formazioni politici favorevoli alla Torino-Lione, oppure contrarie, ma aperte al dialogo e al confronto sulle compensazioni. “Non dicono no a priori – spiega Bellone –. Lo reputano un tema superato, finché non toccherà il loro orticello. Già adesso alcuni cittadini si lamentano del traffico di camion. A Mattie, dove è stata fatta una discarica e hanno ottenuto delle compensazioni, ora dovranno riaprirla per sversare gli scarti di amianto”.

Molte sono le ragioni per cui i politici No Tav non hanno più il sostegno di alcuni anni fa. “Il voto dei No Tav non è più decisivo come prima – ammette Francesca Frediani –. Molti sono disillusi. Noi abbiamo fatto fatica, anche perché siamo una forza politica nuova e fino all’ultimo non sapevamo neanche se saremmo stati in grado di partecipare”. “Le persone non si sentono più ascoltate – conclude Giunti –. Non è legato soltanto al Tav, ma è una sensazione più generale. Qualcuno che si interessa ancora alla Torino-Lione c’è, ma molti guardano più alla tutela della salute e del territorio, all’inquinamento da Pfas, alle discariche e al continuo movimento di camion”.

@AGiambart