Il Consiglio di Stato ha sospeso fino a nuova decisione il trasferimento di motovedette italiane alla Tunisia. La decisione accoglie l’istanza cautelare presentata da ASGI, ARCI, ActionAid, Mediterranea Saving Humans, Spazi Circolari e Le Carbet, che avevano contestato un finanziamento di 4,8 milioni di euro per la rimessa in efficienza e il trasferimento alla Tunisia di sei motovedette. La data dell’udienza in camera di consiglio è ora fissata per l’11 luglio.

I Contenziosi Legali – A fine maggio 2024, il Tar del Lazio aveva respinto il ricorso delle associazioni, ritenendo legittimo l’accordo contestato. Il tribunale amministrativo aveva considerato l’atto in linea con le decisioni comunitarie, in testa il Memorandum del 16 luglio 2023 tra l’Ue e la Tunisi, e nazionali, come la conferma della Tunisia nell’elenco dei Paesi di origine sicuri stilata dal governo Meloni. La decisione dei giudici avrebbe consentito il trasferimento delle prime tre motovedette già nel mese di giugno. Le associazioni hanno successivamente impugnato la sentenza del Tar presso il Consiglio di Stato, chiedendo d’urgenza la sospensione cautelare del provvedimento. Le motivazioni principali riguardano le gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità tunisine, compresi arresti arbitrari, deportazioni illegali e violenze contro i migranti, che in seguito al Memorandum si sono intensificate.

La decisione del Consiglio di Stato – Il Consiglio di Stato ha dunque ribaltato la decisione del Tar, ritenendo prevalenti le esigenze di tutela rappresentate dagli appellanti. Ha così sospeso il trasferimento delle motovedette alla Tunisia alla luce delle possibili violazioni che tale atto potrebbe comportare. Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans, ha accolto con la decisione definendola “estremamente importante, poiché sono in gioco i diritti umani delle persone in movimento”. La sospensione permetterà all’autorità giudiziaria di valutare la legittimità dell’atto prima che possa produrre effetti dannosi. La vicenda non riguarda dunque il trasferimento delle motovedette in sé, ma rappresenta un nodo cruciale nelle politiche migratorie italiane ed europee. Se la camera di consiglio di luglio dichiarerà l’illegittimità “si tratterebbe di un segnale importante del fatto che non vi può essere collaborazione sul blocco delle partenze dei migranti come sull’esternalizzazione della frontiera europea senza un contesto adeguato. E che non si può continuare a fare accordi e finanziare Paesi terzi in virtù di semplici promesse, di un futuro impegno al miglioramento: o ci sono le condizioni o il sostegno e la cooperazione sono illegittime”, dichiara l’avvocata Cristina Laura Cecchini di Asgi, nel pool che ha lavorato al ricorso.

Le preoccupazioni delle associazioni – “Come sostenuto anche dalle Nazioni Unite, fornire motovedette alle autorità tunisine vuol dire aumentare il rischio che le persone migranti siano sottoposte a deportazioni illegali”, chiariscono Maria Teresa Brocchetto, Luce Bonzano e Cristina Laura Cecchini, le avvocate che seguono il caso. “Le deportazioni di massa, gli arresti arbitrari e le violenze ai danni delle persone migranti dimostrano che la Tunisia non può essere considerata un luogo sicuro di sbarco. Come per la Libia, le autorità tunisine non possono quindi essere considerate un interlocutore nelle attività di soccorso”, ha commentato Lorenzo Figoni di ActionAid Italia. Filippo Miraglia di ARCI ha sottolineato che, oltre alle deportazioni e agli arresti, sono in atto persecuzioni contro gli attori della società civile che sostengono i migranti. “Le politiche italiane ed europee sembrano sostenersi e giustificarsi a vicenda, impermeabili agli allarmi lanciati dalle Nazioni Unite e dalle ONG internazionali che condannano unanimemente l’operato delle autorità tunisine”, ha dichiarato.

Il rapporto sulle violazioni – La decisione del Consiglio di Stato arriva nello stesso giorno in cui viene pubblicato il rapporto “Mare Interrotto” redatto da Alarm Phone, la rete transnazionale composta da oltre 300 attivisti provenienti da una quindicina di paesi, e al quale hanno collaborato numerosi attori e attrici della società civile tunisina, con garanzia dell’anonimato visto il contesto di criminalizzazione e attacchi contro persone e organizzazioni solidali. Disponibile online anche in lingua italiana, il rapporto muove una serie di accuse alle autorità tunisine, in particolare alla Guardia Nazionale Tunisina riguardo le pratiche di intercettazione e respingimento dei migranti nel Mediterraneo centrale. Tra le accuse più pesanti ci sono proprio quelle che riguardano l’utilizzo delle motovedette, che avrebbe intenzionalmente causato il ribaltamento delle imbarcazioni di migranti, portando a naufragi e numerose vittime. E poi “violenza fisica e psicologica“, con percosse, minacce con armi da fuoco, e aggressioni con coltelli e altri abusi fisici. L’assenza di assistenza e le omissioni di soccorso di imbarcazioni in pericolo, provocando ulteriori morti e dispersi, addirittura rimuovendo i motori e lasciando i migranti alla deriva in mare aperto. Oltre il mare, ci sono poi i già noti respingimenti verso il deserto libico o algerino, esponendo le persone a condizioni estreme e a violazioni dei diritti umani. Infine, la persecuzione della società civile. Tutte pratiche che il rapporto descrive come parte di un più ampio regime di “respingimenti per procura”, che gli autori giudicano facilitato dal supporto dell’Unione Europea, che esternalizza i controlli di frontiera mentre ignora le violazioni che ne derivano.

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