La Ghetto economy ci ricorda che sono più di mille i morti nelle nostre campagne, negli ultimi anni. In un’Italia che nei primi quattro mesi del 2024 sul lavoro ha visto denunciati 193.979 infortuni. Ma questo non basta. Gli omicidi sul lavoro sono stati 268. Ma questo non basta.
Non basta subire un incidente sul lavoro gravissimo: il braccio staccato da un macchinario e multiple gravi fratture. È successo qualche giorno fa, in una azienda agricola in provincia di Latina, nei pressi di Borgo Santa Maria. È successo a Satnam, un lavoratore di nazionalità indiana di 31 anni, addetto al taglio del fieno.
Non basta, dicevo, perché all’orrore dell’incidente si è aggiunta l’omissione di soccorso dei datori di lavoro. La moglie, presente perché lavora nello stesso luogo, li pregava di aiutarlo, di chiamare un’ambulanza. Ma no, il proprietario del terreno e il suo caporale lo hanno scaricato come monnezza in strada, vicino a casa sua, in condizioni disperate. Il braccio, in una cassetta della frutta, lanciato in strada.
I colleghi, inviando una foto alle rappresentanze sindacali, hanno tentato di salvargli la vita. I sindacalisti della Flai Cgil, ricevuta quella macabra immagine, sono accorsi subito sul posto e hanno denunciato il caso. Il lavoratore che ha chiamato – racconta la sindacalista Laura Hardeep Kaur – “mi ha chiesto aiuto spiegandomi che cosa era successo, non sapeva che fare. È un nostro iscritto, ha assistito a quello che è successo e ha accettato di testimoniare, è un gesto importante, non si è tirato indietro. Lui, come Satnam Singh, sono clandestini”.
Satnam è stato trasportato in eliambulanza al San Camillo di Roma, in condizioni disperate. Ieri, la notizia della sua morte, a causa delle ferite, delle emorragie e certamente del ritardo nei soccorsi. Una notizia che non volevamo sentire.
Satnam e sua moglie erano in Italia da tre anni, si erano stabiliti nell’Agro Pontino, come altre migliaia di braccianti indiani di origine sikh. Quasi tutti irregolari, tutti sfruttati.
Certo, dovranno essere perseguiti e puniti i responsabili di questo omicidio orribile. È già aperta l’inchiesta, da parte della Procura di Latina, per lesioni personali colpose, omissione di soccorso e disposizioni in materia di lavoro irregolare. È indagato il titolare dell’azienda, che davanti alle telecamere ha dichiarato che si è trattato di una leggerezza del lavoratore, avvisato di non avvicinarsi al macchinario.
E sono 834 le inchieste avviate da 66 procure sullo sfruttamento dei lavoratori, in base alla legge in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura (la n. 199 del 2016): 229 inchieste al Nord, 227 al Centro e 378 al Sud. Perché la legge, appunto, c’è.
Le Procure e le Prefetture di tutta Italia dovrebbero essere coinvolte per far applicare e rispettare queste norme, per firmare protocolli con le sigle sindacali che si battono in questi contesti difficilissimi, per proteggere i lavoratori che si oppongono ai caporali con la sola forza delle loro voci e la sola presenza dei loro corpi. Corpi che troppo spesso vengono feriti, violati, annichiliti.
Ma la presa in carico da parte del sistema giudiziario non basta. Noi vogliamo che il governo decida, una volta per tutte, di ribaltare questo sistema di sfruttamento, violenza e disumanità. Perché non si può morire così.
Non possiamo più accettare che il lavoro diventi sfruttamento, lo sfruttamento barbarie e orrore. Il caporalato in Italia è feroce. Lo hanno raccontato i medici del Cuamm (Medici per l’Africa), in un articolo pubblicato sul British Medical Journal, ripreso da Avvenire. Dodici euro per 8 ore di lavoro e oltre 1.500 i braccianti agricoli extracomunitari morti negli ultimi 6 anni in Italia a causa del loro lavoro. Pomodori italiani ultraeconomici sulle nostre tavole e su quelle di tutto il mondo, ma qual è il prezzo? Esseri umani trattati come scarafaggi, costretti in baraccopoli senza acqua, senza servizi igienici, senza accesso ai servizi sanitari di base. Sono circa 100mila sparsi in tutta Italia. Subiscono disidratazione, dolori articolari, polmoniti e bronchiti in inverno.
Eppure, il Governo Meloni sembra avere altro a cui pensare, per esempio rendere il Mezzogiorno e le fasce deboli della società ancora più deboli con lo “Spacca Italia”, mentre in ogni parte del Paese dilaga questo fenomeno, con le sue minacce, la sua violenza, la sua spietatezza.
Che cosa si vuole ancora togliere a lavoratori stranieri che vengono qui a lavorare per 5 euro l’ora, che da due anni attendono i documenti dai padroni per mettersi in regola? Sono loro a essere illegali? Se non li lasciamo a galleggiare nel canale di Sicilia, è questo che promettiamo loro? Lo Stato e il Governo che investono sul blocco degli sbarchi e sul rafforzamento del sistema dei Cpr sono gli stessi che rifiutano di aprire una discussione su una riorganizzazione del mondo del lavoro che tutelerebbe innanzitutto queste persone. Gli stessi che hanno sottratto a migliaia di famiglie un sostengo universale al reddito, respinto la proposta di istituzione di un salario minimo legale, addirittura peggiorato sistema degli appalti e dei subappalti.
Serve – lo diciamo da tempo – un nuovo Piano di contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato. Un Piano che preveda, per esempio, vigilanza e ispezioni mirate, ma soprattutto forme di collocamento pubblico, rilascio più rapido dei permessi di soggiorno e, per tutelare chi denuncia sfruttamento e violenze, percorsi di inserimento lavorativo per avere una fonte di reddito regolare alternativa, o il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia, o la promozione dello strumento del permesso di soggiorno per sfruttamento, che esiste, ma pochissimi lo sanno.
Ho chiesto in Aula un’informativa urgente alla Ministra Calderone, al Ministro Urso, un’informativa sullo stato del caporalato, su questo sottomondo che non possiamo più tollerare. Maurizio Falco, appena nominato commissario per la lotta a questo fenomeno, deve intervenire. Non possiamo restituire Satnam a sua moglie e ai suoi compagni. Abbiamo il dovere di restituire giustizia e dignità a questi lavoratori.