“E infine ringrazio il tennis, che amo e che non lascerò mai”. L’icona, l’uomo, le lacrime. Roger Federer annunciò sui social con una toccante video-lettera il suo ritiro dalle competizioni a dodici giorni dall’ultimo match che avrebbe giocato nel corso della Laver Cup il 23 settembre 2022 in doppio con l’eterno rivale e grande amico Rafa Nadal. Chiunque si trovava davanti a uno schermo in quell’occasione non riuscì a trattenere la commozione, un pianto di tributo mondiale così come di malinconia anticipata dedicato al campione più elegante e raffinato dentro e fuori dai campi dal tennis.
A 41 anni, afflitto da plurimi infortuni e interventi al ginocchio, the King salutava così il suo adorato sport dopo 24 anni di incredibile carriera, partita da ragazzino raccattapalle di Basilea e terminata da autentico eroe della racchetta senza paragoni. Specie nel cuore dei tifosi. Impossibile era non immortalare quei 12 giorni che precedettero l’addio. A pensarci è stato il premio Oscar Asif Kapadia – in co-regia con Joe Sabie – a firmare un documentario-testimonianza intimo e contemporaneamente epico che restituisse non solo il peso emotivo soggettivo di Federer nel prepararsi a vivere quel “lungo addio” ma anche di chi lo ha da sempre circondato, dalla famiglia biologica a quella tennistica, dai media al popolo planetario dei fans.
Il londinese Kapadia, esperto ritrattista di figure iconiche che per il suo struggente film su Amy Winehouse (Amy) fu premiato dall’Academy nel 2016, mette in scena in Federer – Gli Ultimi Dodici Giorni (Federer: Twelve Final Days) un Roger privato, narratore di sé, consapevole della propria emotività (“sono un ragazzo emotivo”) quasi stupito di arrivare a quel fatidico 23 settembre senza aver ancora versato una lacrima ma con il perenne sorriso stampato sul volto aperto e gentile che gli abbiamo sempre riconosciuto.
Più che un documentario sull’addio alle armi è un testo sull’attesa, anzi sulle attese: in primis, sulla vigilia della pubblicazione sui social della video-lettera – con tutti gli effetti che avrebbe scatenato -, in secondo luogo, su quella del big day. Kapadia e Sabie lo inquadrano nella vita domestica, ne intercettano visivamente i pensieri e i ricordi (l’archivio privato e pubblico di alcuni suoi momenti in campo dall’età juniores a quella adulta), vittorie e sconfitte, per poi spostarsi a Londra, dove ebbe sede la Laver Cup 2022. Già, la “sua” Londra, un luogo amato e speciale perché vi si tiene Wimbledon, altrimenti denominato “il giardino di Federer”, il torneo dove il campione svizzero è tuttora detentore del record assoluto con 8 trofei. Quel doppio con Nadal deve essere nel segno della “onestà, divertimento e riconversione con i miei fans” spiega Roger, sottolineando che ai suoi sostenitori farà ben capire che “non sarà un fantasma”.
Come invece, tiene a ricordare, è stato il suo mentore Björn Borg, sparito dalla circolazione tennistica a 27 anni quando lasciò la carriera professionistica, per tornare dopo parecchio tempo a sedersi da capitano del Team Europe della stessa Laver Cup. E il leggendario fuoriclasse svedese, che di lui dice “Roger è un artista sul campo”, non manca all’appello: è tra i protagonisti tanto del saluto al campione, quanto del documentario accanto a John McEnroe, capitano del World Team, (“Il più bel giocatore di tennis che abbia mai visto in vita mia”), Novak Djokovic, Andy Murray e soprattutto Rafa Nadal. “Che – rammenta Roger – quando fece capolino nel tennis io non lo volevo! Questo ragazzo di alcuni più giovane di me stava sfidando la mia leadership.. ho dovuto mio malgrado farlo entrare nella mia vita, ora siamo amici fraterni”.
Da parte sua un commosso Nadal (per sempre rimarranno le immagini del duo Rafa-Roger seduti in campo come bambini piangenti tenendosi per mano..) dice dell’amico che tennisticamente rappresenta “L’eleganza, la perfezione, l’armonia”. Il rituale del match, che il mitico duo purtroppo andò a perdere al tie-break del terzo set, è messo in regia nel montaggio parallelo a un giovanissimo Federer: l’entrata in campo, la posa di borsa e asciugamento sulla panca, il riscaldamento, i colpi. A chiusura della partita la famiglia allargata dell’universo di King Roger si stringe a lui, occhi lucidissimi da ogni dove, singhiozzi, gente che si abbraccia sugli spalti per non parlare di quelli lunghissimi del “nostro” con moglie, genitori, figli, gli amici/rivali di una vita, le nuove leve (tra cui anche un emozionato Matteo Berrettini convocato nella Europe Team): non manca nessuno, e la leggenda, finalmente seduta a casa propria a ricordare l’evento, si dichiara felice. Così doveva andare, e così è andata. Tra le pagine più emozionanti video-documentate sui campioni sportivi degli ultimi anni, dal 20 giugno su Prime Video.