Silos sgomberato e chiuso, ordine ristabilito. Eppure a Trieste l’accoglienza dei migranti in arrivo dalla rotta balcanica resta un fattore drammatico. Nella notte tra venerdì 21 e sabato 22 giugno un gruppo di persone di nazionalità mediorientali – siriani, curdi e iracheni – è stato aggredito da giovani del posto. I migranti, alcuni nuclei familiari in particolare, hanno subìto vessazioni, percosse sotto la minaccia di coltelli prima che gli aggressori se ne andassero. Con il famigerato Silos inaccessibile proprio da venerdì, quando la fatiscente struttura di proprietà di Alleanza Coop 3.0 è stata sgombrata, chi non aveva un posto dove passare la notte continua a cercare soluzioni di fortuna.
I malcapitati mediorientali si erano adeguati: “L’operazione di facciata servirà solo per scopi propagandistici. Quelle persone aggredite dalle bande giovanili di qui avevano trovato un riparo in uno degli edifici abbandonati del porto vecchio di Trieste. Il problema dell’accoglienza non è stato risolto, come sostengono le istituzioni, a partire dal sindaco Dipiazza, ma soltanto nascosto”, commenta Lorena Fornasir, co-fondatrice dell’associazione Linea d’Ombra assieme al marito Gian Andrea Franchi, che ha reso noto l’episodio avvenuto la prima notte senza Silos.
Fornasir, intervenuta sabato pomeriggio durante la manifestazione organizzata da Ics (Consorzio italiano di solidarietà) in piazza della Libertà a Trieste, a cento passi dal Silos, ha denunciato quanto accaduto la notte precedente: “I migranti non sono ben visti a Trieste, anche a causa delle politiche umanitarie messe in atto dalle giunte di destra, con tratti di disumanità. La stessa sera ho personalmente accompagnato alcuni ragazzi in transito a Piazza del Mondo (com’è stata ribattezzata la piazza davanti alla stazione ferroviaria triestina, ogni sera luogo di incontro, cure e rifocillamento, ndr) al centro di accoglienza di Campo Sacro pur di non farli star fuori e rischiare quanto accaduto a quelle famiglie”.
Dopo il suo intervento lei e suo marito hanno radunato un piccolo gruppo di simpatizzanti dell’associazione e srotolando alcuni striscioni, si sono diretti davanti alla sede della Prefettura, a due passi da piazza Unità d’Italia. Qui è stato organizzato un breve sit-in, guardato a vista dalla digos. Una decisione estemporanea, quella di organizzare il corteo, capace di dividere il fronte delle associazioni che avevano aderito alla manifestazione di piazza della Libertà. Un evento molto partecipato, con gruppi arrivati da ogni parte del nord est e non solo.
Oltre a Gianfranco Schiavone, coordinatore di Ics, hanno preso la parola in tanti, da ResQ, Beati Costruttori di Pace, Mediterranea Saving Humans, Fornelli Resistenti, Fondazione Lucchetta, Rotte Balcaniche Vicentine, Articolo 21, NNK, Donne in Nero, Comunità Masci, Rete Dasi, Adesso Trieste, Centro di Accoglienza Balducci e tante altre, ma anche rappresentanti del Partito Democratico e di Alleanza Verdi e Sinistra, sviscerando una serie di temi legati alla scelta di impacchettare il Silos e renderlo, d’ora in avanti, inaccessibile.
In piazza accanto ai momenti musicali come l’esibizione del Coro Sociale Tina Modotti e le armonie pakistane suonate con strumenti tipici, mancava il grosso dei migranti in transito, quelli in arrivo tutti i giorni a Trieste dal confine sloveno. Gli ultimi, i 160 che alloggiavano dentro il Silos fino a venerdì, sono stati caricati a bordo di alcuni pullman e trasferiti in Lombardia, in parte a Bresso (Milano) e altre destinazioni ancora in via di definizione. A tutti è stato fornito un braccialetto colorato: rosso per gli irregolari che non hanno ancora avviato le pratiche di asilo, giallo a chi ha preso un appuntamento in questura per regolarizzarsi, verde per i richiedenti asilo.
Nonostante la chiusura del Silos tanti stranieri continuano a non avere un alloggio dignitoso a Trieste. Oltre a quelli aggrediti in uno dei tanti plessi abbandonati del porto vecchio, sia venerdì che sabato notte alcuni hanno dormito in strada, altri si sono adagiati dentro le aiuole di piazza della Libertà. Giacigli di fortuna lontani dai locali all’aperto della movida triestina, dalle spiagge invase dalla mucillagine e, più in generale, dagli occhi della gente.
Al momento Comune e Prefettura non hanno messo a disposizione altre strutture, se non quelle già esistenti gestite anche dalla Caritas triestina. Una sarebbe in fase di realizzazione sul Carso e quella di Campo Sacro ha posti limitati e soprattutto si trova fuori mano (una decina di chilometri dal centro). Intanto, seppur in numeri inferiori rispetto al 2023, in buona parte a causa del tappo momentaneo in Turchia, i migranti da est continuano ad arrivare a Trieste. In particolare uomini e donne di origine nepalese di passaggio a Trieste e diretti in Portogallo.