Il destino di San Luca è sempre lo stesso: il commissariamento. Questa volta doppio. La notizia è emersa giovedì mattina al termine delle audizioni organizzate dalla commissione parlamentare antimafia nel piccolo comune dell’Aspromonte, in piena Locride. E’ stata la presidente Chiara Colosimo ad annunciare l’imminente invio della commissione d’accesso antimafia a San Luca dopo il via libera del Viminale: “Visto che ormai è notizia accertata”.
Triangolo dei sequestri di persona negli anni Ottanta, da sempre culla della ‘ndrangheta e ancora oggi crocevia del narcotraffico internazionale, il paesino è stato protagonista di una delle più feroci guerre di mafia, quella tra i Nirta-Strangio e i Pelle Vottari che, nel 2007, con la strage di Duisburg, riuscirono a esportare la faida in Europa fino ad allora insensibile agli allarmi lanciati dai magistrati calabresi come il procuratore Nicola Gratteri. Quell’anno, infatti, il giorno di ferragosto la Germania si era svegliata con sei morti ammazzati. Era la vendetta per la strage di Natale dove fu uccisa Maria Strangio, la moglie del boss Giovanni Luca Nirta. Storie di un passato recente, ancora da metabolizzare, che si intrecciano a un presente sul quale incombe, adesso, l’ennesimo possibile scioglimento per mafia. Storie che restano lì a ricordare come la ‘ndrangheta, a queste latitudini, controlla tutto, anche il respiro delle persone.
Ma andiamo con ordine: a San Luca il sindaco non c’è da qualche settimana. Finita la consiliatura, infatti, l’uscente Bruno Bartolo, dopo cinque anni alla guida dell’amministrazione, non ha voluto ricandidarsi denunciando l’isolamento subito dallo Stato dopo la sua elezione. Sciolta per infiltrazioni mafiosa nel 2013, l’amministrazione comunale è stata commissariata fino al 2019. I 18 mesi sono diventati sei anni perché nessuno voleva candidarsi per paura di essere sciolto. La situazione si sbloccò, appunto con la vittoria alle comunali di Bruno Bartolo che ebbe la meglio contro il suo rivale, il massmediologo Klaus Davi.
Cinque anni dopo, la storia si ripete. Le parole utilizzate dal sindaco Bartolo nella conferenza stampa con cui ha annunciato di voler rinunciare al secondo mandato sono un dito puntato contro lo Stato: “Nessun condizionamento né pressioni dalla ‘ndrangheta, – aveva affermato – ma le istituzioni ci hanno abbandonato. Mi hanno abbandonato. Qua in questa stanza del consiglio comunale cinque anni fa c’era l’allora prefetto di Reggio Calabria, Michele Di Bari, ci ha detto ‘candidatevi’ perché non vi abbandoneremo ma così non è stato. Oltre agli avvisi di garanzia che ho ricevuto e che sono stati un pugno nello stomaco, non mi ricandido perché sono stato abbandonato dallo Stato. Mi ero candidato perché le istituzioni mi avevano incoraggiato a farlo dicendomi che mi avrebbero aiutato. Non è stato così”.
Bartolo, in sostanza, si è sentito tradito: “Realtà come San Luca vanno sostenute e non trascurate dalle istituzioni”. Non solo parole. Il sindaco ha citato fatti e circostanze come la visita, nei mesi scorsi, del ministro Crosetto: “È venuto a San Luca per rendere omaggio a un carabiniere caduto senza passare dal Comune, né a me né al sindaco di Platì, per protocollo, ci è stato permesso di avvicinarci. Non mi è stato concesso di portare il saluto della gente onesta di San Luca”. Fin qui la storia “politica” del Comune che, decaduto il sindaco Bartolo per scadenza del suo mandato, ha portato a San Luca l’ennesimo commissario Rosario Fusaro, nominato dal prefetto Clara Vaccaro.
Quello che, fino ad oggi, non si sapeva è che nei mesi scorsi proprio sulla scrivania del prefetto è arrivata un’attività informativa dei carabinieri sul Comune di San Luca. Un report con il quale sono state monitorate non solo le situazioni legate ai quattro avvisi di garanzia notificati al sindaco Bartolo dalla Procura di Locri che è ordinaria e che non si occupa di reati di mafia. Si tratta, infatti, di un monitoraggio più ampio su tutta l’attività amministrativa che ha spinto il prefetto Vaccaro a chiedere al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi la delega per esercitare l’esercizio del potere d’accesso. In altre parole: di poter nominare una commissione prefettizia (cosa che avverrà nei prossimi giorni) con il compito di verificare se il Comune di San Luca è stato, negli ultimi cinque anni, infiltrato dalla ‘ndrangheta. E qui le dichiarazioni della presidente della commissione antimafia Chiara Colosimo, dopo le audizioni dei magistrati e dei vertici delle forze dell’ordine, sono utili per capire il contesto di “un territorio, come è questo paese, terribilmente infiltrato”: “È emersa – dice – un’inerzia totale in tutti i fatti salienti e importanti dell’amministrazione pubblica, dalla rete fognaria a quella idrica arrivando all’illuminazione fino a storie abbastanza surreali che riguardano l’area mercatale davanti al santuario della Madonna di Polsi. Io non posso credere che nessuno si sia accorto di niente o che questo andasse bene. Per cui, sicuramente, c’è bisogno di sviluppare il cosiddetto senso civile”.
“Siamo qui a San Luca – afferma Colosimo – per sostenere la speranza di chi non vuole assoggettarsi al mandamento di questo territorio, di chi non vuole dire semplicemente mi giro dall’altro lato. Questo è un messaggio che deve arrivare chiaro e che arriva ad una sola voce dalle persone che sono qui. Noi conosciamo i nomi delle ‘ndrine, delle famiglie. Sappiamo che quando parliamo di San Luca parliamo sicuramente di Pelle, Nirta, Strangio, Vottari, Mammoliti, Giorgi, Giampaolo, Romeo ma sappiamo che queste famiglie, quasi sempre, lavorano in coordinamento con i Barbaro, i Trimboli, i Morabito, i Palamara e i Bruzzanti di Africo e potremmo allargare ancora il giro di noi. Siamo qui perché sappiamo che su 3.500 abitanti circa, 200 in questo momento sono detenuti per reati legati alla criminalità organizzata e una media che va tra 50 e 60 sono comunque sottoposti a misure cautelari. Ma a queste persone noi non possiamo dire solo questo. Noi abbiamo il compito di dire alle donne e ai bambini di questo territorio che cambiare si può e si deve”.
“Se questo territorio – conclude la presidente della Commissione – è rimasto ed è povero, triste, chiuso come l’abbiamo visto, perché io non ho incontrato nessun cittadino venendo qui è perché qualcuno si approfitta del lavoro della dignità di alcune famiglie per fare soldi e portarli altrove. Qui c’è bisogno di welfare, di lavoro, c’è bisogno di dire a questa gente che non è questo il modo in cui risollevare la propria terra. Abbiamo bisogno di uomini e donne liberi e io sono sicura che, nascoste dietro le serrande, ci sono. E se non ci dovessero essere arriverà lo Stato e li porterà dove è giusto che stiano”. Auspici che fanno a pugni con ls rassegnazione cronica dei cittadini di San Luca a cui solo il tempo e i fatti dimostreranno se lo Stato manterrà le sue promesse nella culla della ‘ndrangheta, dando seguito alle parole della presidente Colosimo.