di Giovanni Perazzoli

I movimenti populisti hanno saputo sfruttare, con strategie divergenti ma convergenti nell’obiettivo di destabilizzare l’Unione Europea, le fratture create dalla finanza pubblica. Da un lato, ci sono paesi come la Francia e l’Italia caratterizzati da un elevato debito pubblico; dall’altro, ci sono paesi come la Germania e l’Olanda che rispettano i parametri. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i paesi con i conti in ordine presentano un welfare efficiente, mentre quelli con debiti elevati hanno un welfare mal calibrato, orientato più al consenso politico che all’efficacia funzionale.

Prima della pandemia, l’Olanda rispettava perfettamente i parametri di Maastricht, con un rapporto debito/Pil al 60% e un deficit al 3%. Italia e Francia, invece, avevano già superato il 100% di debito/Pil. Tuttavia, è essenziale distinguere tra i vari aspetti del welfare e della spesa tra Italia e Francia. La Francia ha un welfare vicino a quello degli altri paesi europei, ma non ha implementato le riforme adottate dagli altri paesi, oltre a utilizzare un gran numero di sussidi a pioggia. L’Italia, invece, è tornata a rappresentare un’eccezione in Europa: grande spesa e welfare confuso. Questa disparità evidenzia una linea di faglia destinata ad ampliare la crisi di consenso nell’Europa.

I paesi con un elevato debito pubblico hanno creato condizioni socioeconomiche da cui è difficile tornare indietro senza perdere consenso. Al contrario, i paesi che hanno mantenuto il debito sotto controllo si trovano a sostenere economicamente i paesi in difficoltà, generando malcontento interno. Un esempio è dato dai populisti olandesi, che protestano con cartelli come “Basta pagare per gli italiani”. In Italia, invece, gli olandesi, i tedeschi e i nordici vengono presentati come “frugali” e nemici del welfare.

I populisti sfruttano due propagande opposte per dividere l’Europa. Per alcuni, sovranismo significa proteggere i propri risparmi e il proprio welfare. Per altri, significa difendersi da una trappola neoliberista che strangolerebbe paesi altrimenti prosperi. In Italia, si è persino discusso di un’uscita dall’euro o della stampa di moneta, come nell’economia di fantasia di Pinocchio. Da un lato, si sono posti parametri economici per difendere l’euro e tutti i paesi (soprattutto quelli con un debito molto alto) dall’azzardo morale del ricorso al debito per guadagnare consenso. Dall’altro, si propongono strumenti come gli eurobond e la mutualizzazione del debito.

Permettere politiche di debito per consenso immediato potrebbe innescare una spirale distruttiva. Se lo fanno loro, perché non dovremmo farlo noi? Tornare indietro è complicato. E le nuove generazioni si trovano a pagare il prezzo della miopia passata. I populisti protestano perché alcuni paesi possono mantenere tasse basse, attirando aziende da paesi con tassazione elevata. Ma uniformare la tassazione significherebbe poter abbassare le tasse.

L’interpretazione ideologica della situazione – il neoliberismo di Maastricht e della Commissione Europea – è lontana dalla realtà politica. Espressioni come “L’Europa deve cambiare passo” o “Basta con i paesi frugali” celano la richiesta di condividere il debito senza correggere le politiche che l’hanno generato. La lotta politica in alcuni paesi ruota intorno a bonus e privilegi corporativi che frenano la crescita economica, con partiti deboli che si contendono il potere per pochi voti.

Un aspetto distintivo del populismo è la sua natura più “domandista”. Questo approccio fa credere che i problemi economici possano essere risolti attraverso l’aumento dei salari e la crescita della domanda interna. Al contrario, altri paesi adottano un approccio più “offertista”, puntando su politiche economiche che favoriscono l’innovazione e la produttività.

Le ideologie antiliberali e antidemocratiche sono pronte ad avvantaggiarsi del malcontento seguendo una o l’altra inclinazione. I populisti sfruttano, da un lato, il malcontento generato dalle riforme restrittive e, dall’altro, il malcontento generato dalla solidarietà con i paesi in difficoltà. Macron ha affrontato una mezza rivoluzione per aver aumentato l’età pensionabile da 62 a 64 anni, mentre in Olanda si va in pensione a 67 anni. La Francia è stata, però, recentemente declassata, perdendo la tripla A.

Il populismo, come con il Covid, invece di riconoscere i problemi reali, se la prende con gli indicatori. L’economia permette scelte politiche, ma i limiti della realtà persistono.

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