Carlo Nordio insiste. E per l’ennesima volta ripete una frase che già in passato ha provocato roventi polemiche: “È chiaro che un mafioso non parla al telefonino“. Questa volta, però, il ministro ha completato la sua frase con un’ammissione: “La mafia ha dei sistemi di comunicazione che noi non siamo in grado di controllare“. Un’affermazione che conferma il contenuto dell’intervista di Nicola Gratteri al Fatto Quotidiano. Ma che evidenzia ancora una volta come il ministro della giustizia abbia idee quantomeno contrastanti sulle intercettazioni. Ma andiamo con ordine.

“Usiamo i soldi delle intercettazioni per la tecnologia” – Nordio è tornato a parlare di ascolti telefonici e lotta alla criminalità organizzata durante il festival Taobuk di Taormina. Il guardasigilli è stato incalzato sulle critiche espresso dal procuratore di Napoli, che ha accusato il governo di non stare adottando le riforme necessarie per contrastare in modo efficace le mafie. “Non è vero e lo abbiamo dimostrato nell’inflessibilità con la quale abbiamo resistito a varie pressioni per modificare il 41 bis. Abbiamo inoltre potenziato le dotazioni e siamo sempre in collegamento con il procuratore antimafia”, ha risposto Nordio, in videocollegamento con la cittadina siciliana. Il ministro non ha spiegato da chi siano arrivate queste pressioni per modificare il carcere duro per detenuti mafiosi. Poi ha aggiunto: “Su una cosa do ragione a Gratteri: la mafia ha dei sistemi di comunicazione che noi non siamo in grado di controllare“. Un’affermazione quest’ultima che sembra smentire quanto ripetuto più volte dallo stesso Nordio: “Ma voi credete che la mafia parli col telefonino se deve fare un attentato?”. Forse per questo motivo, il guardasigilli ha ripetuto ancora una volta questa sua convinzione, argomentandola in un modo ancora diverso rispetto al passato: “Quando io dissi che spendiamo soldi in intercettazioni che non servono a nulla, tutti dissero Nordio vuole limitare la lotta alla mafia, ma è il contrario perché è chiaro che un mafioso non parla al telefonino ed oggi la mafia ha sistemi di comunicazione ultramoderni che noi non siamo in grado di intercettare perché spendiamo una marea di soldi nelle intercettazioni, mentre avremmo dovuto destinare questi soldi per strumenti molto costosi per intercettare queste sofisticate strumentazioni di cui è dotata la mafia”. Dunque, secondo Nordio, bisognerebbe smetterla di intercettare i cellulari dei mafiosi e destinare queste risorse per investire sulle tecnologie in grado di “bucare” i sistemi di comunicazione criptata dei clan. Un’iniziativa curiosa quella auspicata dal ministro. Se da una parte è innegabile che, come dice Gratteri, le mafie investono ormai in hacker per avere reti di comunicazione clandestine e quasi impenetrabili, dall’altra è sicuro che i boss continuano a usare il telefonino per commettere i reati. Lo documentano tutte le inchieste antimafia portate avanti ciclicamente dalle procure di tutta Italia. Solo per fare un esempio, è noto come le intercettazioni siano state molto importanti per arrivare all’arresto di Matteo Messina Denaro.

“Sulla separazione delle carriere, lieto se ci fosse il referendum” – Collegato col festival di Taormina, Nordio si è esposto anche sulle riforme che sta portando avanti il governo di Giorgia Meloni. A cominciare da quella sulla separazione delle carriere in magistratura. “Più larga è la maggioranza che approva una riforma costituzionale e più noi siamo lieti, poi i numeri parleranno da soli. Molti potrebbero essere favorevoli alla separazione delle carriere, ma per ragioni di partito potrebbero votare contro. Questo potrebbe anche non farci raggiungere il quorum per evitare il referendum”, ha detto il ministro. “Posso dire però che, tutto sommato, sarei lieto se si andasse al referendum, perché finalmente vedremmo da che parte sta il popolo italiano. Dare la parola ai cittadini su questioni così importanti che poi li toccano da vicino per me è una buona scelta”, ha poi aggiunto il titolare del dicastero di via Arenula. “Se riuscissimo ad avere la maggioranza qualificata in Parlamento ben venga, perché sarebbe accelerata al referendum”, ma in caso contrario “per certi aspetti sarei ancora più tranquillo, perché sono certo che la grande maggioranza dei cittadini sarebbe favorevole alla nostra scelta”, ha ripetuto ancora una volta Nordio. Su un argomento molto simile alla separazione delle carriere dei pm e dei giudici, però, i cittadini si sono espressi solo due anni fa, quando furono chiamati a votare i referendum sulla giustizia promossi dalla Lega e dai Radicali. Uno dei cinque quesiti prevedeva la separazione delle funzioni dei magistrati, che quindi avrebbero continuato ad avere la stessa carriera, ma sarebbero subito stati obbligati a scegliere se fare i giudicanti o i requirenti, senza poter poi in seguito cambiare ruolo. Una proposta che piacque al 74% di chi andò a votare. Il problema è che alle urne si recò solo il 20% degli aventi diritto, molto meno della metà del quorum necessario per approvare i quesiti.

“Deteniamoli a casa loro” – Per il resto Nordio ha rivendicato di aver quasi completato l’abolizione dell’abuso d’ufficio. “Posso dire che in una riforma estremamente incisiva come quella del reato di abuso d’ufficio che sarà eliminato fra pochi giorni, quando in seconda lettura arriverà alla Camera, vi è stata una certa convergenza anche da una parte dell’opposizione”, ha sostenuto, riferendosi probabilmente a Italia viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda. “Però – ha continuato il ministro – da un’altra parte dell’opposizione vi è stata una netta chiusura anche se però sottobanco tutti venivano in processione a dirci ‘Fate bene, fate bene, perché non ne possiamo più della paura della firma, a cominciare da molti sindaci del Pd“. Nordio ha poi commentato la questione penitenziaria. “Il sovraffollamento delle carceri è il risultato di una sedimentazione pluridecennale. Infatti non è di soluzione immediata”, ha detto il guardasigilli. “Escludo l’indulto, che è una resa dello Stato – ha poi aggiunto – piuttosto penso a pene alternative, forme di espiazione della pena in comunità poiché i tossicodipendenti sono degli ammalati più che dei criminali. Inoltre visto che gli stranieri rappresentano la metà dei detenuti sarebbe opportuno far scontare la pena nei loro Paesi di origine, già avremmo risolto gran parte di questo problema”.

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