Pensieri in libertà (con libertà di pensiero) sulla settimana NBA
Celtics: titolo del 2025 già nel mirino
Il trofeo che hanno alzato al cielo è il loro numero 18. Sono la franchigia più vincente di sempre. Seguono i Lakers, fermi a 17. Sembra che la rivalità fra queste due squadre, in un modo o nell’altro, non possa mai finire. Anche se non si sono più affrontati in una serie finale dal 2010. Era l’epoca di Kobe Bryant, di Paul Gasol, di Rajon Rondo e di Paul Pierce. C’è chi lo ama e chi lo odia lo stile dei Celtics. Ci sono poche vie di mezzo. Ma su una cosa è impossibile dubitare: quella dei Celtics è una delle culture cestistiche più longeve e peculiari mai esistite nel basket. Uno stile inconfondibile, differente da qualsiasi altra squadra. Un senso di appartenenza che probabilmente ha pochi equali nella stessa NBA. Un orgoglio che, ovviamente, anche i giocatori che negli anni hanno indossato la maglia bianco-verde hanno contribuito a plasmare. Lo ha fatto Bob Cousy, pioniere del passaggio no-look, così come Bill Russell, forse il più grande interprete della stoppata con lancio del contropiede. Per non parlare di Larry Bird, leggenda dai fondamentali scolpiti nella roccia e dalla mano laminata con polvere di diamante, o anche dello stesso Paul Pierce, losangelino per passione giovanile, inglobato poi mani e piedi dall’orgoglio bostoniano. Jason Tatum, Jaylen Brown, Derrick White, Jrue Holiday e compagni hanno continuato il lavoro dei propri predecessori. E si candidano già a ripetere il successo il prossimo anno. Perché non dovrebbero? Sono una squadra completa. Eseguono in modo eccellente in attacco. Sono reattivi, mobili, intelligenti in difesa. Hanno dimostrato di non dipendere necessariamente da un singolo giocatore. Quando Tatum è andato in confusione in attacco, hanno sopperito con punti provenienti da altre mani (Brown e Holiday). Quando Porzingis era infortunato, hanno sfruttato l’esperienza e il tiro (costruito negli anni) di Horford nella posizione di centro. In panca, hanno tiratori in grado di entrare e mettere a referto punti istantanei senza tremare (Hauser e Pritchard). Saranno la squadra da battere, i Boston Celtics, anche il prossimo anno. Anche perché hanno trovato in Mazzulla, un giovane (35 anni) coach che sa il fatto suo in termini di gestione dei giocatori e di decisioni tattiche. Complimenti.
Mavericks e la loro ottima stagione
Kyrie Irving ha sostanzialmente cannato la finale NBA. Ha segnato 19,8 punti di media, tirando da tre con il 27,6%. Troppo poco per uno che – in quanto a talento puro – è da primi posti nella storia. Si è trovato davanti difensori sulla palla arcigni ed eccellenti come Derrick White e Jrue Holiday. L’ha pagata cara, nonostante il suo trattamento della sfera. Luka Doncic, invece, ha mantenuto saldo il suo presidio in attacco, realizzando quasi 30 punti di media. Ma ha sparato anche peggio del compagno dal perimetro (24,4%) e a tratti in difesa è stato imbarazzante. Detto ciò, Dallas ha comunque raggiunto una finale, dopo aver giocato malissimo la prima parte della stagione. È campione a Ovest. A Ovest, ricordiamolo, dove militano squadre corazzate come i Denver Nuggets, gli Oklahoma City Thunder e anche gli stessi Los Angeles Clippers, per citarne alcune. Inoltre, i Mavs hanno trovato la quadra sul sistema di gioco. Sono ora in grado di far rendere al meglio le due stelle, dare loro la massima libertà per creare in attacco, nonché punti di riferimento per passare la palla ai tiratori o ai lunghi in taglio verso canestro (dinamica che però i Celtics sono riusciti a bloccare). Se a Irving non scema la voglia, ci si potrà riprovare. Finire di nuovo in finale è una chimera. Però un’altra stagione di alto livello è alla loro portata.
Si avvicina il Draft NBA
Sulla carta, non sarà uno dei più ricchi Draft (quando vengono scelti i giovani giocatori per entrare nella NBA) della storia. Non è mai una scienza esatta il Draft, giusto premetterlo. Ma sembra, al momento, non ci sia un nuovo Shaquille O’Neal, il prossimo Carmelo Anthony o la versione aggiornata di Dwayne Wade. Va colto, però, un punto importante. Nelle proiezioni, le prime due scelte potrebbero essere due giocatori francesi. Il che, dopo Victor Wembanyama lo scorso anno, ha del clamoroso. Si parla di Zaccharie Risacher e di Alex Sarr che dovrebbero essere coinvolti alla numero uno e numero due (Atlanta Hawks e Washington Wizards). Risacher è un difensore prospetticamente molto ben dotato, che può tirare da tre con estrema precisione soprattutto sugli scarichi. Sarr, dal canto suo, è alto 213 centimetri ma ha grande mobilità, è esplosivo ed è dotato di un buon feeling per il gioco. Vedremo. In ogni caso, bene la Francia, a testimonianza di un movimento cestistico (e calcistico?) in salute più che mai.
That’s all Folks!
Alla prossima settimana.