Perde l’Italia nella seconda gara del suo Europeo: un autogol di Calafiori regala la vittoria di misura alla Spagna. Furie rosse che però dominano la gara e sbattono contro Donnarumma, i legni, o la buona difesa degli azzurri di Spalletti. Azzurri che per la verità avrebbero potuto e magari anche dovuto fare di più in una gara che al netto della evidente differenza di valori tecnici in campo li ha visti timidi e impauriti soprattutto negli uomini chiave, quelli più attesi. Quello contro gli uomini di De la Fuente infatti era una gara importante in chiave qualificazione ovviamente, ma forse di più come test della personalità per la squadra di Spalletti. E il test della personalità in particolare, va detto, è fallito. Resta ad esempio da rivedere l’approccio iniziale: con l’Albania erano bastati venti secondi per bucare Donnarumma, stavolta il portierone evita con una prodezza di capitolare dopo due minuti: prendere gol da un piccoletto come Pedri di testa non sarebbe stato granché.

Soffri e riparti è il tema dei primi minuti: quando Nico Williams spadroneggia sull’ala sinistra e crea un paio di occasioni ghiotte per le furie rosse. Ma se in fin dei conti il “soffri e riparti” è un metodo degno del Real Madrid, se di fronte c’è un avversario più forte non si può certo storcere il naso per una giovane Italia spallettiana. Certo, il Real le ripartenze le sfrutta un po’ meglio. Forse anche un bel po’. La sensazione infatti è che al netto della fisiologica sofferenza in fase difensiva l’Italia potrebbe fare qualcosa in più nella gestione del pallone, in particolare vengono meno gli uomini che dovrebbero dare qualcosa in più: Jorginho gioca un tempo impalpabile e viene sostituito, Barella uomo della provvidenza contro l’Albania sbaglia troppo dall’inizio alla fine, Chiesa che riprese la Spagna tre anni fa con caparbietà e sfrontatezza giovanile questa volta pure fa pochissimo. La gioca con la giusta personalità invece Calafiori: l’autogol è sfortunato, ma è un pallone che gli sbatte addosso, non cambia nulla sulle prospettive di un ragazzo che si farà.

Lo schiaffo subito fa alzare un po’ l’Italia. Solo un po’, però, perché al netto dei cambi la confusione è tanta e gli errori pure: la Spagna è più forte, non c’è mistero, ma tra Le Normand, Cucurella e Laporte non certo imperforabile. E dunque alla domanda fondamentale su chi vogliano essere i ragazzi di Spalletti, ad ora non c’è risposta. Difendono non male, ma combinano pasticci. Hanno trame interessanti, ma sembrano aver paura di mostrarle, di incidere e pare mancare, cosa forse ancor più preoccupante, quell’italian style che nelle situazioni di difficoltà aiuta non poco: Chiellini su Saka, per intenderci, che bello a vedersi non è, ma alzi la mano chi griderebbe al “non si fa!”. Chiellini, già: chi è il Chiellini di questa Italia? La figura cioè che fa quel che dall’altra parte fa Dani Carvajal, prolungare tempi, accorciarli, calmare gli animi o accenderli. Tolto Donnarumma che fa il suo e pure parecchio in più vengono a mancare gli uomini simbolo in mezzo al campo: Barella su tutti che contro l’Albania era stato fondamentale, e poi Jorginho, Chiesa, Scamacca che fa troppo poco per accreditarsi stabilmente come centravanti titolare della nazionale. Insomma perdere con la Spagna ci sta, non inficia il discorso qualificazione rinviato alla gara contro la Croazia, ma stante la superiorità tecnica altrui peraltro arcinota e che se si andrà avanti nella manifestazione sarà una contingenza piuttosto comune, servirà ovviare in altra maniera se si vuol fare qualcosa di buono: tirando fuori unghie e personalità. Quelle che trasformano in gol mezza palla sporca nell’area altrui in un gol, quelle che l’avversario non passa e basta, quando sei sfavorito, come oggi, come nel 2021, funziona così.

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