Trent’anni al boss Tommaso Anello, assoluzione per l’ex assessore regionale Francescantonio Stillitani, accusato assieme al fratello Emanuele (anche lui assolto) di essere un imprenditore al servizio del clan Anello. Si è concluso così il processo di primo grado nato dall’inchiesta “Imponimento” contro la cosca Anello Fruci di Filadelfia, operativa nel territorio a cavallo tra la provincia di Vibo Valentia e il comprensorio di Lamezia Terme. Ed è proprio qui, nell’aula bunker costruita negli anni scorsi appositamente per celebrare i maxi-processi che il Tribunale di Lamezia Terme ha emesso la sentenza: su 72 imputati quasi 50 sono stati condannati. La pena più pesante, 30 anni di carcere, è stata inflitta al boss Tommaso Anello, ritenuto uno dei due capi indiscussi dell’omonima cosca assieme al fratello Rocco, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione con il rito abbreviato.

Su richiesta della Dda di Catanzaro, inoltre, il Tribunale ha condannato a 24 anni di carcere per associazione mafiosa anche Rocco Anello, omonimo dello zio e figlio del boss Tommaso Anello. Secondo i pm, tra Lamezia e Vibo Valentia la cosca Anello di Filadelfia gestiva tutto: dalle attività imprenditoriali alle estorsioni, dal traffico di droga e armi al riciclaggio passando per il controllo del voto per le regionali. A proposito di politica e imprenditoria, sono stati assolti i fratelli Stillitani attivi nel settore turistico alberghiero. Entrambi erano stati arrestati nel 2020 per concorso esterno con la ‘ndrangheta. L’ex assessore regionale, in particolare, era considerato dai magistrati “l’uomo politico di riferimento del sodalizio” e sospettato di aver garantito agli Anello denaro e assunzioni in cambio dell’“appoggio in occasione delle competizioni elettorali che lo vedevano candidato attraverso plurimi accordi politico-mafiosi”. Un impianto accusatorio che, per quanto riguarda gli Stillitani, non ha retto davanti al Tribunale di Lamezia Terme che, entro 90 giorni, depositerà le motivazioni della sentenza.

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