Quando Cesare Previti era detenuto nel carcere di Rebibbia a portargli la colazione ogni mattina era Antonio Tajani, oggi vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri. A raccontarlo è proprio lo storico avvocato di Silvio Berlusconi in una surreale intervista a Il Giornale. Una pagina intera, in cui l’ex ministro sostiene di essere stato vittima di una persecuzione giudiziaria, malgrado la doppia condanna definitiva per corruzione in atti giudiziari: prese sei anni per aver comprato i giudici nel caso Imi-Sir e 18 mesi per il Lodo Mondadori. Nella lunghissima intervista, però, non compaiono riferimenti espliciti alle due sentenze della Cassazione, mentre l’intervistatrice lo definisce “una vittima“, presa “di punta dalle procure e da loro messo in croce”.

“4 giorni in cella, 120 visite” – D’altra parte Previti, radiato dall’Albo degli Avvocati dopo le condanne, ha sempre sostenuto di essere innocente. “Io non ho mai fatto niente di male. Mi hanno precipitato addosso una montagna di accuse false. Accuse che cadevano e che venivano sostituite da nuove accuse. Così mi sono trovato indagato e aggredito”, ha ripetuto a Il Giornale, sostenendo di poter “documentare che mi condannarono con niente in mano“. In che modo? L’intervistatrice si è guardata bene dal chiederlo, invitando invece l’interlocutore a parlare della sua detenzione, durata appena quattro giorni. “Mi vennero a trovare oltre centoventi parlamentari tra Camera e Senato. Difficile in soli quattro giorni ricevere un’ondata di affetto così grande. Avevano recepito la follia del mio processo. Il direttore del carcere ne rimase impressionato”, è il racconto dello storico legale di Berlusconi. Che poi ha raccontato l’aneddoto sull’attuale leader di Forza Italia: “Venivo svegliato tutte le mattine da Antonio Tajani che mi portava la colazione“. Insomma: durante quei quattro giorni in cella Previti ha ricevuto le visite di 120 parlamentari (trenta al giorno di media) e ogni mattina beveva il caffè e mangiava il cornetto in compagnia del futuro ministro degli Esteri.

“Avrei fatto come Nordio”- In carcere, in ogni caso, l’ex deputato ci rimase poco: ottenne subito i domiciliari grazie alla legge ex Cirielli, approvata proprio dal governo Berlusconi e per questo ribattezzata anche “legge Salva Previti“. Un particolare che ha evitato di ricordare durante la sua lunga intervista, mentre ci ha tenuto a sottolineare di aver scontato gran parte della sua condanna ai servizi sociali grazie all’indulto, “peraltro promosso dal governo di sinistra“. L’intervista si apre con l’invito a commentare le parole del cardinale Camillo Ruini, che al Corriere ha raccontato di aver ricevuto una richiesta dal presidente Oscar Luigi Scalfaro: aiutarlo a far cadere Berlusconi. “Lo avevamo intuito. Noi sapevamo che Scalfaro era una persona distante da noi. Però ci trattava apparentemente con rispetto”, ha detto l’ex parlamentare di Forza Italia. Che poi è tornato ai tempi del primo governo Berlusconi, quando proprio Scalfaro mise il veto sul suo nome come ministro della Giustizia. “Io avevo un progetto di riforma molto profondo, che avrebbe posto fine alle deviazioni di Mani pulite”, ha sostenuto, ricordando quale fosse il suo programma. “A parte la separazione delle carriere, volevo fare in modo che la magistratura fosse il più lontano possibile dalla politica. Ciò che sta cercando di fare il ministro Nordio“.

“Con Silvio diventammo subito amici” – Dirottato al ministero della Difesa, oggi Previti ha ricordato i suoi esordi giovanili nel Movimento sociale, segnati anche da “qualche scontro coi comunisti. Poi quando arrivavano i carabinieri a cavallo noi scappavamo“. Quella militanza finì a causa di un litigio con Giuseppe Ciarrapico: “Perché quelli di Ciarrapico erano fascisti che picchiavano. Io facevo l’intellettuale. Litigammo. Facemmo a botte. Me ne andai. Piu tardi diventammo amici”. Invitato a parlare di Berlusconi, l’ex avvocato ha ricordato le origini del suo legame: “Lui aveva 32 anni. Io 34. Ci siamo incrociati per questioni di affari. La vendita dei terreni dei Casati Stampa”. Si tratta del parco dove ancora oggi sorge Villa San Martino ad Arcore, diventata la capitale del berlusconismo. Nei primi anni ’70, infatti, Previti era il tutore della giovane marchesina Annamaria Casati Stampa, rimasta orfana da minorenne di entrambi i genitori: il padre Camillo uccise la madre per gelosia e poi si suicidò. Fu dunque l’allora giovane avvocato a occuparsi dell’eredità della marchesina a cominciare dalla vendita del castello in Brianza, con annesso parco, pinacoteca e una biblioteca con oltre diecimila volumi antichi: valeva almeno un miliardo e mezzo di lire, ma venne ceduto per appena 500 milioni a Berlusconi, che ne fece la sua dimora-simbolo. Sarà anche per questo motivo che oggi Previti ricorda: “Abbiamo fatto amicizia subito“.

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