Il vicepremier Matteo Salvini chiude ancora la porta al Mes: “Non serve all’Italia, è un’altra follia europea”, la sua riforma non verrà “mai” ratificata. “Se lo approvino loro se vogliono, perché a noi non ci serve”. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti “introdurre il tema della ratifica del Mes in questo momento”, come accaduto giovedì a Lussemburgo tra i ministri dell’Eurozona, è come “buttare un po’ di sale sulla ferita e quindi improprio”. Il riferimento è al trattamento riservato all’Italia nel confronto sul rinnovo dei vertici Ue: stando a indiscrezioni il titolare del Mef ha lamentato una “conventio ad escludendum”.
In ogni caso “il Parlamento non è nelle condizioni di approvare” il trattato rivisto del Mes, ha detto il leghista. “A breve non è possibile, a lungo dipende se cambia”. A livello Ue, ha detto, “per la prima volta” si sono fatte riflessioni” su un cambiamento. Magari per “portarlo verso un utilizzo tipo un fondo sovrano europeo. Ad esempio per la difesa”. Ma sono già emerse “molte resistenze specialmente dai Paesi nordici” e “non se ne esce”. “E evidente che se richiedono prima la ratifica, diventa impraticabile”. Peccato che Roma nel 2021 abbia votato la riforma di cui si parla e sia l’unico Paese che non l’ha ancora trasposta nella sua legislazione. “E’ una perdita collettiva”, se un paese non lo vuole “altri potrebbero voler accedere”, ha commentato giovedì il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe arrivando alla riunione.
Dall’Ue sono arrivate intanto oggi le traiettorie previste dal nuovo Patto di stabilità e da qui in poi si apre il confronto tra Roma e Bruxelles per arrivare al piano pluriennale di spesa, che sarà presentato in autunno alla Commissione e approvato a novembre. L’attesa per l’Italia è che l’aggiustamento fiscale richiesto si aggiri nell’ordine dello 0,6% annuo. Vale circa 12 miliardi, contati sul Pil dello scorso anno. La comunicazione della Commissione (riservata) prevede quattro valori: un dato sull’aggiustamento fiscale chiesto a fronte di piani di rientro a 4 anni, un dato sull’aggiustamento allungato a sette anni, l’orizzonte a cui punta Giorgetti, concesso a fronte di determinate riforme, e un’ipotesi sulla traiettoria della spesa netta a 4 e a 7 anni. Alla fine la trattativa tra l’Italia e la Commissione europea, salvo chiarimenti o diverse interpretazioni sui valori assunti per il conteggio, sarà tutta sul piano di spesa netta da presentare entro il 20 settembre, che sarà poi approvato con il pacchetto di autunno del semestre europeo. A quel punto arriverà anche il responso della Commissione sull’entità della correzione del disavanzo pubblico chiesta all’Italia nell’ambito della procedura per deficit eccessivo. Il nuovo Patto lo prevede per almeno lo 0,5% del Pil per quanti hanno deficit oltre la soglia del 3% del Pil fissata dai trattati.
Sui nuovi numeri in arrivo da Bruxelles Giorgetti si è limitato a parlare di “simulazioni” fatte dal Mef: “La speranza è che stiamo tra il medio e il bello”. Ha poi messo un punto fermo sul rientro dei conti dell’Italia: ci sono “obiettivi di deficit che abbiamo già dichiarato” e “costruiremo il quadro di finanza pubblica tenendo presente che l’obiettivo politico primario è confermare la decontribuzione per i redditi medio-bassi“.