Allevatori e agricoltori in ginocchio sull'isola, ormai "zona rossa" come Marocco e Algeria. La Regione: "Continua a non piovere". Ma l'emergenza non è dovuta solo allecondizioni metereologiche: in Sicilia il 51,6 per cento del flusso idrico si disperde nelle condotte. Mentre la siccità rappresenta da sempre un business per i fornitori privati
L’allarme siccità in Sicilia si fa sempre più grave e Renato Schifani ora bussa alle porte dell’Unione europea per chiedere fondi necessari a intervenire sull’emergenza. Nel frattempo la Regione ha stanziato più di 10 milioni di euro per gli allevatori: è stato istituito un albo regionale per fornitori di alimenti per bestiame che verrà acquistato con voucher forniti dagli uffici regionali. Mentre altri 15 milioni sono stati aggiunti solo due giorni fa in commissione Bilancio. Ma quella scoppiata in Sicilia è una crisi molto più profonda che complessivamente prevede perdite per un miliardo.
Voucher per gli allevatori per salvare il bestiame – Ma come si è arrivati a questa emergenza? Prima di tutto le scarse piogge da settembre in poi hanno inaridito la terra a tal punto che non è stato possibile raccogliere fieno. A questo va aggiunto il fatto che non c’è sufficiente erba per i pascoli liberi né acqua per gli abbeveratoi nelle fonti naturali. Una situazione drammatica per gli animali, per questo i voucher sono definiti da Emanuele Nobile, allevatore e presidente di Coldiretti Ragusa, come “uno spiraglio che ci dà ottimismo”. Una crisi che ha portato allo stato d’emergenza nazionale, richiesto e ottenuto dal governatore Schifani già ad aprile. Ma nei mesi successivi la situazione si è aggravata: “Continua a non piovere, sono arrivati gli anticicloni africani e iniziano a soffrire le colture arboree come la vite, l’ulivo e gli agrumi che rappresentano un pezzo fondamentale della nostra economia agricola”, spiega Dario Cartabellotta, dirigente generale dell’assessorato regionale all’Agricoltura. Una delega che in giunta è gestita da Schifani: sulla carta, infatti, l’assessore sarebbe Luca Sammartino, ma il leghista è stato sospeso per una anno dalla carica dopo essere finito indagato dalla procura di Catania per corruzione. Il governatore-assessore si è dunque rivolto all’Europa, per chiedere il riconoscimento delle condizioni di forza maggiore e circostanze eccezionali per l’intero territorio siciliano come previsto dal regolamento Ue 2021/2116. Nei documenti inviati a Bruxelles si evidenzia che la Sicilia è ormai in “zona rossa” per mancanza di acqua, “al pari di Marocco e Algeria“. “La situazione di estrema gravità ci impone questo ulteriore passo per sostenere le nostre aziende agricole e gli allevamenti”, scrive Schifani in una nota, con cui spiega che “il riconoscimento della condizione di forza maggiore e di circostanze eccezionali consentirà alle imprese agricole e zootecniche che operano su tutto il territorio siciliano di usufruire di deroghe in alcuni ambiti della Politica agricola comune, che permetterebbero di non applicare determinati vincoli a pascoli e terreni, continuare a godere di aiuti, rinviare pagamenti, sanzioni e oneri”.
Agrigento senz’acqua – Mentre a patire le conseguenze nel settore turistico è già Agrigento. Una città che non ha mai goduto di una erogazione idrica quotidiana: l’acqua arriva soltanto 2 o 3 volte a settimana. E con la crisi è anche peggio, come racconta Giovanni Lopez, proprietario di un B&B nel centro storico della città dei Templi. Qualche giorno fa, ha dovuto mandare via un turista: “Aveva fatto una prenotazione last minute e sarebbe arrivato dopo tre quarti d’ora. Lo abbiamo aspettato e poi gli abbiamo fornito 10 opzioni di altri alberghi in cui poteva essere ospitato”, spiega Lopez. “Non c’è nessuna fuga di turisti da Agrigento”, sostiene invece il sindaco Francesco Micciché. Le notizie apparse sui media hanno fatto infuriare il primo cittadino: “Il titolare del B&B costretto a mandare via un turista? Si chieda se ha aperto la sua struttura pur considerando le dimensioni della sua riserva idrica”, accusa Micciché. Il problema nella città che sarà capitale della cultura nel 2025 è legato al centro storico, dove non c’è possibilità di avere autoclavi capienti, potendo solo installare i serbatoi sui tetti. Una situazione che va avanti da sempre: “Stavolta però è diverso – assicura il sindaco -, dopo 30 anni di prese in giro, adesso siamo in attesa di 37 milioni dai Fondi di sviluppo e coesione. È già tutto pronto: pubblicato il bando, fatta la gara. Nel frattempo abbiamo pubblicato un albo delle ditte di autobotti dalle quali rifornirsi privatamente e vedremo di attivare autobotti più piccole per fornire pure il centro storico”. Soluzioni tampone, eppure Agrigento ha già pronto il dissalatore, che si trova per l’esattezza a Porto Empedocle: “Anni fa è stato dismesso perché costava troppo ma è tutto già pronto, serve solo reinserire i moduli e potrà andare a regime”, assicura ancora il primo cittadino.
