Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge sulle cosiddette “materie prime critiche“, elementi chimici fondamentali per l’industria ma poco reperibili sul mercato, come il titanio, il litio e il cobalto. Il testo, ha detto in conferenza stampa il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, “adegua la normativa nazionale sulle risorse minerarie agli obiettivi e agli standard europei”, con l’obiettivo di “consentire al continente, all’Unione e all’Italia di avere le materie per la transizione green e digitale“. Per farlo si introduce “un nuovo approccio di sistema all’approvvigionamento di materie prime strategiche”, che “da una parte analizza la domanda e i fabbisogni del Paese e dall’altra incentiva l’offerta di materie prime”: in particolare, spiega, “viene avviato un importante e significativo programma di esplorazione nazionale” e “vengono semplificate le procedure autorizzative” per l’estrazione. Delle “34 materie prime critiche fondamentali alla duplice transizione, cioè alla sfida che l’Unione europea ha davanti a sé”, afferma il ministro di Fratelli d’Italia, “noi ne abbiamo già individuate nel nostro territorio, secondo le vecchie mappe, almeno 15, particolarmente importanti e significativi”.

Le nuove norme, aggiunge Urso, prevedono poi un regime di royalties “dal 5 al 7% ripartito tra Stato e Regioni” per l’esplorazione del sottosuolo, superando l’attuale normativa – risalente al 1927 – che prevede una tariffa di 16 euro l’ettaro l’anno. “Il petrolio e il gas del futuro sono le materie prime critiche. Io credo che con il meccanismo delle royalty le Regioni potranno trarne gran parte delle risorse necessarie”, afferma Urso. Anche il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin afferma che nel nostro Paese “siamo attualmente carenti sull’estrazione” di queste materie prime, mentre siamo “in pole position sulla provenienza da riciclo” grazie alla valorizzazione dei Raee (i rifiuti elettronici). E rispondendo a chi gli chiede se il decreto faciliterà l’apertura di nuove miniere, afferma: “Abbiamo dei grandi giacimenti, si tratterà di vedere le condizioni di estraibilità: pensiamo al cobalto, ce n’è una parte rilevante sull’Appenino tra Piemonte e Liguria, dalle prime stime è rilevante. Poi le condizioni di estraibilità saranno da valutare caso per caso“.

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