Una città inclusiva, accessibile e che rispetti la dignità e le esigenze di ogni persona con disabilità che sia motoria, sensoriale, cognitiva, intellettiva, psichica, comportamentale e relazionale. Sono questi, tra i tanti, gli obiettivi del Disability Pride Milano (DPM), giunto alla terza edizione e svoltosi in diverse zone del capoluogo lombardo in una tre giorni (15-17 giugno) densa di varie iniziative, eventi, tavole rotonde, cortei con musica. Organizzato dall’associazione Abbatti Le Barriere, Disabili Pirata, un’associazione giovane composta da persone “carrozzati e non”, come si autodefiniscono, persone libere e libertarie, unite dai valori dell’autogesione e della socialità diffusa. La Giornata dell’orgoglio delle persone con disabilità si è svolto e si svolgerà anche in altre città, ad esempio Bologna, Torino, Genova, Roma, Palermo. Diverse le novità di quest’anno, in particolare focus pensati per dare spazio a riflessioni soprattutto sugli stereotipi indotti dall’abilismo, oltre ad approfondimenti dedicati alle disabilità invisibili e alle neurodivergenze. Per conoscere tutti i dettagli dell’evento aperto a tutti e tracciare un bilancio complessivo, ilfattoquotidiano.it ha intervistato il fondatore e tra gli organizzatori Andrey Chaykin.

Come nasce l’idea di creare il Disability Pride anche a Milano dopo il primo in assoluto di Roma? Quali sono le principali associazioni che hanno lavorato di più alla realizzazione?
Sulla carta negli uffici sono l’organizzatore dell’evento, nel pratico sono “collante” del DPM che ha riunito diverse realtà. Sicuramente i Disabili Pirata di Abbatti le Barriere, insieme agli spazi sociali come Cascina Torchiera, SMS – Spazio Mutuo Soccorso, Cantiere, ZAM – Zona autonoma Milano, i movimenti sociali come NUDM, Marciona e tante associazioni del terzo settore come Famiglie Disabili Lombarde, Festival Delle Abilità, Biblioteca della Chiesa Rossa, Cologno Zero Barriere, Fondazione Idea Vita, l’elenco è lungo.

Quali sono le battaglie per i diritti delle persone con disabilità che sono state vinte anche grazie alla mobilitazione di tante persone venute al Disability Pride?
Le barriere vengono abbattute ogni giorno dalle realtà che navigano nel Disability Pride, il problema sono i continui tagli sui fondi e decostruzione del welfare state a tutti i livelli. Il numero delle persone a Milano è in trend positivo. Oltre ormai agli affezionati, penso la Banda degli Ottoni a Scoppio che ci supporta da sempre, si aggiungono sempre nuove realtà, anche molto giovanili come le reti degli studenti e di universitari.

Quali sono invece le criticità ancora esistenti a Milano che le persone con disabilità sono costrette a subire?
Mancanza reale di un PEBA (Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche), in centro ci sono attraversamenti pedonali fuori ogni normativa. Abitare accessibile e inclusivo, ad occhio nudo oltre la metà delle abitazioni presenta gradini prima dell’ascensore. I mezzi pubblici, sono migliorati, ma c’è ancora molta strada da fare per l’ATM. Invece Trenord e gestione regionale, lasciamo perdere che c’è solo un velo da stendere.

Pensi che la disabilità sia trascurata nelle battaglie Lgbtqi+?
Il problema è la strumentalizzazione delle battaglie e delle lotte, il così detto fenomeno del “washing”: “eco-washing”, “disability washing”. Sento comunque solidarietà e vicinanza da parte dei movimenti e delle realtà lgbtqi+. Anche se il tema dei diritti civili e le barriere architettoniche sono due cose diverse, ma comunque dei casi di discriminazione si tratta sempre.

Serve un “pride separato” dedicato alle persone con disabilità o è importante che si vada in piazza insieme a tutti?
Penso che la gente deve tornare in piazza, non solo per o il Disability o il Pride Lgbtqi+, ma per tutte le lotte e contro tutte le ingiustizie che ci stanno portando in disgrazia. In primis contro tutte le guerre e la militarizzazione della società che sta avvenendo sotto i nostri occhi.

Come sono i rapporti con il Comune di Milano che ha dato il suo patrocinio all’evento?
Presenteremo non solo al Comune, ma a tutti i frutti dei nostri tavoli di discussione con proposte e le soluzioni per abbattere le barriere di ogni genere. I rapporti con l’amministrazione sono discreti, ogni anno aumenta la sensibilità, ma la strada ancora è lunga. Sarebbe bello inoltre non ricevere il patrocinio solo 3 o 4 giorni prima dell’evento.

Quali sono state le principali difficoltà a livello organizzativo di una manifestazione pubblica come questa?
Sicuramente complesso è il sistema burocratico. Riscontriamo la mancanza dei servizi igienici pubblici puliti, mancanza nella risposta di servizi come ambulanza, sala conferenza. I costi sono notevoli.

Quali sono le relazioni del Disability Pride di Milano con la Consulta per le persone con disabilità della città di Milano?
Alcune realtà della rete del DPM sono presenti in Consulta. Tempo fa mi era stato chiesto se volevo entrare in questa Consulta per le persone con disabilità. A che cosa serve un organo volontario senza alcun potere decisionale e economico? Questa fu la mia risposta. Non ho tempo da perdere nei giochini, le consulenze delle persone con disabilità si devono pagare.

Quali saranno le prossime tappe del Disability Pride?
Anche attorno a Milano stanno iniziando a svilupparsi delle realtà nei singoli comuni che vogliono fare qualcosa sul territorio. Un segnale positivo. Sicuramente non posso che salutare gli amici del Disability Pride Taranto che sono venuti a Milano e faranno la loro iniziativa ad ottobre, come il Disability Pride Palermo. Poi come Presidente di Abbatti Le Barriere ho anche mille altri progetti attinenti al tema della disabilità, ma non solo.

Il prossimo Disability Pride Milano quando ci sarà?
Il pensiero è di rafforzare una data fissa trovando giusti equilibri per tutt*, penso metà di giugno nel 2025, ma in un formato ancora più figo e coinvolgente, questo è sicuro.

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