di Alessandro Bechini, responsabile dei programmi in Italia di Oxfam

Satnam Singh era un ragazzo di 31 anni. Era arrivato in Italia tre anni fa per cercare fortuna, per avere una possibilità di vita migliore rispetto a quella determinata dalla spietata roulette del luogo di nascita. Era venuto qui con sua moglie. Lavorava in nero in un’azienda agricola a Latina. Raccoglieva gli ortaggi e la frutta. Quelli che ogni giorno arrivano sulla nostra tavola. Faceva un lavoro essenziale per la nostra economia, pagato pochissimo. Dieci, dodici ore al giorno di lavoro, sotto il sole, sotto la pioggia, con ogni condizione climatica. Lavorava con sua moglie nella stessa azienda agricola.

Mercoledì, un macchinario gli ha amputato un braccio. I suoi datori di lavoro, dopo l’incidente, non hanno chiamato i soccorsi. Lo hanno riportato a casa e lasciato il braccio amputato dentro una cassetta. Accanto a Satnam agonizzante. Abbandonato, invece di chiamare i soccorsi. Mentre stava morendo.

Satnam Singh non è morto. Satnam Singh è stato ucciso. Oltre che dai suoi datori di lavoro, anche da un sistema legislativo italiano sull’immigrazione che produce illegalità, che non riesce a garantire a coloro che arrivano sul nostro territorio per lavorare regole di ingresso legale e quei diritti minimi che dovrebbero essere scontati in un Paese la cui Carta costituzionale “[…] riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art.2).

La tragica morte di Satnam Singh è di una disumanità agghiacciante e di una gravità inaudita. Ci fa toccare con mano il puro disprezzo per una vita umana trattata come merce usa e getta. È la negazione della dignità umana e l’annichilimento di qualsiasi visione di lavoro che dovrebbe edificare l’uomo e non annientarlo. È l’ennesima storia di sfruttamento nel cuore dell’Italia, l’ennesima storia di caporalato così tragicamente diffuso nelle nostre campagne.

Ci parla, soprattutto, di un sistema di gestione dei flussi migratori che non funziona e che non dà alternative legali per entrare regolarmente per lavoro in Italia, alimentando così il traffico di essere umani e il conseguente sfruttamento. La Bossi-Fini è una legge totalmente anacronistica ed è la prima causa dei flussi migratori illegali nel nostro Paese.

Un Paese, l’Italia, dove gli stranieri irregolari sono oltre 500mila. Dove uno straniero per rinnovare un permesso di soggiorno impiega anche un anno e dove i lavoratori irregolari in agricoltura (secondo le stime della Flai Cgil) sono circa 230mila, una parte consistente dei quali italiani. Con ancora troppi pochi controlli anche da parte delle aziende della grande distribuzione sulla sostenibilità sociale delle loro filiere di produzione, ovvero sul rispetto dei diritti umani di chi lavora sul campo per garantire il cibo sulla nostra tavola.

Non ci dobbiamo arrendere a questo stato di cose. Come Oxfam continueremo la nostra battaglia per l’abolizione della Bossi-Fini e per la promozione di canali di ingresso sicuri e legali, per l’obbligo di dovuta diligenza da parte delle imprese sul rispetto dei diritti umani lungo le filiere, per il rafforzamento degli ispettorati del lavoro. Non ci vogliamo arrendere all’idea che i lavoratori siano solo merce, da pagare il meno possibile, sfruttare e poi gettare via quando non sono più utili.

La morte di Satnam Singh non deve passare invano, ma deve spingere tutte e tutti a chiedere dignità e sicurezza per tutti i lavoratori. Per tutti gli esseri umani.

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