Delmira Agustini (Montevideo 1886-1914), nata in una tipica famiglia borghese dell’epoca, con una madre di origine argentina relativamente severa e un padre, di ascendenze italiane, protettore e affettuoso, ebbe un’ampia istruzione e poté sviluppare la sua precoce vocazione poetica anche grazie al favore dei genitori. Pubblicò la sua prima raccolta, El libro blanco, nel 1907, nella quale manifestò un’ansia di celebrazione erotica che suscitò scandalo tanto a Montevideo quanto a Buenos Aires. Nell’agosto del 1913, dopo un lungo fidanzamento, si sposò con Enrique Job Reyes che abbandonò due mesi dopo dichiarando di “non sopportare le volgarità della vita coniugale”, anche se continuò a frequentarlo come amante. Nell’ultimo di quei furtivi appuntamenti, nel 1914, per ragioni che non saranno mai chiarite definitivamente, Enrique Job Reyes uccise Delmira con due colpi di pistola per poi suicidarsi subito dopo. Delmira Agustini pubblicò in vita, oltre a quella già ricordata, altre due raccolte: Cantos de la mañana (1910) e Los cálices vacíos (1913), quest’ultima con una breve introduzione di Rubén Darío. Dopo la sua morte, furono pubblicate le raccolte: El rosario de Eros (1924), Los astros del abismo (1924) e Correspondencia íntima (1969).

E. C.

AMOR

Lo soñé impetuoso, formidable y ardiente;
hablaba el impreciso lenguaje del torrente;
era un amor desbordado de locura y de fuego,
rodando por la vida como en eterno riego.

Luego soñélo triste, como un gran sol poniente
que dobla ante la noche su cabeza de fuego:
después rió, y en su boca tan tierna como un ruego,
sonaba sus cristales el alma de la fuente.

Y hoy sueño que es vibrante, y suave, y riente y triste,
que todas las tinieblas y todo el iris viste,
que frágil como un ídolo y eterno como un Dios

sobre la vida toda su majestad levanta:
y el beso cae ardiendo a perfumar su planta
en una flor de fuego deshojada por dos…

AMORE

L’ho sognato impetuoso, formidabile e ardente;
parlava l’impreciso linguaggio del torrente;
era amore impetuoso di follia e di fuoco,
vagando per la vita come un eterno flusso.

Poi l’ho sognato triste, come un sole al tramonto
che quando è sera piega la sua testa di fuoco:
poi ha riso e nella bocca, come una prece tenera,
suonava i suoi cristalli l’anima della fonte.

Sogno che oggi è vibrante, dolce, ridente e triste,
che le tenebre tutte e l’iride riveste,
che eterno come un Dio, fragile come un idolo

sopra la vita tutta la sua maestà innalza:
e il bacio cade ardente a profumar la pianta
in un fiore di fuoco in due sfogliato…

***

PLEGARIA

–Eros: ¿acaso no sentiste nunca
piedad de las estatuas?
Se dirían crisálidas de piedra
de yo no sé qué formidable raza
en una eterna espera inenarrable.
Los cráteres dormidos de sus bocas
dan la ceniza negra del Silencio;
mana de las columnas de sus hombros
la mortaja copiosa de la Calma,
y fluye de sus órbitas la noche;
víctimas del Futuro o del Misterio,
en capullos terribles y magníficos
esperan a la Vida o a la Muerte.
Eros: ¿acaso no sentiste nunca
piedad de las estatuas?

Piedad para las vidas
que no doran a fuego tus bonanzas,
ni riegan o desgajan tus tormentas;
piedad para los cuerpos revestidos
del armiño solemne de la Calma,
y las frentes en luz que sobrellevan
grandes lirios marmóreos de pureza,
pesados y glaciales como témpanos;
piedad para las manos enguantadas
de hielo, que no arrancan
los frutos deleitosos de la Carne
ni las flores fantásticas del alma;
piedad para los ojos que aletean
espirituales párpados:
escamas de misterio,
negros talones de visiones rosas…
¡Nunca ven nada por mirar tan lejos!

