di Davide Trotta

Le aggressioni agli insegnanti, una volta diluite nel corso dell’anno, recentemente si stanno moltiplicando, tanto da non far rimpiangere il ciclo comico televisivo “botte da ridere”, targato Bud Spencer e Terence Hill. Qui però di comico c’è veramente poco: gli insegnanti finiscono quasi tutti in ospedale, pesti ma benedetti dalle sacre lacrime ministeriali. Lacrime che da tempo promettono guerra a chiunque aspiri a mettersi in fila per dare una bella lezione a chi lezioni prepara quotidianamente: degno contrappasso dantesco!

Tuttavia i risoluti propositi ministeriali devono scontrarsi con la realtà: nel ciclo “botte da ridere”, evidentemente per brama di emulazione, si è recente inserito un cortometraggio avvenuto alla Camera dei deputati con pubblico pestaggio del deputato Donno. Verrebbe da scomodare i più fini psicologi e pedagoghi come per gli studenti più birichini a scuola, se non si trattasse di persone adulte, per giunta membri di governo della Repubblica italiana, quindi dipendenti pubblici pagati coi soldi dei cittadini che, quale giusto compenso per i tributi versati nelle casse dell’erario, possono assistere a spettacoli gladiatori.

Anche una mente inebetita dall’alcol sarebbe colta da un brivido al pensiero che la stessa classe dirigente – poco importa se di destra o sinistra, visto che negli anni episodi analoghi sono stati patrimonio condiviso – protagonista di scene degne di “Rambo” debba intervenire a deliberare sulle aggressioni subite dagli insegnanti o dal personale sanitario o finanche dalle forze dell’ordine, sempre più spesso impotenti di fronte al western delle sconsacrate periferie italiane. Si direbbe che la nostra sapiente classe dirigente riesca persino a smentire Platone, secondo cui la realtà terrena sarebbe copia sbiadita di quella superiore dell’iperuranio: infatti sembrerebbe che qui di sbiadito ci sia solo la realtà “superiore”, quella che dovrebbe essere di esempio ai cittadini, che nel loro piccolo quotidiano forniscono esempi migliori.

Non perché siano in assoluto migliori dei politici, ma perché soggiacciono a regole stringenti, le stesse regole che i politici si adoperano con tanta solerzia a donare alla comunità ma da cui risultano perlopiù immuni. Del resto se l’autore dell’aggressione, il deputato Iezzi, avesse perpetrato tale violenza in qualsiasi altro posto di lavoro non coperto da ancestrali privilegi di casta, sarebbe già stato prontamente sbattuto fuori. E considerato che i primi dipendenti pubblici dovrebbero essere proprio i politici votati dai cittadini penso per esempio al codice dei dipendenti pubblici, sempre più trapunto di una serie di restrizioni tali da indurre a pensare che sia stato cucito su misura dalla severa mente del legislatore spartano Licurgo, non già da potenziali picchiatori da strada. Tuttavia il clima talora esacerbato nelle scuole, quale conseguenza dell’ampliamento del potere sanzionatorio conferito ai presidi, suona in contrasto col buonismo indiscriminato verso l’utenza.

Proprio tale buonismo, auspicabile a questo punto anche per i dipendenti, tradisce la fallacia di una costruzione vuota, mirante a riscuotere il plauso momentaneo delle famiglie, cittadini che vengono poi deprivati di diritti in ambito lavorativo, con salari da fame e welfare sempre più logoro. Esempio: la promozione automatica prevista al primo anno di professionale, in classi generalmente in ebollizione per natura, rischia di lanciare un messaggio fuorviante, per cui posso fare quello che mi pare tanto vengo promosso. Effetto analogo può sortire la visione della scuola come consultorio, in cui depositare e giustificare problematiche esterne da dare in pasto al prof di turno che all’occasione deve improvvisarsi psicologo, assistente sociale, confidente. Cosa che di per sé non sarebbe neppure negativa, se non finisse per destituire sempre più di autorevolezza il prof fino a farlo diventare bersaglio di studenti/genitori nervosi, nel comprendere i quali si finisce per non comprendere più come mai siamo arrivati a questo punto.

Oppure ancora: la psicosi di massa diffusa tra i prof all’idea di bocciare, perché poi arriva il lupo cattivo, alias il ricorso delle famiglie, potrebbe essere avvertita dall’utenza come ulteriore segno di debolezza. E di fronte a una presunta debolezza c’è chi potrebbe sentirsi forte, tanto forte da lanciarsi contro un prof a castigarlo. Il danno è duplice, tanto per il prof quanto per lo studente, adusato a un mondo irreale, scollato dalla realtà esterna, in cui il futuro lavoratore, memore del ditino puntato dal prof esautorato, potrebbe essere tentato di riproporre la stessa audace impresa col suo datore di lavoro. Che però difficilmente sarà tanto comprensivo da abbuonargli il primo anno come avvenuto a scuola.

Ma se aggiungiamo che anche in un tempio di legalità, quale dovrebbe essere la Camera dei deputati, puoi essere messo ko e pestato, finalmente qualche studente o genitore avrà un modello in più a cui mirare, così che l’allievo possa superare, come di prassi, il maestro.

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