Mosso da ideali, in prima fila per i diritti, auspica un mondo migliore di connessioni ed empatia. L'attore lanciato dalla serie tv "Doc-Nelle tue mani" a FqMagazine
Su Prime Video sbarca “Maschile Plurale”, il sequel di “Maschile Singolare”. Nel cast Michela Giraud, Giancarlo Commare e Gianmarco Saurino. Abbiamo incontrato Saurino qualche giorno dopo il suo exploit al Pride di Roma, dove le sue foto e i suoi video son diventati virali sui social. L’attore è uno dei più bravi della nuova generazione del cinema italiano e punta in alto, anche al mercato internazionale.
Consapevole di essere stato il più virale, fotografato e osannato al Pride dopo Annalisa?
Confesso che non ho Twitter e che uso Instagram solo per lavoro, però molti amici e anche il mio ufficio stampa mi ha mandato un sacco di screen e video in cui mi si vedo che canto e ballo sul carro del Pride. Insomma c’è stata della ‘viralità’ (ride, ndr).
Che impressione ti ha fatto?
Ovviamente mi fa molto piacere. Chiaro che salire sul carro ti espone agli occhi di tutti.
Come mai usi poco i social?
Perché la mia vita privata deve rimanere privata e non ho interesse a condividerla con gli altri. Passo talmente tanto del mio tempo in pubblico che sono molto geloso quando sono per i fatti miei.
Sai di essere una icona gay?
Non me lo sarei mai aspettato né l’ho cercato in nessun modo. Credo sia successo in maniera molto naturale grazie al film ‘Maschile singolare’ che mi ha traghettato verso la comunità. Mi piace coniugare la mia visione politica per la lotta dei diritti. Ho grande rispetto per chi lo fa da anni e sinceramente a me piace parlare di amore e non di amore omosessuale. Non c’è bisogno di etichettarsi proviamo tutti gli stessi sentimenti in egual modo.
Dopo essere stato al Pride e confrontandoti con chi ha partecipato, in che momento pensi stiamo vivendo?
In un momento storico pauroso. Credo che i diritti della comunità siano tra quelli più in pericolo.
Perché?
Perché viene dipinta sempre come pericolosa e sovversiva da quel gruppo di persone che si fanno promotori dei “diritti tradizionali”. Ma c’è proprio una cosa che non capisco ed è un ragionamento semplice.
Quale?
La narrativa è chiara: se noi diamo i diritti a tutti, questo non implica che ad altri se ne tolgano. Nessuno viene minacciato, anzi. Mi sembra chiaro. Ma questa narrativa a questo Governo non piace nel nome della “tradizione”.
Perché molti tuoi colleghi non si espongono ancora oggi?
Frequento pochissimi colleghi attori e attrici. Di base poca gente dello spettacolo che può avere potenzialmente un bacino importante per promuovere temi di sentire comune. Però penso che sia importante analizzare le situazioni col confronto, senza schierarsi in inutili tifoserie da Curva Sud o Nord.
Perché è importante esporsi?
Perché prendere posizione è molto bello, regala una visione sui diritti, si è mossi dall’ideologia. Con queste consapevolezze insieme non ho dubbi nell’affermare che a Gaza è in atto un genocidio.
Come mai hai accettato di far parte del sequel di “Maschile Singolare?”
Dopo tanti riconoscimenti per ‘Maschile Singolare’ ammetto che eravamo eravamo un po’ spaventati, diciamo così, per il sequel. Ma è stato un progetto che ci ha portato grande fortuna e così ci siamo convinti ad andare a fondo sulle storie dei personaggi, che ritroviamo dopo anni di distanza. L’ultima versione della sceneggiatura ha dato il via libera a tutto. Il mio Luca è un uomo completamente diverso dall’altro film, era quello che non doveva chiedere mai e li ritroviamo con una sua emotività solida e sfaccettata.
Il tema principale è la connessione?
Sì ed è un concetto molto importante nella mia vita.
Come mai?
Senza gli altri non esistiamo. Vale nel lavoro come nella vita privata. Per me è fondamentale il concetto del far parte del gruppo perché ci consente l’apertura alla curiosità. Credo che se imparassimo a stare di più con gli altri, il mondo sarebbe posto migliore, fatto di empatia. Per questo penso che il Pride sia una festa meravigliosa, anzi dovrebbero farla tutti i giorni. Sono una persona molto riservata, per la prima volta mi sono ritrovato a fare 400 foto con tutti. Sono stato inondato da una quantità di amore enorme che si respirava e aperto. Non potevo fare a meno di cercare lo sguardo negli altri. L’umanità dovrebbe essere il Pride!
Che immagine porti nel cuore del Pride?
Un milione di persone al tramonto che ballano. Non poteva esserci immagine migliore.
Da dove parte la tua ricerca della connessione?
Dalla consapevolezza di avere gli strumenti e di poterlo esercitare nei momenti di stress e durante eventi particolari come quello prima di andare in scena o quando litigo con la mia compagna. Cerco di far vincere la connessione e la concretezza della mia mente.
Cosa ti ha regalato la serie tv di Rai Uno “Doc”?
Rimane uno dei progetti professionali più importanti che io abbia fatto. La gente mi ferma ancora per strada. Tutti noi del cast siamo stati molto fortunati perché succede raramente che un progetto di serie generalista porti bene. Ognuno di noi ha fatto anche altre cose e sono andate molto bene.
Qual è il tuo ultimo progetto?
Ho appena finito di girare in Grecia la serie internazionale ‘Kabul’. Una produzione francese che poi andrà in onda sulla Rai. Il progetto più pazzesco e bello che abbia fatto nella mia vita.
Cosa puoi anticiparci del tuo ruolo?
La serie racconta gli ultimi a Kabul prima del ritorno dei talebani, Io interpreto un giovane diplomatico italiano che cerca i aiutare in tutti i modi gli afghani collaboratori, traduttori informatori che rischiavano di essere uccisi dai talebani. Cerco di recuperare i passaporti italiani per farli trasferire in Italia.
Nel tuo futuro cosa vedi?
Ho in mente un manifesto di cose che voglio fare e progetti che voglio realizzare. Alcune sono sfide davvero difficili che so che mi metterebbero in difficoltà, ma sono stimolanti. Posso permettermi di rischiare.