Piedad para las pulcras cabelleras
“místicas aureolas”
peinadas como lagos
que nunca airea el abanico negro,
negro y enorme de la tempestad;
piedad para los ínclitos espíritus
tallados en diamante;
altos, claros, extáticos
pararrayos de cúpulas morales;
piedad para los labios como engarces
celestes, donde fulge
invisible la perla de la Hostia;
“labios que nunca fueron,
que no apresaron nunca
un vampiro de fuego
con más sed y más hambre que un abismo”.
Piedad para los sexos sacrosantos
que acoraza de una
hoja de viña astral la Castidad;
piedad para las plantas imantadas
de eternidad, que arrastran
por el eterno azur
las sandalias quemantes de sus llagas;
piedad, piedad, piedad
para todas las vidas que defiende
de tus maravillosas intemperies
el mirador enhiesto del Orgullo:

¡Apúntales tus soles o tus rayos!

Eros: ¿acaso no sentiste nunca
piedad de las estatuas?…

*

PREGHIERA

– Eros, per caso non sentisti mai
per le statue pietà?
Crisalidi di pietra si direbbero
di non so quale razza formidabile
in un’eterna attesa inenarrabile.
I crateri dormienti dalle bocche
danno cenere nera del Silenzio;
sgorga dalle colonne dei loro omeri
il sudario copioso della Calma,
e fluisce da quelle orbite la notte;
vittime del Futuro o del Mistero,
in boccioli terribili e magnifici
aspettano la Vita oppur la Morte.
Eros, per caso non sentisti mai
delle statue pietà?

Pietà verso le vite
Che le tue bonacce non indorano,
né innaffiano né schiantano i tuoi turbini;
pietà per tutti i corpi rivestiti
col solenne ermellino della Calma,
per le fronti lucenti che sorreggono
grandi gigli marmorei di purezza
ponderosi e glaciali come lastre;
e pietà per le mani ricoperte
di ghiaccio, che non strappano
i piacevoli frutti della Carne
né i fantastici fiori dello spirito;
pietà ancora per gli occhi che sollevano
palpebre spirituali:
lamine di mistero,
neri talloni di visioni rosa…
Nulla vedono per guardar lontano!

E pietà per le chiome ben curate
“aureole mistiche”
lisciate come laghi,
mai ventilate dal ventaglio nero,
enorme e tempestoso;
pietà per tutti gli eminenti spiriti,
scolpiti su diamante,
alti, chiari ed estatici
di cupole morali parafulmini;
per le labbra pietà, come castoni
celesti in cui rifulge
invisibile la perla dell’Ostia;
“labbra che mai esistettero
e che mai catturarono
un vampiro di fuoco
con più sete e più fame di un abisso”.
Pietà per tutti i sessi sacrosanti
che Castità corazza
con una foglia di vigneto astrale;
e pietà per i piedi
che attratti dall’eternità trascinano
lungo l’eterno azzurro
i sandali brucianti delle piaghe;
pietà, pietà, pietà
verso tutte le vite che difende
dalle intemperie tue meravigliose
la torre di vedetta dell’Orgoglio:

Puntagli contro i tuoi soli e i tuoi raggi!

Eros, per caso non sentisti mai
per le statue pietà?…

***

EL INTRUSO

Amor, la noche estaba trágica y sollozante
cuando tu llave de oro cantó en mi cerradura;
luego, la puerta abierta sobre la sombra helante,
tu forma fue una mancha de luz y de blancura.

Todo aquí lo alumbraron tus ojos de diamante;
bebieron en mi copa tus labios de frescura;
y descansó en mi almohada tu cabeza fragante;
me encantó tu descaro y adoré tu locura.

¡Y hoy río si tú ríes, y canto si tú cantas;
y si duermes, duermo como un perro a tus plantas!
¡Hoy llevo hasta en mi sombra tu olor de primavera;

y tiemblo si tu mano toca la cerradura;
y bendigo la noche sollozante y oscura
que floreció en mi vida tu boca tempranera!

*

L’INTRUSO

Amore, era la notte tragica e singhiozzante
e la tua chiave d’oro cantò nella mia toppa;
poi, con la porta aperta sulla gelida ombra,
fu una macchia il tuo aspetto di luce e di bianchezza.

Tutto qui illuminarono gli occhi tuoi di diamante;
bevesti alla mia coppa con le tue fresche labbra;
giacque sul mio cuscino la tua testa fragrante;
mi stregò il tuo ardire e amai la tua follia;

Io rido se tu ridi e canto se tu canti;
e se dormi io dormo, come un cane ai tuoi piedi!
Nella mia ombra ho il tuo odore fresco di primavera;

tremo se la tua mano tocca la serratura;
benedico la notte oscura e singhiozzante
che ha fatto in me fiorire la tua bocca precoce!

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