La costosissima acqua siciliana – La carenza idrica in Sicilia non è dovuta soltanto alla particolari condizioni metereologiche. Da sempre, infatti, l’approvvigionamento dell’isola ha fatto registrare gravi perdite d’acqua, dovute soprattutto a impianti vetusti. Secondo l’Istat, addirittura il 51,6 per cento del flusso idrico si disperde nelle condotte della Sicilia, che è la seconda regione per dispersione in Italia. Intanto una quota dell’acqua di Messina, dove l’erogazione è sempre razionata (quasi sempre si va sotto le 12 ore giornaliere) viene fornita a Webuild per i lavori del raddoppio ferroviario Palermo-Catania: “Forniamo una quota di approvvigionamento a Webuild per i lavori, vista la vicinanza del nostro acquedotto ai lavori ferroviari. Ma poi riacquistiamo quella quota da Siciliacque, quindi quello che perdo prima, lo riacquisto più avanti nella tubazione”, spiega Salvo Puccio, direttore generale del comune di Messina, ed ex direttore generale dell’Amam, la partecipata messinese che gestisce l’erogazione nella città che nel 2015 restò un mese senz’acqua. Un’operazione che poteva andare a svantaggio netto dell’Amam, perché Siciliacque vende l’acqua a un prezzo molto più alto. La società che fornisce acqua nelle province di Trapani, Agrigento, Caltanissetta, Enna e parte della provincia di Palermo e di Messina, è nata durante la presidenza di Salvatore Cuffaro ed è oggi partecipata al 75% da Idrosicilia, controllata da Italgas spa, e al 25% dalla Regione: “Il costo dell’acqua fornita da Siciliacque all’Amam è di 0,69 centesimo a metro cubo. Il costo nostro sarebbe solo di 0,17, ma la rivendiamo a Webuild alla stessa cifra di 0,69, per non andare in perdita”, spiega Puccio. Un costo molto sbilanciato tra la società partecipata del comune di Messina e la partecipata della Regione, che è in gran parte privata. Ma cosa succederebbe se partissero i lavori per il ponte di Messina? “Nel progetto del 2011 è previsto che i cantieri prendano l’acqua dall’Amam, nella relazione di aggiornamento si rimanda invece al progetto esecutivo per l’individuazione di risorse alternative: in sostanza, ancora non sappiamo nulla di certo”, continua Puccio.
Siccità: emergenza o business? – Costi, acquisti, rivendite di acqua. E poi ancora albi di ditte di autobotti e albi di fornitori di foraggi. La siccità siciliana è un’emergenza, che per qualcuno rischia di trasformarsi anche in un vero e proprio affare. “L’unica soluzione al momento è pagare più o meno 100 o 120 euro per autobotte, che solitamente contiene 10 metri cubi di acqua” spiega Francesco Picarella, presidente di Federalberghi Agrigento. Sono le navi cisterna, invece, che riforniscono le isole minori: dal 2001, infatti, il Ministero della Difesa garantisce l’approvvigionamento con affidamento a privati. Il servizio è stato finora svolto dal raggruppamento temporaneo di aziende Marnavi Spa e Vemar Srl: l’acqua viene venduta a 11,67 euro per ogni metro cubo. Prezzi molto maggiori rispetto a quelli praticati da Siciliacque (0,69 a mc) e Amam (0,17). Un vero affare sul quale aveva indagato la procura di Trapani, ipotizzando come in alcuni casi venissero registrati veri e propri “viaggi fantasma”, gonfiando il fabbisogno idrico delle Isole Egadi, poi ripagato dal Ministero che aveva bandito l’appalto per la fornitura. Il gup di Trapani, lo scorso dicembre, ha però assolto tutti i 20 indagati compresa la stessa Marnavi, società di navigazione napoletana. Accuse di forniture gonfiate sono state mosse, però, anche nel caso delle Isole Eolie dalla procura di Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese: nell’indagine coordinata dal capo della procura Giuseppe Verzera e dalla sostituta Emanuela Scali compaiono 44 indagati, tra cui la stessa Marnavi Spa e l’armatore Domenico Iovino. I pm hanno chiuso le indagini e chiesto gli arresti domiciliari per Iovino e altri 5, ma la richiesta è stata bocciata dal gip. La procura ha, però, presentato ricorso e la questione, dopo molti rinvii, è ancora pendente di fronte al tribunale del Riesame. Mentre anche l’Autorità nazionale Anticorruzione nel 2021 aveva avviato un procedimento di vigilanza per le criticità emerse: “Dall’omesso controllo dell’acqua potabile – scrive l’Anac – effettivamente versata nelle vasche di raccolta sulle singole isole alla non corretta attestazione dei quantitativi di acque versate, indicati in misura superiore a quella effettivamente consegnata”.