Ha intuito che suo figlio potesse essere il responsabile di una brutale aggressione sessuale e si è presentata in caserma per denunciarlo. Così la madre del 29enne colombiano arrestato con l’accusa di aver pedinato, rapinato e violentato una ragazza di 18 anni tra l’8 e il 9 giugno scorsi a Pordenone, ha aiutato i carabinieri fornendo una prova fondamentale. Come riporta il Gazzettino, il giovane è tornato nella notte a casa, si è spogliato e ha messo gli abiti a lavare. La donna poi ha notato ampie macchie di colore fucsia sui vestiti che non riusciva a pulire. Diffuse le notizie della violenza, la donna ha messo in relazione ora e macchie, e ha capito che erano state causate da uno spray anti aggressione, e ha denunciato il figlio.
“Sono una donna, una mamma e sono preoccupata. Sono una persona rispettabile e temo che mio figlio sia coinvolto nella violenza sessuale di cui ho letto sul giornale” ha detto agli investigatori. La donna ai Carabinieri ha anche portato foto degli abiti del giovane, macchiati dello spray indelebile anti aggressione di colore fucsia. Abiti che il figlio si era tolto subito al rientro a casa. L’uomo, incensurato e con un lavoro regolare, aveva già preso contatti per fuggire in Spagna.
I militari dell’Arma hanno potuto contare anche sulla dettagliata testimonianza della vittima e dopo aver visionato di centinaia di ore di immagini della video sorveglianza della zona. La giovane è stata aggredita in prossimità dell’ attraversamento del ponte “Adamo ed Eva”, subendo una violenza sessuale in un prato adiacente, nonché la rapina del denaro contante che aveva nella borsa. Le telecamere hanno accertato che l’uomo ha pedinato la ragazza per un lungo tratto, prima di colpirla con pugni e schiaffi. Di fronte al tentativo della donna di urlare per chiedere aiuto, le ha messo le mani alla gola per strangolarla. Inquietante il quadro emerso agli investigatori dalle immagini registrate: l’uomo ha trascorso serenamente le ore prima e successive alla violenza. C’è il fondato sospetto che abbia premeditato il tutto, individuando la vittima nella piazza principale della città, attendendo che finisse l’attività lavorativa per poi seguirla e violentarla in un luogo buio e isolato.