di Tito Borsa

Qualche giorno fa l’Espresso ha diffuso un audio in cui Carmine Alfano, candidato sindaco di centrodestra a Torre Annunziata (Napoli) e direttore della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Estetica dell’Università di Salerno, parlava ai suoi specializzandi usando insulti omofobi e frasi talmente violente da essere irripetibili e irricevibili.

L’Espresso ha ricevuto l’audio dall’Associazione Liberi Specializzandi, che intendeva denunciare questo e altri comportamenti inaccettabili del candidato sindaco sostenuto anche da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Italia Viva.

La bella notizia è che, dopo l’ondata di sdegno causata dalla diffusione di quell’audio, Alfano ha deciso di ritirarsi dal ballottaggio, in programma domenica, perché sente “l’esigenza di assumere decisioni inevitabili e urgenti”.

Ciò che viene fuori da questa storia è che la stampa può ancora essere cane da guardia del potere, come ci insegna Pulitzer. E questo anche se l’Espresso, per usare un eufemismo, ha avuto qualche problema tra direzione ed editore negli ultimi tempi.

La diffusione delle notizie, sia che vengano cercate dal giornalista sia che arrivino dai cittadini (come in questo caso), dovrebbe avere degli effetti pratici e tangibili. Il problema è che noi non siamo più abituati a un giornalismo che sia un contrappeso al potere politico o a quello economico. Non siamo più abituati alla stampa come strumento di controllo perché siamo assuefatti al fatto che il giornalismo sia troppo spesso un megafono del potere.

La notizia diffusa dall’Espresso ha avuto delle conseguenze doverose ma non scontate. Il giornalista dovrebbe avere il dovere di portare a conoscenza dei cittadini notizie che il potere vorrebbe tenere nascoste. Una questione tutto sommato locale come questa ha un valore simbolico molto forte: non sappiamo se Alfano abbia avuto un moto di coscienza improvviso e abbia deciso di ritirarsi, oppure sia arrivato un diktat dai piani alti dei partiti che sostenevano la sua candidatura. Ciò che è certo è che la diffusione di quell’audio, in cui Alfano esplicava inequivocabilmente il proprio pensiero, ha avuto degli effetti concreti.

Certo, non sarà questo lo scoop del secolo, per carità, ma l’informazione ha permesso ai cittadini di Torre Annunziata di non avere un sindaco come Carmine Alfano, un sindaco che pronuncia frasi omofobe e violente di fronte ai suoi specializzandi. In presenza di un potere politico ed economico che da decenni cercare di mettere il guinzaglio al giornalismo, questa vicenda ci dovrebbe ricordare il gigantesco valore dell’informazione nella struttura politica di un Paese democratico. E questo vale tanto per le notizie locali quanto per gli scoop di portata internazionale. Senza un giornalismo serio non ci può essere democrazia.

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