Nel primo gruppo due caselle sono già occupate. I nomi di Germania Ovest e Cile attirano l’attenzione delle decine di occhi presenti. È il 5 gennaio 1974, sorteggio dei mondiali in Germania. All’improvviso la sala viene attraversata da una scossa, a cui segue un mormorio diffuso. DDR. C’è scritto così sulla terza casella appena estratta. Per la prima volta le due Germanie si affronteranno l’una contro l’altra in un campionato del mondo. L’Ovest contro l’Est. L’Occidente contro l’Oriente. Il comunismo contro il capitalismo. L’appuntamento è previsto in calendario per il 22 giugno ad Amburgo, Volksparkstadion. Esattamente 50 anni fa. È l’apice della crescita del calcio tedesco orientale, inquadrato in un solo nome, quello di Erich Mielke, potentissimo capo della Stasi. Tre quarti della Germania Est sono sotto il suo diretto controllo. La pressione pervade ogni cosa, stritola l’attesa, appesantisce le gambe, offusca le menti. Il clima è surreale, e non solo per le decine di elicotteri che sorvolano lo stadio prima della sfida. Non è facile disputare una partita del genere. I tedeschi dell’Ovest colgono un palo ma niente di più. Dall’altra parte quelli dell’Est aspettando senza azzardare. Tutto sembra scritto per uno 0-0, quando arriva il minuto 77, quello della storia. È il momento in cui il tedesco orientale Erich Hamann lancia la palla in avanti nel tentativo di trovare un 26enne proveniente da una famiglia operaia, che oltre a fare l’attaccante studia ingegneria meccanica. Livello di politicizzazione: medio. La tessera del partito socialista tedesco unificato l’ha presa solo nel 1973. Si chiama Jurgen Sparwasser, detto “Spari”.

In Germania Est è molto conosciuto, ma non troppo. Lì il calcio non è lo sport di riferimento, o almeno non più del nuoto o dell’atletica. Il suo nome però non è rimasto confinato all’interno dei soli confini nazionali. Chi segue assiduamente il calcio in Occidente si ricorda infatti della sua doppietta agli Europei U.19 del 1965 che consegnò ai tedeschi orientali il titolo contro l’Inghilterra, in una finale terminata 3-2. Chi invece con il pallone ha un rapporto più “moderato”, ha sentito pronunciare il suo nome diverse volte a fianco di quello del Magdeburgo, uno dei club cardine della Oberliga, la massima categoria dell’Est. Oggi il club della Sassonia è una società di secondo piano. Milita nella 2. Fußball-Bundesliga (la seconda serie tedesca) e dalla riunificazione della Germania non ha mai conosciuto la Bundesliga. Nei primi anni ‘70 però era una realtà di rilievo, e non solo a livello nazionale. È qui che Sparwasser esordisce in Oberliga nel febbraio del 1966, all’età di 18 anni, un mese prima di realizzare la sua prima rete, nell’incontro perso 2-1 contro il Rot-Weiß Erfurt. Ed è sempre qui che ottiene i grandi titoli della carriera, che poi sono anche quelli del Magdeburgo nella sua storia. Tre campionati (1971/72, 1973/74, 1974/75) e soprattutto la Coppa delle Coppe 1973/74 vinta contro il Milan di Nereo Rocco, campione in carica. A questi successi si aggiungono poi anche quattro Coppe della Germania Est (1969, 1973, 1978, 1979).

Tutto questo però riguarda il mero sport, perché quel pallone che sta arrivando a Sparwasser nell’area di rigore della Germania Ovest, ai Mondiali 1974, all’interno di uno stadio che significa “parco del popolo”, ha ben poco di sportivo e molto di politico. O meglio, di geopolitico. Spari si inserisce, fa suo il pallone con un controllo a seguire, taglia in due la difesa guidata da Franz Beckenbauer e batte Sepp Maier con un tiro preciso che finisce sotto la traversa. Non è una rete, ma uno choc generalizzato che coinvolge tutta la Germania Ovest. In particolare il Ct Schoen, uno di quelli che era fuggito dall’Est prima che venisse eretto il muro. Un trauma che dura parecchie ore, fino a quando i tedeschi occidentali non prendono coscienza che quella sconfitta li ha spediti nel girone di seconda fase più facile, quello dove non c’è l’Olanda di Johan Cruijff. Significa avere un percorso più agevole per arrivare in finale, il vero obiettivo di Beckenbauer e compagni. La Germania Est invece vince il proprio girone, si prende la partita più politica mai giocata su un campo di calcio, ma trova anche Olanda, Brasile e Argentina alla fase successiva. L’eliminazione è inevitabile. Poco importa però, perché i tedeschi orientali, da un certo punto di vista, il loro mondiale lo hanno già vinto. Al Volksparkstadion, al minuto 77, Sparwasser cessa di essere un giocatore e diventa un’icona. In Germania Est ovviamente, ma anche altrove. A lui vengono dedicati libri e locali (uno c’è anche a Roma). È un mezzo di propaganda, il simbolo della vittoria del proletariato sul capitalismo.

Continua a giocare fino al 1979, e l’anno seguente ottiene il patentino da allenatore. Prima esperienza? Ovviamente al Magdeburgo, dove diventa assistente allenatore. Una seconda vita calcistica che termina il 10 gennaio 1988, quando viene organizzata una partita tra vecchie glorie a Saarbrücken con il suo Magdeburgo. L’occasione giusta per compiere il salto più clamoroso. Sparwasser, eroe proletario, simbolo del calcio targato DDR, uomo copertina del regime, decide di fuggire nella Germania Ovest, di diventare un disertore e un traditore. L’agenzia di stampa della RDT, la Allgemeiner Deutscher Nachrichtendienst (ADN), scrive: “Le forze anti-sportive hanno approfittato della presenza di una formazione di vecchie glorie dell’1. FC Magdeburg a Saarbrücken per sottrarre Jürgen Sparwasser, il quale ha tradito la sua squadra“. Siamo però ormai ai titoli di coda per la Germania Est. Un anno e mezzo dopo il crollo del Muro di Berlino porrà fine alla sua esistenza, ma non a quella del mito di Jurgen Sparwasser.

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